Stagione di transizione la si è definita quella in casa Inter. Strano perché anche quella di Stramaccioni dell'anno prima la si era definita in questo modo. Una maniera per dir tutto e non dire nulla. L'annata disgraziata del giovin Andrea passato dalla Primavera alla prima squadra doveva condurre alla rivoluzione (?) mazzarriana: un nuovo tecnico alla guida, nuovi acquisti, una nuova Inter. La nuova transizione invece riguardava principalmente proprietà e dirigenza, dall'Inter di Moratti all'Inter di Erik Thohir.
Bene, l'Inter di Thohir è finalmente arrivata. Già perché il magnate indonesiano con il 70% delle quote, acquisisce una larga fetta di maggioranza della società. Moratti però rimane - come premesso e promesso - presenza minoritaria, insieme a un entourage capitanato dal non ancora neo vicepresidente Javier Zanetti, ritiratosi praticamente qualche ora fa dai rettangoli verdi. In questa nuova configurazione appaiono da subito alcune incongruenze. Prima tra tutte questa non ben specificata presenza di Massimo Moratti (con i suoi, Zanetti, Ausilio e Fassone) a livello di ruoli e competenze. Una sorta di diarchia italoindonesiana che non si capisce ancora bene come andrà a cooperare. Una compresenza di vecchio e nuovo che ha tutta l'aria di suonare come uno iato all'interno di una realtà che di contraddizioni ne ha messe in evidenza fin troppe.
Si va comunque avanti, procedendo con uno pseudo-progetto societario e di club. 230 milioni chiesti da Thohir a Goldman Sachs (e altri investor del giro londinese) per rifinanziare il club, un'organigramma tuttora abbastanza fumoso, un mercato ancora tutto da inventare con l'unica certezza dell'addio agli argentini più anziani (Cambiasso, Samuel e Milito), un rinnovo contrattuale all'allenatore ancora tutto da confermare. Anche se poi, giunti a questo punto, Walter Mazzarri verrà riconfermato al 99%, proprio perché essendoci un non progetto in atto, non ci si può permettere il lusso di fare tabula rasa totale, ripartendo da zero. Chiaro, se non fosse arrivata neppure l' Europa League, anche quella di Mazzarri all'Inter sarebbe stata l'ennesima esperienza fallimentare, con soli 6 punti in più della passata stagione conclusasi al nono posto. Ennesima non per il tecnico di San Vincenzo ovviamente ma per il club.
Dunque l'Inter dovrebbe ripartire da Mazzarri e da una rosa sfoltita (non ancora del tutto) dei suoi veterani tripletisti. Un'Inter alla quale quindi mancherà un leader in campo, come minimo. Ranocchia sarà il nuovo capitano rimanendo il tesserato con più anni di militanza nerazzurra: 3 anni e 6 mesi, senza per altro aver mai mostrato accentuate doti di leader. A meno che non si punti sul neo-acquisto Nemanja Vidic, grande centrale d'esperienza del Manchester United, uomo dalle mille battaglie che però ancora deve arrivare a Milano, non conosce assolutamente nessuno, né compagni né società, non ci si può ancora pronunciare sulla sua integrazione con la realtà del calcio italiano (non essendo mai stato in Italia) e del Paese in genere. Altri leader in campo o fuori in grado di poter accompagnare i giovani e le nuove leve dell'Inter non se ne vedono. Coloro che avrebbero in qualche modo potuto candidarsi al ruolo, come Kuzmanovic (per esperienza) e Guarin (per personalità), verranno ceduti. Su Guarin anzi si potrebbe aprire una lunga parentesi, per come sia stata gestita male la sua avventura in nerazzurro, specialmente negli ultimi mesi. Assurdo caso di mercato insieme a Vucinic, alcuni match non all'altezza delle sue qualità, sbattuto fuori dall'unidci titolare da Mazzarri e ora in cerca di un acquirente poiché giunto il momento di sbarazzarsene. E stiamo parlando di Fredi Guarin, non di Vratislav Gresko.
Baluardi di questa nuova indecifrabile Inter saranno perciò Campagnaro, sempre che rimanga, Palacio, Nagatomo e Hernanes, giocatori punti di riferimento nei vari reparti, quelli identificativi di una bandiera. Quel pizzico di qualità ed esperienza fondamentali che non può mancare a nessun tipo di struttura costruita sul nuovo. Ci si augura non mancherà qualche nuovo innesto a centrocampo e in attacco, si fanno già tanti nomi ma nessuno degno di grande credibilità, tranne forse Behrami. Dovrebbe poi essere l'anno di Kovacic, l'unico considerato incedibile dallo stesso Thohir, il cui finale di stagione ha convinto sulle sue doti di centrocampista a tutto tondo, con propensione per fase costruttiva e rifiniture. Si vocifera anche di un nuovo modulo che preveda una linea difensiva a quattro non tanto per la quantità di gol subiti in stagione (39, come il Napoli, 5 meno della Fiorentina), ma per la qualità: tutti o quasi derivati da enormi disattenzioni, per non dire errori sesquipedali. Tanti ancora i dubbi da sciogliere, su Alvarez, su D'Ambrosio, su Botta, su Taider, giocatori che non hanno strappato troppi consensi, e sui rientranti dalla diaspora dei prestiti, Mbaye, Duncan, Silvestre, Bardi, Schelotto, Crisetig, Laxalt, Obi, Longo, Belfodil. Un esercito di giovani di complicata collocazione in seno alla squadra (e/o altrove). Ecco, un'Inter che ripartirà da tutto 'sto po' po' di polverone di cose, da un concentrato d'indefinitezza, di inadeguatezza, di non progettualità come s'è detto. Una next Inter che in sostanza, e siam pronti a scommettere, avvisterà più ombre che luci dalle parti di San Siro.