È la vigilia di Monaco-Juventus. Le due formazioni, destinate ad incrociarsi dopo il verdetto dell’urna di Nyon, hanno conquistato la semifinale di Champions League eliminando rispettivamente Borussia Dortmund e Barcellona. Il Monaco è la vera sorpresa di questa edizione: dominato il proprio girone di appartenenza, la squadra monegasca ha dettato legge pure nei 4 scontri ad eliminazione diretta, nei quali ha segnato sempre 3 gol (il primo è stato comunque perso per 5-3 in casa del Manchester City). Jardim e i suoi non hanno nulla da perdere, e se la giocheranno a viso aperto contro una Juve che ha già mostrato tutte le proprie doti durante l’esame con il Barcellona, superato a pieni voti dalla truppa di Allegri. A questo punto i bianconeri, assieme al Real Madrid, diventano probabilmente i papabili per l’accesso alla finale, ma attenzione, perché il Monaco non è arrivato fino a qui per caso. I francesi stanno incantando l’intero pianeta calcistico grazie a prestazioni piacevolissime ed altrettanto concrete, che hanno fruttato sin qui il primato in Ligue 1, certificato dagli 84 punti con i quali i biancorossi stanno guidando il campionato nazionale, oltre all’epico raggiungimento della semifinale di Champions League. La squadra che forse gioca il calcio più spregiudicato, frizzante e brillante d’Europa, contro quella che detiene la difesa più impenetrabile del mondo. Chi riuscirà a prevalere, lo sapremo solo tra qualche settimana. Intanto scopriamo assieme i segreti del Monaco di Jardim, e della Juventus di Allegri.

Il Monaco di Jardim

Da tempo, in Francia, non si vedeva una macchina così letale. Jardim, al quale solamente 2 anni fa veniva affibbiata l'etichetta di “catenacciaro”, è riuscito nella prodigiosa impresa di ribaltare completamente le attitudini della sua squadra, facendole assumere caratteristiche decisamente più propositive ed esaltanti in un tempo ridicolo, se consideriamo la qualità con la quale il progetto si sta presentando già oggi. Il Monaco odierno è un organismo complesso, che si nutre di articolate combinazioni ed intricati meccanismi, volti unicamente ad uno scopo: segnare quanti più goal possibile all’avversario. Il modulo di base che viene adottato è un 4-4-2 molto atletico, rapido, e verticale, ma soprattutto camaleontico. Esso, infatti, ha la peculiarità di mutare continuamente assieme alle fasi di gioco. Una fluidità meccanica, cerebrale, profondamente studiata e ancor di più allenata: con questi movimenti di squadra, ovviamente predefiniti, i giocatori del Monaco riescono a crearsi spazi, linee di passaggio, e colpire esattamente nel punto in cui è previsto colpire. Nulla, nelle azioni di questa squadra, è dovuto al caso. Ogni minimo spostamento viene calcolato con minuziosità dagli interpreti, veri e propri operai con un compito ben scandito. Quello del Monaco è organico estremamente intelligente, giovane, e che segue fedelmente le direttive del proprio direttore d’orchestra. Jardim ha dalla sua dei ragazzi debordanti in quanto ad atletismo, tecnica, qualità, e senso tattico; è per questo che il Monaco è arrivato sin qui: a fare la differenza non è solo il talento dei singoli, ma sono l’abnegazione e lo spirito di squadra annessi ad esso a rendere i biancorossi una tra le squadre più divertenti e pericolose del palinsesto europeo.

Un gioco spregiudicato, abbiamo detto. Il Monaco attacca spesso a pieno organico, effettua marcature preventive, e non appena perde il pallone tenta subito la riconquista, o comunque tende a chiudere l’avversario verso l’esterno, per impedirgli rapide transizioni. L’atteggiamento in fase di non possesso non è mai passivo: aggredire pallone e avversari è un qualcosa che riesce splendidamente al gruppo di Jardim, che sa anche scegliere il momento in cui cambiare la strategia a gara in corso, alternando lo schermare le linee di passaggio all'alzarsi alla caccia dell’1 contro 1, come vedremo successivamente. Cominciamo ad inoltrarci nei segreti di questa fantastica squadra, iniziando a parlare di uno dei princìpi di gioco che ha fatto la fortuna di Leonardo Jardim: il possesso per catene laterali.

