Uno dei simboli dell'era Moratti. Per talento, fascino, emozioni, quello più luminoso. La stella del firmamento nerazzurro. La luce a tratti abbagliante capace di condizionare e stupire. Il Massimo presidente, forse ancor più il Massimo tifoso si era innamorato di quel ragazzo esploso gracilino a Eindhoven e poi diventato fenomeno al Camp Nou. Decise di regalarlo al suo popolo, di tessere l'Inter attorno a Luis Nazario da Lima, per tutti Ronaldo. Una cavalcata insieme, pochi trofei, molti sgarbi. La diatriba infinita con i cugini bianconeri, il contatto con Iuliano, la Coppa Uefa alzata al cielo nella notte in cui Ronaldo mostrò al mondo, ancora una volta, il suo essere diverso. Prototipo nuovo dell'attaccante moderno. Tecnica infinita sommata a velocità supersonica. Frullato indigesto per gli avversari, mix di grazia e bellezza per tifosi e addetti ai lavori. Le strade si separarono complice qualche appannamento del fenomeno, stroncato da un fisico che spesso ha abbandonato il brasiliano. Ginocchia di cristallo, interventi chirurgici e ripartenze. La grandezza stoppata dalla medicina. Al dunque Moratti ha scelto l'hombre vertical, Hector Cuper, e ha lasciato partire Ronaldo, direzione Madrid, a casa Real. Lo stesso percorso che, in stati d'animo differenti, seguirà Mourinho, un altro amore non nascosto del Presidente. Ronaldo saluta e riaccende i motori, per l'ennesima volta. Tornerà a Milano, ma sulla sponda sbagliata, quella rossonera. Da lì si raffreddarono i rapporti con il patron nerazzurro, che mal accettò la scelta del verdeoro.
Ora, all'alba dell'approdo di Thohir, torna a parlare Ronaldo, che cerca di riallacciare fili antichi, ricordi indissolubili. Stella del poker, di scena a Sanremo, alla Gds parla dell'Inter e della scelta, sofferta, di cedere al magnate indonesiano “Penso solo che l'Inter resterà la grande passione di Moratti, ma quando ci sono di mezzo gli affari bisogna pensare con un'altra testa. Moratti ha speso tantissimo per l'Inter ed è giusto che adesso se ne sia ripresi un po'. Mi piacerebbe essere più vicino a lui, da amici, come siamo sempre stati.” Di fronte a un possibile ritorno nel nuovo progetto Inter “Non farò mai l'allenatore. Non rimpiango allenamenti e viaggi. I ritiri men che meno. Significherebbe tornare alla stessa routine. Ora occupo un ruolo molto importante in Brasile, sono nel comitato organizzativo del Mondiale, in futuro vedremo.”
Ovvio infine il richiamo ai fenomeni di oggi. Messi, Ronaldo, Neymar. “Neymar è un grande talento. Quando vieni pagato tanto le pretese sono altissime. Ma non credo che la gente sia delusa da lui. Quando giochi a fianco di Messi si paga dazio.” E la stilettata a Cr7 “C'è ancora tanta gente che dice che il vero Ronaldo sono io.” Interessante il paragone con l'asso del Real Madrid. Il fenomeno è stato forse l'antesignano di Cristiano. Stessa impressionante rapidità. La capacità di gestire il pallone a mille all'ora. Il portoghese è un'evoluzione del primo Ronaldo, a cui ha aggiunto un fisico robotico e un'attitudine mentale, sconosciuta al brasiliano. Il pallone prima di ogni altra cosa, la sacralità dell'allenamento, la cura dei dettagli. Il fenomeno ha mantenuto invece nell'arco della sua carriera una certa svagatezza, una sorta di ribrezzo per le corse infinite sui campi lungo la settimana. Perché allenarsi quando sei dotato di un talento tale? Questo più o meno il suo pensiero. Di certo non ha giovato alla sua carriera. Eppure Luis Nazario da Lima ha ragione. Per tutti il più grande è lui. Perché di fronte all'impressionante macchina da guerra, priva di sentimento, che è l'uomo di Funchal, Ronaldo appare come l'artista maledetto. Il genio che fa e disfa, capace di meravigliare in un mondo imperfetto. La domanda da porsi è forse una soltanto. Dopo le svariate operazioni subite, Ronaldo a Madrid, a sprazzi a Milano, sponda rossonera, e poi ancora con la casacca del Corinthians, quasi inerme, goffo e sovrappeso, deliziò il pianeta calcio, Cr7 senza il suo fisico esente da difetti riuscirebbe in tale impresa? Probabilmente no. Probabilmente c'è un solo Fenomeno, di cui non a caso si innamorò l'esteta Moratti.