Da quel 18 Maggio al Bentegodi son già passati sette mesi. Un'estate ed un autunno, dall'ultimo saluto ai fab four argentini, che vissero e scrissero i fasti dell'Inter tripletiana e Mourinhiana, Manciniana prima, Manciniana come adesso. Sette mesi, da quella sconfitta contro un Chievo già salvo, che diede il via ai titoli di coda sull'opaca stagione targata Mazzarri, che consegnò di fatto all'Inter un quinto posto che se non di Champions, sapeva ugualmente d'Europa. Sette mesi, e i meneghini ritrovano i veneti, in uno di quei "rendez vous" che ripropongono una "pazza beneamata" in versione switch-off, che cambia tecnico e pure mentalità, che ritorna al passato per cambiare il proprio futuro, eppure, i problemi sono li, e sono più o meno gli stessi di sette mesi fa, con la tegola ulteriore di un Palacio che sembra sempre più smarrito, sempre più lontano dal "Don Rodrigol" al quale erano abituati i tifosi nerazzurri. 17 punti e dodicesimo posto in campionato.
"Ma chi? Il Chievo?" No. Ma niente paura, il Chievo sta li, quattro punti sotto, sotto un'Inter che dovrà vincere per dimostrare di essere ancora viva, perché se dalle parti della Madunina calcisticamente parlando si vive un periodo da mani sui capelli, che spesso e volentieri andrebbero anche davanti agli occhi, "Milàn s'è semper Milàn", e Mancini è sempre Mancini. Lo Jesino è vincente di mentalità, determinato di carattere e schietto nei giudizi, ed è all'alba del Posticipo di Verona che il Mancio suona la carica; un altro grido di battaglia, per smuovere quest'Inter che avrebbe bisogno di Wagner e Nietzsche, la potenza della musica e la filosofia del superomismo, così parlò Mancini, che sembra credere ancora in un terzo posto lontano 9 punti dalla Milano che parla interista: "giochiamoci la Champions fino alla fine, abbiamo le qualità per farlo. I ragazzi devono restare allegri, perché l'allegria è la base migliore per lavorare, e devono essere consapevoli delle loro qualità, che sono elevate".
Tra ottimismo e fiducia, trova anche il tempo di parlare di Balotelli il Mancio, in risposta ad una domanda di chi, fantastica su un ritorno di Mario alla Pinetina: "Mario l'ho sentito l'ultima volta due anni fa, gli voglio bene e spero che possa tornare ad essere felice in campo, dimostrando ciò che è capace di fare".
Infine, lancia il Match di domani il marchigiano, che spera in una vittoria che darebbe alla sua Inter morale e punti: "domani sarà un Match difficile, ma dobbiamo continuare il nostro percorso di crescita. Dobbiamo cercare di fare punti e continuare sulla nostra idea di gioco se vogliamo intraprendere un progetto. Dobbiamo cambiare qualcosa nettamente, non possiamo vincere giocando male, senza avere un idea di gioco. Domani non sarà semplice, il Chievo è in serie positiva, ma dipenderà da noi".
Già, dipenderà da quegli undici che scenderanno in campo, disposti nel solito 4-3-1-2, con Handanovic in porta; Nagatomo e Dodò esterni di difesa, mentre i centrali del reparto arretrato saranno Ranocchia e Juan Jesus; a centrocampo Guarin farà reparto assieme a Kuzmanovic e Medel; Kovacic sulla trequarti, dietro Icardi e il non ancora pervenuto ma sempre irrinunciabile Palacio.
Il Chievo, risponderà con un 4-4-2 formato da Bizzarri tra i pali; difesa con Sardo, Cesar, Gamberini e Biraghi; centrocampo formato da Izco, Radovanovic, Hetemaj e Birsa; in avanti, occhio a Meggiorini e Paloschi.
Sette mesi fa, il Bentegodi scrisse la fine di una stagione scialba e mediocre; stasera, i nerazzurri dovranno far finta di vedere le luci rosse del semaforo che si spengono, e scattare dalla dodicesima casella, a tutto gas, fino a dove si può ancora arrivare. E se il gradino più alto è fantascienza calcistica, il podio è lontano e difficile da raggiungere anche nel gradino più basso. Ma come puoi non provarci, se ti chiami Inter?