Sbarca di buon ora Thohir. Nella grigia Milano si accendono i riflettori. Malpensa è invasa da tifosi, colorati da occhi di speranza. L'incredulità e il timore via via lasciano il passo all'eccitazione. La nuova Inter nasce ufficialmente con l'approdo in Italia del magnate indonesiano. Un'avvisaglia prima del Cda definitivo di domani in cui verranno sciolti gli ultimi nodi di un cambiamento epocale. Quel che si pensava improbabile sfiora ormai l'ombra della realtà. Ci siamo. Thohir si è presentato con poche parole, il sorriso d'ordinanza, tipico dell'uomo d'affari e del ragazzo che osserva marketing e riflettori.
"Vedrò Moratti". Quello il primo apppuntamento in agenda. Il presidente, il padre che ha costruito l'Inter, tra errori, orrori e trofei. Il Massimo tifoso ha scoperto i rigidi inverni nerazzurri, gli anni senza successi, poi la torrida estate di Madrid con Mourinho e il triplete, prima del nuovo oblio targato Stramaccioni. Ha creato e distrutto, alzato al cielo un castello prima di minarne credibilità e fondamenta. La Nord nel suo accorato addio non ha mancato di farlo notare. Ha ricordato quella sorta di panolada fatta di striscioni e domande. Diciotto anni di trofei, ma anche di illusioni e cadute. Moratti è rimasto colpito, quasi dispiaciuto. Sa che non sempre si è elevato a Presidente, spesso è rimasto immerso nella sua stessa passione. E ha sbagliato. Semplicemente avrebbe preferito ricordarlo in altri momenti. Ora aspetta Thohir, perché da sciogliere c'è il nodo presidenza. Moratti è titubante. La sua presenza garantirebbe continuità al progetto partito con Mazzarri e pronto a decollare con i soldi e le idee provenienti dall'Indonesia. Ma non vuol essere semplice figura di facciata. Non a caso ha posto una clausola che permetterà in futuro alla sua famiglia di ri-acquistare l'Inter, qualora Thohir, come spesso accade a sceicchi giocolieri, non investisse quanto promesso, non proiettasse l'Inter tra le grandi d'Europa. Quindi ancora presidente, ma con potere. Le decisioni importanti dovrebbero continuare a passare da lui, o perlomeno anche da lui. Altrimenti sarà addio e toccherà probabilmente al figlio, Angelomario.
Dalla presidenza allo stadio. Thohir gradisce e non poco San Siro. Moratti vorrebbe creare una nuova casa di stampo nerazzurro. Ha già individuato anche la sede adatta. L'area di Rho. Balla tra queste due opportunità la mente di Erick. Rinvigorire un tempio del calcio come il Meazza o creare un impianto nuovo, all'avanguardia, futuribile, sede di ricavi e introiti?
Scelte politiche, dirigenziali, ma anche di campo. Prima dell'amichevole di sabato col Chiasso, probabile anche una toccata e fuga alla Pinetina. Mazzarri, un assaggio di Inter, quella vera, quella che corre e suda, due parole con i grandi, con la storia. Cambiasso e Zanetti pronti ad accogliere Thohir. E inevitabile un summit di mercato. Mazzarri vorrebbe un esterno, soprattutto se Pereira partisse in prestito. Una punta, perché Milito e Icardi non forniscono adeguate garanzie e Palacio sbuffa, solo, in un reparto avanzato ridotto all'osso. A gennaio probabili ritocchi, a meno di una classifica luminosa, a giungo l'assalto ai grandi nomi. Magari non con Branca. Lui è l'osservato speciale di Thohir, che sonda Sabatini, guarda Pradè, ammira Berta, che guida le operazioni del favoloso Atletico di Simeone, e ascolta Moratti, primo sponsor di Leonardo.
Giorni caldi, giorni di decisioni. Si entra nell'era Thohir, stavolta non con semplici firme a distanza. Stavolta ci mette la faccia, stringe mani e sancisce il suo avvento all'Inter, che è pronta a diventare, ufficialmente, Indo-Inter.