Le catene laterali

Cominciamo subito con il dire che il Monaco, in fase di possesso, sfrutta smodatamente le cosiddette catene laterali. Le catene sono rappresentate da quel legame fisico e spazio-temporale che incide sull’interpretazione di una fattispecie da parte di più elementi, in questo caso militanti nelle zone esterne del campo (catene laterali, appunto). La ricerca dell’ampiezza e della superiorità nelle corsie laterali è una delle novità più lampanti nel Monaco di Jardim. L’allenatore portoghese ha imposto questo princìpio di gioco che riguarda il costante tentativo di una supremazia laterale, la quale si ottiene grazie a determinati e molteplici meccanismi predefiniti da parte delle sopracitate catene laterali. Nel 4-4-2 di Jardim, in fase di possesso, si può spesso notare come i due esterni del reparto mediale (Lemar e B. Silva) tendano ad accentrare in maniera quasi innaturale la propria posizione; queste convergenze richiamano l’attenzione del marcatore di riferimento, e lasciano di fatto sguarnita la fascia, sulla quale irrompono terzini dall’atletismo bestiale come Mendy e Sidibè (in stagione si è dimostrata una valida alternativa anche il maliano Almamy Tourè). Terzino, esterno convergente, e punta a sostegno sono i 3 elementi specifici delle micidiali catene laterali del Monaco, che poggiano su continui triangoli di gioco creati dai 3 anelli della catena. Un esempio molto pratico e scolastico, tratto da un particolare della sfida contro il Dortmund: Nabil Dirar (esterno convergente) vince un rimpallo e trova sulla sua verticale la punta in appoggio Mbappè, mentre a lato sale il terzino Tourè. Mbappè porta palla verticalmente, e viene sorpassato dal terzino Tourè, che riceverà il pallone dal compagno e completerà il dai e vai. Questa situazione è resa possibile dalla un mix di fattori: 1. Velocità in transizione; 2. Ottimo movimento corale della catena laterale; 3. Passaggi eseguiti con la massima precisione; 4. 2 vs 2 sulla fascia, agevolato dal tutt’altro che celere rientro avversario.

I 3 elementi della catena laterale

I triangoli di gioco, che naturalmente vengono a formarsi, generano linee di passaggio usufruibili e conseguenti sbocchi di manovra, oltre alla possibilità di giocarsi dei duelli in parità-superiorità numerica sulle fasce:

Ricerca del fondo, intelligenza

Abbiamo capito che lo sviluppo di gioco del Monaco non prescinde dalle fasce. In particolare, però, si cerca di far terminare le manovre con un cross dal fondo, a rimorchio, verso il centro dell’area, presidiata dalle 2 punte Falcao e Mbappè, oltre che dai centrocampisti che si inseriscono con decisione (a volte l’esterno convergente opposto, o una tra le 2 mezzeali, spesso rappresentate da Fabinho e Bakayoko).

Per poter compiere questo tipo di azioni, così programmate ed organizzate, è necessaria una profonda intelligenza calcistica dell’intero organico. Nella prossima clip, quest’intelligenza tattica è palese come la luce del sole: il Dortmund perde palla ed attua il solito, pesante gegenpressing, scoprendo il lato debole del campo; la straordinaria tecnica dei giocatori del Monaco li aiuta però a far uscire il pallone in velocità, e la palla esce dalla parte giusta, quella del lato debole, dove Mendy è liberissimo e può sovrapporsi all’esterno convergente Lemar, scambiare con la punta in appoggio Mbappè, il quale torna da Lemar, che spara in diagonale per Falcao, abilissimo nell’anticipare il marcatore e sfondare la porta con l’incornata.

Questo non è né scontato, né casuale: è tutto inciso nello spartito di Leonardo Jardim.

Aggressività

Il Monaco non è solo aggressivo, è anche calcolatore. Sa intravedere, nell’arco di una partita, quando è il momento di gettarsi in avanti a pressare coralmente gli avversari, e quando è preferibile lasciarli avanzare, facendoli scoprire e intercettando loro il pallone, andando a posizionarsi nelle linee di passaggio. Sia in un caso, che nell’altro, il Monaco risulta comunque estremamente efficace: in questa fattispecie, si nota con facilità come il pressing asfissiante dei francesi metta in diffcoltà il fraseggio del Borussia.

