Il futuro dell'Inter, al tavolo del mercato, ruota attorno al nome di Fredy Guarin. Un anno dopo, il protagonista è ancora il colombiano. Dal possibile scambio con Vucinic, con l'approdo in bianconero a un passo, al rinnovo sancito dalla rivolta della Nord, mesi travagliati in cui Guarin da giocatore ai margini si è visto eleggere simbolo. Con Mazzarri difficoltà di collocamento, in un 3-5-2 indigesto alle caratteristiche dell'ex Porto. Difficile trovare la giusta posizione in un centrocampo di quella fattura.
L'inizio dell'era Mancini porta nuova linfa a Guarin, perché il 4-3-1-2 è perfetto per il colombiano. Interno nei tre di mezzo, senza eccessive pressioni in copertura, con licenza di inserimento. Mancini si fida di Guarin e lo lancia, sempre, nell'undici titolare, in cerca di una scintilla, di uno squillo. Le risposte, però, tardano ad arrivare. Il rendimento prosegue sulla falsariga del passato, in un continuo alternarsi di acuti e momenti di apatia. Corpo estraneo in un undici finalmente convinto.
Il mercato dell'Inter - come espresso più volte dai vari Ausilio, Zanetti, Fassone - passa da cessioni illustri, circondato dai paletti del Fair Play Finanziario, occorre quindi individuare una pedina sacrificabile per adattare la rosa alle esigenze del tecnico. La colonna vertebrale su cui poggia questa squadra - Handanovic, Kovacic, Icardi - non può essere intaccata a stagione in corso, ecco che allora torna in voga il nome del colombiano, il cui stipendio - 3 milioni all'anno - pesa non poco sulle casse dell'Inter.
Ultimi richiami, ultime occasioni, con alle porte il mercato riparatore. L'Inter si aspetta un segnale, prima di chiudere la porta, questa volta in maniera definitiva, a Fredy, talento senza dubbio con pochi eguali, ma troppo intermittente.