La rabbia di Mazzarri, le riflessioni di Thohir, i mugugni di casa Inter. Manca qualcosa, per essere grandi, per sperare in grande. I toni del tecnico nell'allenamento post-Sampdoria hanno richiamato le forti accuse lanciate alla squadra già nell'immediato dopo gara. Non è contento Walter, non può esserlo. Ha visto scivolare, nella rincorsa al terzo posto, altri due punti, alla portata. L'ennesimo passo falso. Soprattutto ha visto un undici “morbido”, quasi assuefatto dall'ambiente. Quanto fastidio nel dover accettare un altro pareggio, simile, ma non uguale, agli altri, ancor più alla presenza di Thohir. Simile, quindi, per modalità. Una sporadica ripartenza, una conclusione improvvisa, nel finale, come a Torino. Diverso l'atteggiamento. L'Inter, allora, ci aveva provato, con coraggio, voglia, con l'uomo in meno. A Bologna raggiunto il pari, si era gettata in avanti. Ieri si è accontentata. Di uno sprazzo di talento di Alvarez e di una botta di Guarin. Poi, sotto ritmo, ha assistito allo scorrere dei minuti, passiva. Inaccettabile per un undici che se non al livello dei top team dal punto di vista tecnico, deve, per forza di cose, esserlo sotto l'aspetto motivazionale. La fame, la voglia di vincere, non può smarrirsi, quasi perdersi lungo l'arco di una partita.
Tanti i problemi di questa Inter. Mazzarri ha riproposto il modulo consueto. Una sola punta, Palacio, appannato, come al Dall'Ara, più un cast di supporto, formato, alternativamente, da Guarin e Alvarez. All'apparenza poca cosa, in casa, contro una squadra destinata a lottare nei bassifondi della Serie A. Ma le alternative? Una sola, Belfodil. Difficile rischiare entrambe le carte offensive dall'inizio, col rischio di esporsi a eventuali infortuni o scelte obbligate nel corso dei novanta minuti. Dal reparto avanzato al fattore esterni, il quesito di una rosa ridotta all'osso, perlomeno negli effettivi di valore reale, torna prepotente. L'assenza di Nagatomo, come quella di Icardi e Milito, pesa tantissimo. A Napoli, Mazzarri ha sempre fondato il suo credo su due cursori instancabili. Maggio e Zuniga al San Paolo, il samurai e Jonathan a San Siro. La mancanza di un tassello rovina l'architettura di squadra, perché Pereira è stato definitivamente bocciato e Zanetti, riproposto titolare ieri, per la prima volta dopo l'infortunio, ha interpretato il ruolo come un soldato diligente, ma timoroso. Protezione, ma spinta nulla. É bastato a Mihajlovic controllare attentamente la fascia destra nerazzurra per spegnere ogni ardore di manovra.
I cambi non hanno portato la sveglia sperata. Come sempre, il tecnico, ha scelto di utilizzare Kovacic a partita in corso, in luogo di Taider. Dosato con maniacale (eccessiva?) cura, il croato ha ancora deluso. Trotterellando ha stupito per mancanza di idee, vitalità. Insieme a lui si è rivisto Mudingayi, schierato a far da diga nel finale. Cinque minuti anche per Belfodil, nell'ormai tradizionale ruolo di fascia. Chiaro, si poteva pensare a mosse alternative. Magari variando il modulo, riassestando la difesa a 4, ma in generale il materiale umano a disposizione ora è questo. E Mazzarri fa con quel che ha, cercando di estrarre da ognuno il massimo. Non a caso le sostituzioni sono sempre, aldilà di rare eccezioni, le solite. Difficile far di più, osare di più.
Thohir ha incoraggiato la squadra anche dopo il pareggio. Negli spogliatoi ha applaudito, oggi nel ritorno a Giacarta avrà certamente pensato al da farsi. Il mercato è forse ancor più importante dopo il match di ieri. Non il comprare per comprare, ma il comprare quel che serve. Subito. Un esterno, una prima punta, per permettere a Mazzarri di realizzare un disegno dai ricordi azzurri. L'impronta è chiara. A Napoli imperavano Lavezzi – Hamsik – Cavani, a Milano ora il tecnico vorrebbe riproporre Kovacic – Alvarez – Palacio, aspettando Milito. Si passa ancora per il principe del Bernal, uomo squadra, uomo gol, fuoriclasse a tutto campo, anche a questa età. Con un riferimento come lui e due in grado di volare ai suoi fianchi l'Inter può tornare a dare spettacolo. Fino a gennaio si procede così, con qualche idea, ma soprattutto molta testa. Convincersi di essere forti, lottare oltre i propri limiti. Non come ieri, Mazzarri lo sa.