Esattamente 8 anni fa, il 4 settembre del 2006, ci lasciava Giacinto Facchetti. Un simbolo per tutti gli interisti e non solo, se ne va stroncato da un tumore al pancreas proprio quando la sua amata Inter si appresta a tornare grande, come quella da lui guidata negli anni '60.
Il calciatore - Dici Giacinto Facchetti, pensi Inter. Il nome del primo vero terzino offensivo della storia del calcio è indissolubilmente legato a quello dell'Internazionale, squadra che lo accoglie prima come giocatore, poi come dirigente. Arriva a Milano grazie ad una intuizione di Helenio Herrera, il mago, che lo schiera per la prima volta nel maggio del 1961; diventa rapidamente un punto fisso della difesa nerazzurra. Nel giro di 5 anni Giacinto e l'Inter vincono tutto: tre scudetti( 1963, 1965, 1966) e due Coppe dei Campioni( 1964, 1965), coronate dai due relativi trionfi in Coppa Intercontinentale nelle drammatiche sfide contro gli argentini dell'Independiente. Facchetti nella sua carriera interista vince anche un altro scudetto, nel 1971 sotto la guida di Giovanni Invernizzi, ed una Coppa Italia; disputa( perdendole) anche altre due finali di Coppa dei Campioni, nel 1966 contro il Celtic e nel 1972 contro il fantastico Ajax di Johan Cruyff. Ai trionfi con l'Inter che fu di Angelo Moratti prima, e di Ivanoe Fraizzoli poi, si aggiungono le prestazioni con la divisa della nostra nazionale, con la quale vince da capitano l'Europeo del 1968 ed arriva alla finale di Messico '70.
Il dirigente - Ritiratosi dal calcio giocato nel 1978 - dopo 634 partite e 75 gol con la maglia dell'Inter - comincia subito la carriera di dirigente, accompagnando ad Argentina '78 la prima spedizione azzurra guidata da Enzo Bearzot. Inizia a fare il rappresentante estero per l'Inter, dal 1980 diventa quindi il vicepresidente dell'Atalanta. Nel 1995, la svolta finale: un altro Moratti, Massimo, acquista da Ernesto Pellegrini l'Internazionale e vuole che nella dirigenza figuri anche uno dei simboli della Grande Inter che fu di suo padre. "Cipe" torna dunque a far parte della Milano nerazzurra: direttore generale, direttore sportivo, vicepresidente quando l'indimenticato Peppino Prisco scompare nel dicembre del 2001. Nel gennaio 2004 arriva al vertice, assumendo la carica di presidente nel momento in cui Massimo Moratti rassegna le dimissioni. A capo della società vince due Coppe Italia, due Supercoppe e si vede assegnato a tavolino lo scudetto del 2006 prima di lasciarci per sempre.
Negli anni successivi alla sua scomparsa arrivano le uniche ombre sulla vita sportiva di Giacinto Facchetti, accusato di essere coinvolto nello scandalo di Calciopoli; a riguardo sono già state spese sufficienti parole, e questa non è certo la sede adatta per aggiungerne altre. Impeccabile in campo( una sola espulsione in tutta la sua carriera), vero signore al di fuori, Facchetti sarà sempre ricordato come uno dei simboli dell'essere interisti. Un'immagine su tutte descrive al meglio quello che Giacinto ha significato e continua a significare per l'Inter: quella maglia numero 3, ritirata dalla società in suo onore, che Esteban Cambiasso indossava fiero quando l'Inter nella notte di Madrid tornò sul tetto d'Europa. Un tributo ad un uomo che è sempre stato, e sempre sarà, parte integrante del mondo nerazzurro. Perchè, come recita l'immagina pubblicata questa notte sul sito della società che oggi appartiene ad Erick Thohir, Giacinto Facchetti è per sempre. "Essere nerazzurri è un traguardo, un segno di eccellenza. Vi chiedo di urlare forza Inter con passione, ma senza rabbia"( Giacinto Facchetti)