Il benservito peggiore. Una telefonata, dopo conferme a raffica. L'addio più indigesto. Meno sincero. Moratti liquida il figlio prediletto, per mano dello scagnozzo Branca. Non a quattr'occhi, ma con poche parole, dietro una cornetta o un cellulare che sia. Paga l'allenatore, come sempre nel calcio. Paga l'allenatore, invece del club. Intonsa resta una dirigenza tronfia e restia a riconoscere errori e scelte discutibili. Paga Strama, perché è più facile così. Lanciato alla ribalta, dopo le imprese con la beata gioventù nerazzurra, balzato agli onori della cronaca, dopo il tripudio dello Juventus Stadium, esaltato come il “nuovo che avanza”, come il traghettatore del futuro, sedotto e poi abbandonato. Colpe ne ha, come tutti. Un'anarchia tattica e mentale, una mancanza di gioco, una crisi d'identità, non spiegabili dagli infortuni in serie. Ha perso la squadra, le redini di un cavallo da corsa, diventato improvvisamente incontrollabile. Giusto cambiare forse. Bisogna vedere quanto sia giusto cambiare il mentore, il coach. O meglio, solo lui. Ancora una volta si salvano gli intoccabili del Presidente. Marco Branca in primis. E con lui gli uomini mercato. Pessimi, dopo aver perso le coordinate del vate di Setubal. Si salvano e gongolano. Anche loro probabilmente sorpresi di una incondizionata fiducia. Mal ripagata. Restano i dubbi, profondi. Perché ancora una volta non arriva risposta a quella sorta di “panolada” , sotto forma di striscioni, esposta a San Siro dai supporter nerazzurri. Dodici domande. Zero risposte. Mazzarri è uomo vero e grande allenatore, ma anche un grande allenatore, per quanto grande possa essere, ha bisogno del supporto e dell'appoggio, di una società forte. Di una società. Proprio quello che sembra mancare all'Inter, che sembra vivere in un continuo caos primordiale, preda di un'incapacità evolutiva, sommersa da rapporti di figli e figliastri. Una famiglia in cui tutti comandano e nessuno comanda, tutti scelgono e alla fine nessuno sceglie. Troppo famiglia e per nulla azienda. Troppo famiglia e forse poco squadra.

 

 

Paga quindi Strama, nell'apoteosi dell'incoerenza. Confermato, stra-confermato. Lui e solo lui. Poi ha prevalso la paura. E se il prossimo campionato comincia sulla falsariga di questo impietoso finale? E allora non si è rischiato. Cambio della guardia. E ci può stare. Ma il rispetto, quello che rende grande un uomo, prima di un Presidente, quello non può mancare. La viltà del nascondersi, non assumendosi responsabilità. Trincerandosi dietro al più semplice”sto pensando per il bene dell'Inter..”. Quello è intollerabile. E a ragione il tecnico romano si è risentito. Nello sport di oggi, nel calcio di oggi, vale tutto. Vale il dire e il non dire. La parola conta zero. In un degrado di valori senza fine. All'Inter, come altrove. Per l'ennesima volta si riparte allora. Sperando che sia la volta buona. Ma coraggio Massimo, coraggio Presidente, sia meno padre e più Uomo. Si guardi al fianco e scelga una volta per tutte gente competente di cui attorniarsi. Ora c'è un allenatore che non ha mai fallito, ma che giustamente pretende certezze. Tutto l'appoggio possibile a Mazzarri e che finalmente si accendano i motori dell'Inter.