Aspettando Thohir. L'arrivo, imminente, del magnate indonesiano per completare una tela, che, pian piano, assume contorni definitivi. Resta da sciogliere qualche zona d'ombra, destinata a dissiparsi all'indomani del risolutivo Cda che annuncerà il nuovo organigramma nerazzurro. In attesa delle certezze che verranno, ovvio il gioco del mercato. Il fluttuare inebriante di nomi, sparsi qua e là per l'Europa. Il gioco dei media, che si accentua ancor più quando all'alba di una società si affaccia un nuovo proprietario, con soldi e fama. Thohir non è sceicco, ma manager. Vero, non per questo non investirà, se necessario, sull'Inter.

Identikit di ogni tipo hanno invaso giornali e web nei giorni dell'attesa. Fiumi d'inchiostro, penne “affamate” desiderose di attribuire questo o quel flirt all'ambiente Inter. Un tema ricorrente a dire il vero c'è. Nell'afflusso di carte e viaggi per l'Europa un comune denominatore. Per il progetto in divenire serve intervenire nella zona mediana. Un grande centrocampo fa una grande squadra. Detto quanto mai vero. Nella pioggia di notizie si ergono prepotenti due candidature. Sandro e Jorginho riscuotono successo nelle sedi di Corso Vittorio Emanuele. Due prototipi differenti, adatti a due diverse visioni di gioco.

Sandro è nato e cresciuto nell'Internacional, lì si è fatto le ossa ed è diventato mastino in grado di proteggere la difesa o all'occorrenza tampone centrale in una retroguardia in difetto. Dopo i mondiali sudafricani e la Libertadores del 2010 è approdato a White Hart Lane, a casa del Tottenham. La ribalta europea non ha fermato l'ascesa del brasiliano, fino allo scorso anno. A gennaio il terribile infortunio al ginocchio. L'operazione e il graduale rientro. Quest'anno scampoli di Premier, qualcosa in più in Europa League. Poca cosa, anche perché nel frattempo alla corte di Villas Boas sono arrivati il connazionale Paulinho e il talentino Eriksen. Concorrenza d'alto borgo. A gennaio l'Inter potrebbe provare l'assalto, anche perché Mazzarri ama avere un distruttore davanti ai tre uomini del reparto arretrato. Quel che era Berhami a Napoli, quel che è Cambiasso in nerazzurro. Servono più di 10 milioni.

Altra storia quella di Jorginho. Brasiliano, naturalizzato italiano. Nato a Imbitula, classe '91. Centrocampista dalla visione di gioco totale, piede raffinato e mente veloce. Uomo ovunque nel 4-3-3 di Mandorlini. Cresciuto nella Sambonifacese e poi tornato, da protagonista, a Verona. Decisivo nella cavalcata verso la A, con oltre 40 presenze. Leader anche nella massima serie. Già 5 reti, infallibile dal dischetto. Il Milan ha provato a bloccarlo lo scorso anno, la Fiorentina, che ama crescere fuoriclasse agli albori, sta provando a forzare ora. L'Inter è attenta, perché sa che nel centrocampo del futuro servirà soprattutto qualità.

Strana destino quello di Iturbe invece. Compagno di Jorginho, giramondo esploso in Italia. Paraguaiano, naturalizzato argentino. Centrocampista offensivo, attaccante esterno. Funambolo. Paragoni importanti. Addirittura l'accostamento con Leo Messi, il non plus ultra del calcio. Poteva arrivare in Italia già tre anni fa. Il Gallipoli aveva chiuso per il ragazzo di Buenos Aires, ma il fallimento della società bloccò tutto. Come ha rischiato di saltare l'approdo in gialloblù, concluso solo nell'ultimo giorno utile di settembre, prima della chiusura della sessione estiva del calciomercato. Un via vai tra Cerro Porteno e Quilmes, fino al grande salto al Porto nel 2011. Due anni, poche presenze, l'arrivo al River nel febbraio 2013 e infine Verona. Prestito con diritto di riscatto. Pochi minuti e l'Italia del pallone conosce Iturbe. Punizione gioiello col Livorno, slalom di cinquanta metri e sinistro vincente nell'apoteosi di Bologna. Predestinato. L'Europa osserva, l'Inter anche.

Giovani, forti, pronti. Questo vuole l'Inter, che sonda il mercato dei calciatori, ma non solo. Possibili stravolgimenti dirigenziali con Thohir, che riflette sulla posizione di Branca e Ausilio. Intriga l'idea Sabatini, l'autore del miracolo Roma. Piace la sua capacità di districarsi in acque agitate come quelle romane, di assumersi la responsabilità di scelte sbagliate. Il rinascere dopo la stagione degli errori e degli orrori. Il ricostruire rischiando, con Garcia, sconfiggendo lo scetticismo di molti, attraverso una campagna acquisti oculata. Gervinho, Strootman, Benatia, Ljajic, incassando milioni da Marquinhos e Lamela, che ora siede, annoiato, sulla panchina degli Spurs. Il difficile resta convincere il Walter dirigente che per la prima volta vede soffiare vento di gloria sui lidi della capitale e malvolentieri lascerebbe un quadro che comincia a essere bello e attraente. La Roma vola, imbattuta, perché rinunciare? Perché lasciare una piazza in cui tutto ruota attorno al suo lavoro, per sposare l'Inter dove necessariamente sarebbe affiancato da un'altra figura, magari Leonardo, con cui condividere scelte e idee? Probabile Thohir voglia un duopolio nerazzurro. Una figura più dedita a rapporti commerciali, al marchio Inter, all'internazionalizzazione del club, una a più stretto contatto col campo, con i giocatori. Due facce di una stessa medaglia. Due interpreti necessari per rendere l'Inter di nuovo grande. Resta il passo più difficile. Convincere gli interessati.