Il bel gioco strappa applausi, non sempre risultati. E i numeri, oggi, come ieri, sono l'ultimo e principale scoglio del pianeta calcio. Se vinci, hai ragione. Poco importa che lo spettacolo sia da scala del calcio o da sobborgo di periferia. Con i tre punti in tasca accresci credito e autostima, e, petto in fuori, puoi procedere tranquillo nel praticantato verso la vetta. Manca qualcosa all'Inter di Mazzarri. Inutile negarlo. Episodi controversi, sfortuna, carenze intrinseche alla squadra. Un frullato di ingredienti che lascia i nerazzurri ai piedi dell'affamato trio di testa. A distanza di sicurezza. Tre punti tra Trieste (con il Cagliari), Torino e Bergamo. Altrettanti pareggi. Una deviazione di Rolando, la frettolosa espulsione di Handanovic, il palo di Icardi. Istantanee, scosse alle certezze nerazzurre.
Eppure non si può racchiudere tutto in quegli attimi, centimetri, che separano il pallone dalla rete, o un cartellino giallo, sacrosanto, da un rosso punitivo. Le grandi squadre escono dalle sabbie mobili di partite indigeste, con carattere e testa. Consapevolezza. Non a caso Mazzarri, al termine dell'incontro di Bergamo, ha parlato di ingenuità. La Roma a Udine ha trionfato in dieci. L'Inter a Torino ha giocato alla grande, con coraggio, ma si è fatta acchiappare nel finale, per la doppia incertezza di Wallace e Carrizo. Serve tempo, ma il tempo è un lusso che nel fagocitante universo del pallone non è concesso. Allora servono contromisure rapide, forti. Manca Milito, come bomber, soprattutto come uomo. Manca la personalità, l'esser campione e esempio. La sola presenza del principe tranquillizzerebbe l'ambiente. Perché l'Inter segna, tanto, eppure sembra peccare lì davanti. Palacio si sbatte. Corre, sbuffa, rincorre. Desta quasi tenerezza, isolato in praterie nemiche. L'ingresso di Icardi garantisce peso e prestanza. Non a caso in un attimo è arrivato il palo e il brivido nerazzurro. Ma Maurito non sta bene. Lotta con una sindrome pubalgica e a singhiozzo vede il campo. Con la squalifica, sciocca, di Belfodil, le carte di Mazzarri sono sparute e prevedibili.
In mediana persiste il dilemma Kovacic. Talento indiscutibile, offuscato. Fuori ruolo si interroga, rallenta e piano piano scompare. Parte trequartista, ma trequartista non è. E affonda, sfiora qualche palla vagante, qua e là. Lontano dall'incedere della battaglia. Nella ripresa arretra, accentra il gioco su di sé, ma, non in fiducia, scivola in errori banali. Sperpera palloni, gigioneggia ritardando aperture e intuizioni. Da faro e apriscatole difensivo, si trasforma in giocoliere perditempo. Nato mezzala, esploso in quel lato di campo, mal si adatta, in una realtà ingombrante che poco concede, a una nuova investitura. Mazzarri non può prescindere da lui e sa che dalla soluzione del rebus croato passano molte delle fortune nerazzurre.
Enigma Guarin. Un recupero, che ti ispira fiducia. Sembra la sera della luce. La lampadina accecante. Invece si ingrigisce nella sera autunnale. E, come spesso accade, assiste, disinteressato, allo svolgersi degli eventi. Difficile studiare e comprendere il colombiano. Ha tutto e si dona col contagocce. Sparacchia tiri, sragionando tatticamente. L'uscita dal campo, passeggiando, nel momento in cui l'Inter prova a vincere la sfida, è l'emblema di un giocatore distratto. Comparsa nel film nerazzurro.
Il reparto difensivo ha ritrovato Samuel. Aldilà del gol di Denis, muro antico. Apprezzabile la crescita di Rolando. Il portoghese arrivato a Milano, tra risi di scherno e dubbi di impiego, sta pian piano rinforzando la sua posizione. Nelle gerarchie di Mazzarri pare aver scalzato il tenero Ranocchia. Juan si conferma fisicamente devastante, ma a volte altalenante. Ripreso dal tecnico, a Bergamo ha fatto bene. In attesa che torni Campagnaro, la cui assenza pesa quasi più della sua presenza. Le lacune coperte nelle prime giornate, sono diventate crepe insanabili in sua contumacia.
Merita una menzione infine Juan Pablo Carrizo. Il mostro sacro Handanovic, costretto a lasciare il campo per una botta al bacino, non poteva trovare sostituto migliore. Perfetto il riflesso in occasione del tap-in di Yepes (certo non impeccabile la conclusione del colombiano). Visto il Bardi di Livorno, perlomeno tra i pali, l'Inter può star tranquilla.