I grandi cambiamenti hanno contrassegnato da sempre la storia dell'uomo e continueranno a farlo per milioni di anni. Dietro ai numerosi scossoni ci sono sempre le idee, quelle impossibili da snaturare o radicate al punto da lasciare un segno profondo, invalicabile. E' un percorso complesso e, allo stesso tempo, un discorso applicabile al calcio, non un contorno ma il fulcro presente da un centinaio di anni nella storia dell'umanità. Ci son voluti due giorni, o meglio, quattro ore per capire che siamo di fronte ad un cambiamento radicale, un nuovo modo di concepire il calcio che richiama alla perfezione le idee totali, quelle pensate quarant'anni fa e che, inevitabilmente e meravigliosamente, hanno cambiato la storia di questo sport in maniera irripetibile.

Premesse a parte, quest'edizione della Champions League sta permettendo agli addetti ai lavori di mettere a fuoco delle visioni di calcio fruttuose, a cominciare dalla totale assenza di pragmatismo della terribile Ajax. Un ritorno al futuro, una catapulta che ha trapiantato le idee dell'eterno 14 nelle menti dei giovani ragazzi della compagine olandese, capaci di far fuori Real Madrid e Juventus (favorite per la vittoria finale) giocando un calcio arioso e libertino, mai banale e sempre incentrato sulla ricerca degli spazi e di tutto ciò che faccia rima con bello.

Quattro sinfonie da parte dei Lancieri: da Madrid e Torino passando per Amsterdam e senza dimenticare le grandi partite giocate contro il Bayern Monaco. Non è un caso che il "Calcio Totale" sia nato lì, ad Amsterdam: concetti semplici ma tremendamente difficili da applicare come l'occupazione sistematica degli spazi e la capacità di ruotare i dieci giocatori di posizione a seconda della situazione tattica che si pone dinanzi. Un equilibrio sottilissimo, facile da spezzare e, allo stesso tempo, capace di rapire anche l'occhio più disincantato che esista.

E' la nuova visione di questo gioco che sta aprendo speranze anche a chi non è mai riuscito a confinare con il cancello dell'Olimpo. E' una sensazione nuova ma dal sapore di amarcord come la folle notte di Manchester: sette reti ed un intensità fuori da ogni logica con il Tottenham in grado di buttare via Guardiola, eliminato per la terza volta consecutiva ai quarti di finale con il suo Manchester City. La rete di Sterling ha illuso, indottrinando il Barcellona degli alieni, la squadra più spettacolare di tutti i tempi insieme all'Ajax dei primi anni settanta. E' un filo illogico quello che lega l'Olanda con la Catalogna, un filo costruito da un uomo che ha saputo rivoluzionare il gioco del calcio per ben due volte. Non è un caso che siano li a giocarsi il trofeo per club più importante del mondo insieme a Tottenham e Liverpool.

E' la vittoria del bello, è una vittoria di quelle idee che in Europa ripagano sempre nonostante le sporadiche "sfangate". Saranno semifinali da cinema a cominciare da quella sfida incrociata che metterà di fronte Liverpool e Barcellona, entrambe accomunate dalla filosofia offensiva ma ben distinte nel loro 4-3-3. Il Luna Park rosso di Klopp contro quella compagine catalana che in questa stagione può contare anche su una buona retroguardia, rodata con i meccanismi giusti da parte di Valverde. E poi c'è la luce chiamata Leo Messi, in grado di spostare gli equilibri e i monti (anche i mari) nel giro di pochi secondi. Ennesima stagione irreale per il migliore giocatore al mondo, autore di 45 reti in 42 partite oltre ai 21 assist dispensati per i compagni. Le reti sono solo una microscopica parte del genio che contraddistingue la Pulce di Rosario, mai cosi affamata da qualche anno a questa parte.

Olanda, Inghilterra (x2) e Spagna le Nazioni che si giocheranno la Champions League. E l'Italia dov'è? Il nostro tricolore osserverà nuovamente gli altri alzare la coppa dalla grandi orecchie, rimuginando su mille episodi al punto da perdere il contatto con la realtà che questo sport sta vivendo. La logica del risultato ottenuto a tutti i costi è una mentalità (alquanto limitata) che popola le menti dei nostri allenatori da parecchi anni e non è un caso che in Europa non ci sia mai spazio per la nostra sporca idea di calcio, rimasta gli anni '70.

Il risultato sopra il gioco, la vittoria anche a costo di accantonare quelle idee che portano lontano, quelle che lasciano inevitabilmente un segno indelebile nella storia del calcio. Spiace affermarlo ma il calcio italiano vive un mondo a parte, un mondo anti-estetico ed un campionato che ha un solo padrone da otto anni (diventeranno dieci a mani bassi). Un campionato dominato dal basso livello e dalle dicerie (ormai scadute) sul livello altissimo delle nostre difese, baluardi insormontabili all'interno dei nostri confini e Titanic qualunque in giro per le Europa, salvo qualche rara eccezione.

Il nostro calcio si sposa perfettamente con la paura di osare, di gettare via il pragmatismo e di praticare finalmente qualcosa di arioso, che dia gioia e che ponga le basi verso un futuro roseo del punto di vista dei successi nazionali ed internazionali. Ci sta provando Mancini con la Nazionale Italiana ed i primi risultati si stanno vedendo, è ancora presto (certo) ma le basi ci sono e gli eventuali Europei saranno un banco di prova importante per misurare l'asticella. Quell'asticella che adesso vede l'Europa distante anni luce, come se fosse quel famoso buco nero. Tra due settimane le semifinali d'andata di Champions League, una nuova puntata del nuovo mondo. Saranno presenti Olanda, Inghilterra e Spagna. E l'Italia dov'è? Persa nei luoghi comuni e nelle sconfitte perenni.