C'è lo stadio che trema, i tifosi che saltano, che cantano "You'll never walk alone", che attendono che impazienza quella musica melodiosa e quei loro beniamini che vestono di rosso. Eccolo, dunque, il Liverpool di Jurgen Klopp che, dopo la meravigliosa cavalcata dello scorso anno, si riaffaccia in Champions League, in quella competizione che accoglie solamente le migliori d'Europa. E che esordio: Paris Saint-Germain alla prima. Risultato finale? 3-2 per l'Heavy Metal di Klopp sul ricco e narcisistico club francese, in versione che più hype non si poteva.
Un match che è stato molto equilibrato nonostante l'avvio dei Reds che, anche grazie alla spinta dei tifosi, immancabile, hanno dominato buona parte dei primi minuti di gioco. Il pressing del trio capitanato dalla punta Sturridge, al ritorno da titolare in Champions dopo tanto, troppo, tempo, è asfissiante: il numero 10 Sadio Mané sembrava una locomotiva che andava avanti e indietro a velocità diverse e sempre più alte e Salah faceva il solito Salah, per lo meno nei minuti iniziali. L'egiziano, infatti, nonostante sia tornato a giocare quella competizione che la scorsa stagione ha solo sfiorato, non ha dato il meglio di sé: sempre in attacco, non aiutava in compagni e poco lucido nella maggior parte delle giocate. Inutile dire quanto sia stata giusta, e azzeccata, la sostituzione con Roberto "Bobby" Firmino. Klopp ha compreso il momento ed è stato repentino nel buttare il numero 9 del Liverpool in campo.
La difesa della squadra rossa di Liverpool, infatti, sembrava ballare pericolosamente tanto quanto quella della squadra francese. Mancava al centro, e si è visto, un portento e un pilastro fondamentale della difesa inglese come Dejan Lovren, ancora assente dopo aver saltato anche il big match, vinto, contro il Tottenham. Nulla da togliere al numero 12 ma Gomez sembra aver forzato Van Dijk a svolgere del lavoro extra portando, di fatto, a più occasioni pericolosi in favore del PSG. Trent Alexander-Arnold, invece, ha giocato un match a double-face.
Eccellente e dirompente in fase di attacco ma da rivedere il suo supporto alla difesa. Il numero 66, infatti, sembra dimenticarsi, a sprazzi, di essere l'unico terzino destro che i Reds hanno in campo. Ma la sua tecnica, la sua classe e la sua voglia di dimostrare di essere uno dei migliori lo porterà lontano, soprattutto se si guarda all'età di 19 anni. Non c'è dubbio, Klopp ha tra le mani una pepita piuttosto bollente. Nulla da segnalare su Robertson se non che il numero dei gol incassati non rispecchia la sua prestazione in campo. Sembra sempre più impossibile credere nella sua magnifica escalation degli ultimi anni. Lo scozzese resta un giocatore fondamentale sulla sinistra e lo dimostra il suo assist che ha procurato la rete che ha sbloccato lo 0-0 iniziale.
A centrocampo brilla un giocatore in particolare: Milner, infatti, non sembra quel ragazzo discontinuo che si è visto ai tempi del Manchester City: corre, lotta, mette il piedi nel momento giusto, smista il pallone delicatamente ma con decisione e segna. Esatto, perché è proprio grazie al suo rigore che il Liverpool si è guadagnato, dopo circa mezz'ora, il doppio vantaggio sulla squadra ospite. Ai suoi fianchi, invece, Henderson e Wijnaldum agiscono da tampone e creano i presupposti per la ripartenza della manovra. Il numero 5 e il capitano numero 14 dei Reds sanno come si gioca in mezzo al campo: i polmoni non mancano, la qualità nemmeno e, quando possono, attaccano e supportano quel tridente che ha aperto i giochi grazie alla rete di Daniel Sturridge. Ma meglio approfondire il discorso su Roberto Firmino: entra a cinque minuti dalla fine e tutti pensavano che avrebbe aiutato uno tra Mané o Shaqiri a trovare il vantaggio finale dopo i due proiettili auto-sparati dalla difesa del Liverpool. Invece no e la sua iconica esultanza che ha regalato la vittoria al cardiopalma ai suoi tifosi rimarrà impressa nella sua mente per un bel pò di tempo. Ma tante volte Firmino ci ha abituato a esutanze magnifiche: dai colpi di Kung-fu fino alle vecchie celebrazioni dei suoi idoli da bambino, come l'esultanza celebrata imitando un Ronaldinho versione Mondiali 2002 nel preliminare dello scorso anno contro il suo ex Hoffenheim. C'è chi l'ha definita come una celebrazione "da pirata" ma, invece, c’è una spiegazione logica: Firmino non era sceso in campo dal 1’ contro il PSG a causa di un infortunio all’occhio, quello che si è coperto dopo aver imbucato la rete finale, causatogli da Vertonghen durante Tottenham-Liverpool. Il brasiliano aveva dovuto lasciare il campo a causa del più classico del gesto involontario del difensore belga che però deve aver fatto davvero male a Firmino che, tuttavia, contro il PSG ha stretto i denti entrando in campo in un match di Champions così complicato dove alla fine è risultato decisivo. Anche con un occhio solo. Del resto Firmino, nonostante il poco tempo che ha avuto a disposizione nell'esordio stagionale in Champions League ha fatto tanto: ha corso e si è costantemente proposto. Il gol è stato solo una conseguenza evidente.
Regala la vittoria al suo Liverpool, regala i tre punti a Klopp e il primo posto nel girone. Tra paure e gioie il Liverpool passa ad Anfield.