Chiusa la parentesi d'ottavi, con l'urlo di Baviera a spegnere l'ultimo spicchio d'Italia, la Champions volge lo sguardo all'urna di Nyon. Alle 12, il sorteggio dei quarti di finale, nessun paletto ad alterare le decisioni della sorte.
In prima fila il Barcellona di Messi, ingigantito dal doppio confronto con l'Arsenal e al momento davanti nella corsa alla massima competizione europea. Due squadre alle spalle dell'undici di Luis Enrique. Il Psg è al punto di non ritorno, il progetto avviato qualche anno fa è al suo compimento, con Ibra atteso alla chiamata continentale. Il successo nei 180 minuti con il Chelsea testimonia il passo avanti della formazione di Francia. Le spallate del recente passato sono il viatico dei successi odierni. Di Maria è il punto d'unione di un concerto di stelle, la luce che unisce fili all'apparenza slegati. A preoccupare la condizione di Verratti, un mese ai box.
Qualche punto interrogativo sul Bayern. L'affermazione all'ultimo respiro sulla Signora dice di una squadra dagli interpreti straordinari, ma non sempre sul pezzo. Guardiola, il filosofo, ama il palleggio portato all'estremo, il possesso palla in ogni settore, ma spesso si piace e tende al colpo da teatro. Rischi non da poco, specie nella competizione del dettaglio. La retroguardia teutonica non è imperforabile, ma il tasso tecnico è talmente elevato che il Bayern deve essere annoverato tra le prime della classe.
Real e Atletico completano la triade spagnola. Differente l'organico, differente la fisionomia di base. Il Real è un parco giochi in cui tutti vogliono la palla, in cui tutti reclamano spazio. Accozzaglia di talento, spesso buttata al centro del campo, senza regole e senso. Vince, spesso, convince quasi mai. Con Zidane, qualche applauso in più (alla storia del 5 o alla squadra?), i medesimi quesiti. Ronaldo ci prova, ma il Barcellona appare di altra statura. L'Atletico - ai quarti al termine di una battaglia di rigore con il PSV - non cattura l'occhio, ma in gara secca, o comunque sul binario andata-ritorno, è animale da prendere con le molle, per tempra e cuore. Un comandante in panchina, vestito di tutto punto, quasi a mascherare quell'anima sudamericana che esce prepotente al fischio d'avvio. Undici leoni in campo. Mina vagante.
Il City, prima volta ai quarti, con la stretta di mano del destino (Dinamo Kiev agli ottavi), par pronto a una campagna breve. Qualche infortunio, l'addio alle porte di Pellegrini, una stagione di alti e bassi in Premier. La Champions è l'ultimo appiglio per non veder naufragare l'ennesima annata.
A chiudere la griglia, Benfica e Wolfsburg. Cenerentole, a questo punto della manifestazione, sorprese d'Europa, specie il Benfica, bel successo in Russia a coronare l'impresa. Per il Wolfsburg, ultimo passo verso i quarti con il Gent, ora la storia cambia padrone.