Il calcio è, nel sogno di un ragazzo, un pallone che entra in rete. Una sfrenata esultanza dopo aver infilato quella sfera rotolante nella porta avversaria. Da bambino ad adulto, dal parco allo stadio, “pregando” e inseguendo i grandi centravanti, i fuoriclasse, i numeri 10 per antonomasia. Sono i giocolieri, gli attaccanti di grido, ad accendere folle e polemiche. Nel bene o nel male le grandi sfide hanno un inizio e una fine nei sublimi interpreti dell'arte offensiva. Inter – Juve, la sfida, non poteva essere un'eccezione. Da Palacio a Tevez, passando per i dubbi di Llorente e il ritorno di Milito, il persecutore della Vecchia Signora, l'uomo in grado di violare lo Juventus Stadium.

Ma è sempre così? O meglio, domani sarà così? Forse no, perché, lontani, si guarderanno, puntini persi nella vorticosa battaglia di San Siro, Samir Handanovic e Gianluigi Buffon. Interpreti di una scuola, in voga anni fa, ora quasi dimenticata. La nobile arte del numero uno, dell'estremo difensore, che a conti fatti val quanto, se non più, di un attaccante. Toccherà a loro difendere retroguardie stuzzicate dall'ardore nemico. Due dei massimi esponenti del ruolo, chiamati a risollevare un mestiere che, alla luce di quanto visto in questo avvio di stagione, appare ormai in disuso. Errori in serie, papere a oltranza. Un po' ovunque. Italiani e non. Quasi che il problema sia di insegnamento, più che di individualità. Ci sono buoni esponenti, forse non così preparati. Loro, Samir e Gigi, sono ben più di buoni rappresentanti. Rientrano nella limitata categoria dei campioni. Massimi interpreti del “portierato”, così uguali e così diversi.

L'Inter del dopo Mourinho, l'Inter felice nella notte di Madrid, è ormai ricordo lontano. Il processo di smantellamento giunto al suo limitare, ha visto la partenza degli eroi del triplete. Uno dopo l'altro, hanno lasciato, insieme ad ingaggi faraonici, Appiano Gentile. L'addio più difficile è stato forse quello di Julio Cesar, colonna di quella squadra diventata speciale e forse inarrivabile. Via, direzione Premier, tra dubbi e incertezze. Perché rinunciare a un top player tra i pali, senza ottenere nulla dal suo cartellino? Perché investire soldi e giovani (Faraoni) per portare a Milano un altro portiere, quando la soluzione era già in casa? Queste le più ricorrenti domande dopo l'approdo del brasiliano al Qpr e l'arrivo alla corte di Stramaccioni dello sloveno Handanovic. La risposta l'ha fornita il campo. Leader sommo e silenzioso Samir. Grande nell'accogliente Udine e nella turbolenta Milano. Grande tra i grandi. Senza paura. Sempre lo stesso sguardo, schivo e distante. Esente da emozioni. Nella sciagurata Inter, versione Strama, la stella più luminosa del povero firmamento nerazzurro. Quest'anno l'arrivo del preparatore Bonaiuti, fedelissimo ai tempi di Udine, ha soddisfatto ulteriormente il ragazzo di Lubiana. Intoccabile nell'Inter, salvagente per i compagni in Nazionale. “Handanovic è il miglior portiere del mondo”. Parola di Ct. Parola di Katanec. Ecco perché alla Pinetina hanno lasciato andare persino Julio Cesar.

Parlando di Buffon si rischia spesso di cadere nel banale. Troppo è stato detto, troppo si dirà, su un uomo che ha fatto la storia, scrivendo pagine leggendarie in azzurro e in bianconero. L'epopea tedesca, il cielo azzurro sopra Berlino, i trofei con la maglia di una vita, quella bianconera, cucita addosso. Poi le parole da condottiero, senza peli sulla lingua. Onesto, a volte antipatico, proprio per quel suo carattere schietto e fiero. A trentacinque anni ancora lì, titolare. Con qualche incertezza in più, vedi il gol di Klose, ma un carisma intatto. Contano le parate, ma conta soprattutto la capacità di guidare un reparto spesso in bilico tra errori e prodezze, come può essere quello arretrato. E in quello, oggi come ieri, Gigi è il non plus ultra. Chiaro, la carta d'identità presenta il conto. Normale che la continuità tenda a scemare col passare degli anni, ma, quando conta, Buffon c'è. Con la Bulgaria, spalle al muro, arroccata, all'italiana, vittima di una carente condizione atletica, la nostra Nazionale, ha eretto il muro. Il muro di Buffon a preservare il violino di Gilardino.

Ecco perché, nella notte dei grandi attaccanti, a decidere potrebbero essere due portieri. Due numeri uno.