Parole e musica. C'è una partita, che conta, perché la qualificazione europea è da conquistare sul campo. C'è la cornice, e conta ancor di più. L'Inter vince e assaggia da vicino l'obiettivo richiesto da Thohir per continuare il progetto intrapreso. Quattro reti alla Lazio nella notte in cui il calcio torna ad assumere contorni romantici. L'antitesi rispetto allo squallore di Roma si palesa nella Milano nerazzurra. Il prato verde accoglie uno scudiero antico, all'apparenza eterno. Ammaina la bandiera il capitano. Appende le scarpette per indossare la tenuta dirigenziale. L'Inter saluta Zanetti e idealmente a squadra e società si appoggia il pubblico, senza fede e colore. Il vessillo dello sport sventola sugli spalti, scende sì la lacrima, perché il momento è denso di storia e ricordi. Si chiude un'epoca. In quel saluto del Capitano ai fedeli Samuel, Milito e Cambiasso c'è un libro, una fiaba dai contorni indefiniti. Le sconfitte e gli anni bui, la notte di Madrid, le vittorie e le batoste. Un condensato troppo forte per resistere senza batter ciglio. In campo tutto rimanda ad Javier Zanetti, l'uomo prima dell'atleta.
Storce il naso San Siro quando all'annuncio delle formazioni vede Zanetti seduto, accanto a Mazzarri, con gli occhi lucidi, con l'espressione di chi spaccherebbe il mondo per scendere in campo, per salutare, da giocatore, il suo pubblico. L'incubo si materializza al minuto due quando una sponda di Cana trova la beffarda deviazione di Biava. La Lazio prova a rovinare piani di festa, ma il destino riserva altro. Il destino ha preparato un altro finale. Il pari di Palacio al sesto rimette in equilibrio la partita. Il vantaggio di Icardi riporta il sorriso. La genialità, in entrambe le occasioni, la riversa a dosi massicce Mateo Kovacic. Zanetti osserva il domani. Vede nel giovane croato il futuro luminoso dell'Inter. Prima dell'intervallo arriva anche il 3-1. Al minuto 36 Nagatomo mette un traversone perfetto sul quale Palacio si avventa per la doppietta personale.
Con un vantaggio cospicuo Mazzarri si volta e fa un cenno. Il cenno che il popolo anelava da tempo. Si alza Zanetti, inizia un'altra partita, quella del lungo saluto. Il boato al cinquantesimo. Jonathan esce per far posto al capitano, raggiunto una manciata di minuti dopo dal principe Milito, l'eroe di Coppa al passo d'addio. L'Inter si disunisce e la Lazio prova più volte a riaprire il match, ma Handanovic chiude la porta prima del sigillo dell'ex Hernanes. Conclusione da lontano al 78. Il finale è tutto di Javier Zanetti. La sfilata tra i compagni, l'omaggio di Thohir e Moratti, le parole al pubblico. Emozioni a San Siro.