Inter – Sampdoria, un misto di dolci ricordi e inattesi confronti. Mancini contro Mihajlovic, un testa a testa tra amici, compagni in campo e in panchina. Sinisa guarda da fuori, questa sera a San Siro non sarà a bordocampo, eppure Inter – Sampdoria è partita sentita, anche in Coppa. Il campionato conferma il nuovo status della squadra di Genova, pretendente alla zona Europa, con merito, mentre attende per esprimersi sul reale ruolo dell'Inter, ancora a corrente alterna, nonostante progressi evidenti.
Solo Coppa Italia si diceva, ma nessuno vuole perdere, perché non solo vincere aiuta in quanto ad autostima, ma perché in tempi di vacche magre alzare un trofeo è comunque un qualcosa che garantisce prestigio e futuro. Lo ricorda Mancini in conferenza stampa, lo pensa ancor di più Sinisa.
Il mercato della Samp, ipnotizzata dall'elettricità del Presidente Ferrero, entusiasma, per nomi e profili. Eto'o si ferma nella lunga corsa verso Marassi. L'Everton sbotta per l'atteggiamente eccessivamente trionfalistico della società blucerchiata e rinvia l'affare, Muriel nel frattempo si fa vedere a Bogliasco, identikit altisonanti, figli di un tempo che pareva passato.
L'Inter non è da meno, espone Shaqiri e Podolski, chiama Suarez, con l'Atletico che nicchia, ma ascolta.
Turnover ragionato per entrambe, perché la Coppa merita rispetto, ma nel week-end la Serie A prende la via del ritorno e le somme sono ormai prossime. Non c'è Ranocchia, infortunato, nell'Inter, si cerca il disperso Osvaldo, rientra Kovacic. Mancini lascia rifiatare Vidic e Palacio, puntando sul consueto 4-2-3-1, col rilancio di Dodò e Kuzmanovic. Shaqiri dal primo minuto, Icardi ancora titolare.
Mihajlovic a sorpresa presenta Okaka. Multa, non esclusione. Gioca lui, con ai lati Wszolek e Eder. Duncan, Krsticic e Rizzo in mediana, dietro Gastaldello, vicino al Bologna. Fuori Obiang e Soriano.
Sarà anche Coppa Italia, ma nessuno vuole perdere.