Il triplice fischio di Guida risolve i dubbi di Milan e Inter, consegnando a entrambe il tempo giusto per ordinare idee e prospettive. Un punto a testa, per muovere la classifica e allontanare possibili momenti di rottura. Un punto che serve più all'Inter, in costruzione, che al Milan, solo a tratti convincente. Mancini osserva la sua prima Inter e incita i suoi dalla panchina, muovendo come in uno scacchiere umano pedine e pezzi chiave. La retroguardia ridisegnata a quattro prova a scacciare la ruggine di oltre un anno, ma a tratti riemergono antiche fratture, mentali. Il gol del Milan, poco dopo il ventesimo, è un'ingenuità colossale. Il diavolo recupera palla e ribalta l'azione. Muntari trova El Shaarawy, il faraone crossa al centro e Menez, con eleganza, indirizza all'angolo. I nerazzurri retrocedono, senza impattare l'incedere rossonero. Uomini lontani e all'apparenza spaesati. Importante, in quest'ottica, recuperare un giocatore come Vidic. Nel complesso è l'insieme di difesa e centrocampo a stentare nell'occasione.
Quel che funziona è invece l'approccio. Fino al gol, è l'Inter a fare la partita. L'idea di Mancini si manifesta nel possesso palla, più rapido rispetto a quello di stampo mazzariano. Manca la scintilla, perché la mediana, orfana di Hernanes, è più di lotta che di fioretto. Kuzmanovic, Obi e Guarin provano a spaccare i pari grado di casa Milan, ma non innescano gli avanti. Una lotta corpo a corpo destinata ad esaurirsi in un nulla di fatto, perché Icardi non sfrutta la ghiotta chance in avvio.
Il pari nasce da un fortuito rimpallo e da una conclusione precisa di Obi, ma davanti l'Inter soffre. Mancini prevede due esterni sul fronte d'attacco. Palacio, con gamba migliore, può adattarsi al ruolo, ma Kovacic, sacrificato all'altare del rientro difensivo, perde lucidità. Il croato è per necessità il faro dell'Inter, il Mancini in campo, ma se impiegato in quella zona vede sfumare ogni libertà. Imbrigliarlo lì è sopirne il genio. Mancini, al termine, racconta di una necessità impellente, di una scelta obbligata. Meglio forse virare su un trequartista puro, chiedendo maggior sacrificio in mediana e sul fronte esterni. L'impressione è che l'Inter dipenda troppo da Mateo, per privarsi della sua classe.
Il finale è salvifico, perché Poli e El Shaarawy non condannano l'Inter. Giusto così, per quanto visto. Ora pochi giorni e poi Europa, prima della Roma. Il tempo per inculcare una nuova filosofia è irrisorio, gli esami impellenti. Mancini analizza errori e progressi, correzioni all'orizzonte, in vista del mercato di gennaio.
Di buono c'è l'entusiasmo, di buono c'è l'atteggiamento. San Siro, stracolmo, riconcilia con il calcio, Mancini è tornato e chi sa di calcio sa anche correggersi.