Nella stessa sfida, dopo essere passati in vantaggio con il gol di Mbappè, i monegaschi capiscono il momento di difficoltà dei tedeschi, e si fiondano in avanti per non lasciar respirare la squadra di Tüchel. Le due punte (Falcao e Mbappè), i due esterni di centrocampo (Lemar e Silva), e una delle due mezzeali (Moutinho) vanno ognuno a prendere il proprio uomo di riferimento, generando 5 coppie nella trequarti tedesca.

I 5 giocatori in pressione del Monaco

Il regista del Borussia Dortmund Weigl, che non trova linee di passaggio scoperte, prova ad andare in verticale da Reus; Moutinho però con ottimo senso della posizione va ad immettersi nella traiettoria e riconquista il pallone, generando una colossale opportunità per il 2 a 0.

Moutinho sosta sulla verticale di passaggio e riconquista facilmente il possesso

Ecco la situazione a velocità reale:

Possiamo quindi dire che il Monaco effettui una “pressione mista”, a seconda delle situazioni, a discrezione del portatore. A conferma di ciò, vediamo di seguito diverse proposte di pressing portate dai giocatori di Jardim:

Spesso, riuscire ad intercettare un passaggio (magari in zona offensiva) è sinonimo di grande opportunità: gli avversari, infatti, si alzano e si allargano per aprire possibilità di gioco, ma nel frattempo rendono vulnerabile la propria metà campo difensiva, quasi del tutto sguarnita. È per questo che quando si gioca contro il Monaco bisogna fare estrema attenzione durante la costruzione bassa:

Gli evidenti vantaggi di una conquista del possesso in zona offensiva

Altro piccolo particolare notato durante la sfida del Louis II contro il Borussia Dortmund: quando Dembèlè sfida 1 vs 1 Mendy, perdendo il duello con il connazionale, è interessante tenere d’occhio la posizione di Mbappè; il numero 29 parte infatti defilatissimo, quasi dalla linea laterale, perché sa che se la palla verrà riconquistata e fatta uscire rapidamente, lui potrà sfruttare l’1 vs 1 con Piszcek, accentrarsi, e scegliere se premiare la corsa di Mendy, o continuare il duello individuale.

La fase di impostazione

Come l’atteggiamento da tenere in fase di non possesso, la fase di impostazione può svilupparsi in maniere totalmente differenti, ed anche stavolta a completa discrezione degli effettivi in campo. Le scelte sono molteplici: la prima è quella del rinvio del portiere alla celere ricerca di Mbappè.

Questa scelta è plausibilmente attuabile solo se in precedenza si era sotto un attacco avvolgente avversario. Se il nemico attacca con un grande numero di uomini (City e Dortmund sono esempi che calzano a pennello), il francese va intelligentemente a sistemarsi come al solito in posizione decentrata, scattando verticalmente quando Subasic accenna al rilancio. Inutile dire che il destinatario di queste lunghissime parabole è sempre Kylian Mbappè, il calciatore offensivo del Monaco che dispone in maggior misura di velocità massima, esplosività, ed accelerazione. È una situazione spesso proposta dal Monaco, ma che francamente, sino ad ora, non ha mostrato particolari risvolti positivi (nel doppio confronto con il Manchester City, Subasić ha innescato Mbappè solamente 3 volte, mentre con il Dortmund addirittura 2, entrambe nella gara di ritorno).

Un altro caso è quello del fraseggio dal basso, e questo prevede una moltitudine di movimenti meccanici in concomitanza. Quando si sta per battere un rinvio dal fondo, i due centrali difensivi si aprono sino all’altezza del lato corto dell’area di rigore, mentre i due terzini si alzano sulla linea dei centrocampisti; gli esterni convergenti vengono dentro al campo per lasciar libera la corsia proprio ai terzini, mentre una delle due mezzeali (Fabinho), scala tra i due centrali di difesa creando una prima linea di impostazione a 3 giocatori. L’altra mezzala (Moutinho) si posiziona verticalmente rispetto a Fabinho, per creare triangoli di gioco e conseguenti linee di passaggio, che consentono di far uscire con comodità il pallone nella zona di sviluppo di gioco.

Si tratta in entrambi i casi di una fase rapida, dato che il Monaco è una squadra che cerca in ogni momento la verticalità. Una volta che il pallone entra nella zona di impostazione, si tenta subito di andare sul fondo grazie al lavoro delle catene laterali viste in precedenza, o comunque di portarsi il più vicino possibile alla porta avversaria, senza troppo bighellonare per il campo.

Problemi difensivi

È normale che, in un assetto così “sportivo”, ci possano essere rischi calcolati quando è il momento di difendere. Una squadra che attacca con questa mole di effettivi è naturalmente, e particolarmente soggetta alle transizioni veloci avversarie, che diventano così il primo elemento di pericolo al quale fare attenzione. Nell’ultima di campionato vinta 3-1 contro il Tolosa la squadra di Jardim ha subito diverse volte situazioni di questo genere, vediamo come in questa eloquente clip, che inizia con il rinvio del portiere Lafont. Il rilancio è volto a cercare la testa di Toivonen, che tenta la spizzata per il compagno di reparto Delort, il quale attacca lo spazio mentre lo svedese tenta di liberarlo. Il primo tentativo fallisce, ma sul secondo rilancio, quello di Jullien, Toivonen riesce ad imbeccare perfettamente Delort con la spizzata, per la disattenta marcatura preventiva di Glik, che arriva con pesante ritardo.

La Juventus dovrà quindi tentare di valicare l’ostacolo del Monaco, per accedere alla finale di Cardiff. I francesi sono una squadra diversa dal Barcellona di Luis Enrique, ma somigliante in quanto ad attitudini offensive e scarsa organizzazione difensiva. Il Monaco quest’anno non ha mai affrontato una squadra che ama azzerare la profondità avversaria, riconquistare il pallone e rimbalzare rapidamente in avanti a mo’ di di molla; mentre la Juventus ha già potuto misurarsi contro organici che hanno sollecitato non poco l’organizzazione difensiva dei penta campioni d’Italia. Allegri ha plasmato la sua nuova Juve sotto il segno della qualità, con un 4-2-3-1 estremamente tecnico, roccioso, maturo e cinico. In fase di non possesso è famoso il viraggio al 4-4-2 con Mandzukić e Cuadrado esterni di centrocampo, che consentono una totale copertura centrale del campo.

Chi pensa che la Juventus di Allegri sia l’incarnazione moderna del “catenaccio all’italiana”, dovrà ricredersi in fretta: i bianconeri adottano una fluidità a seconda delle situazioni, variando l’atteggiamento in fase di non possesso durante il corso della stessa gara. Esso può presentarsi in una difensiva con 11 uomini dietro la palla, con una quadra stretta e corta pronta a riconquistare la sfera e ripartire; ma già dall'azione successiva potrebbe alzarsi il baricentro della squadra con una conseguente pressione mirata, ad uomo. Contro il Barcellona, a Torino, abbiamo assistito ad una delle più grandi prestazioni juventine degli ultimi anni. I giocatori di Allegri hanno mostrato maturità, versatilità, oltre ad una straordinaria capacità di acclimatamento nel passaggio da un atteggiamento all’altro. Vediamo come ad inizio gara sia stato portato un pressing altissimo sull’impostazione blaugrana, mentre il prosieguo di gara è stato caratterizzato da fasi di difesa posizionale:

Non c’è tattica senza tecnica

Ovviamente non è plausibile attuare questo sistema di gioco senza poter contare su giocatori dall’evoluto valore tecnico. In questo senso mi viene in mente la scelta di Alex Sandro e Dani Alves come terzini della difesa a 4; entrambi molto atletici, dinamici, che si trovano a loro agio maggiormente in fase offensiva, ma ai quali è stato richiesto un ruolo di estrema importanza come “espulsori” del pallone dalla zona difensiva, contro una squadra che apporta un pressing asfissiante come il Barcellona. Vediamo di seguito come i due brasiliani si sono destreggiati nel corso della gara, compiendo perfettamente questo particolare lavoro.

L’ultimo pregio di questa Juve che vorrei sottolineare, e che sicuramente tornerà utile nella doppia sfida contro il Monaco, risiede nella duttilità di questa formazione. L’11 di Allegri è in grado di gestire, al massimo dell’efficienza, svariati sistemi di gioco anche nel corso di una stessa partita. Questa è un’arma fantastica, un asso nella manica che nessun’altra squadra sulla piazza possiede. Essere in grado di cambiare forma, oltre che comportamento, è già risultato determinante nel doppio incrocio contro il Barcellona, dove i bianconeri hanno mutato 3 volte il modulo a gara in corso, passando a piacimento da un 4-4-2, al 4-5-1, ed infine al 5-4-1. Tutto per preservare il triplice vantaggio sino al fischio finale.