In televisione vediamo chi ce l'ha fatta, ragazzi che riescono a fuggire da baraccopoli e quartieri pericolosi per incoronare il loro sogno: giocare a calcio. I più bravi lo fanno nei “teatri” del football a cinque stelle, dal Bernabeu a San Siro; altri si accontentano di “briciole”, finendo nei club di categorie minori o nei molteplici campionati occidentali. Cosa che significa già uno stipendio al di sopra di quello di un qualsiasi altro essere umano.

Per uno di quei fenomeni che riescono a emergere, però, ce ne sono tantissimi altri che si perdono nelle maglie di trafficanti ignobili, pronti a promettergli qualsiasi cosa per poi abbandonarli ai bordi delle strade. Si mischiano ai senzatetto che mendicano sui marciapiedi, dietro a un volto segnato da una sorte schifosa che non ha niente a che fare con il gioco più bello al mondo: dimenticati da tutti prima ancora di diventare qualcuno.

Il business che gira dietro all'arrivo dei baby-fenomeni del pallone in Europa è altissimo, basti pensare ai 20 milioni spesi dal Milan nel 2007 per Pato. E molto spesso ad arrivare nelle società calcistiche sono veri e propri bambini, come quel Leo Messi che approdò nella cantera blaugrana a soli 13 anni: troppo pochi per cambiare casa, Stato, Continente, vita? Lui comunque ha avuto, e ha tutt'ora, una carriera sfavillante che non fa sorgere dubbi. Ma non tutti condividono, ahimè, il suo destino. Anzi.

Di questi giovani nessuna parla, come se dall'America Latina o dall'Africa arrivassero solo le stelle che tutti noi conosciamo sulle pagine dei giornali. Non è così e nessuno ha mai visto i volti delle migliaia di Nigeriani che ogni anno lasciano la propria casa per inseguire le promesse di fantomatici talent scout, bravi a promettergli un contratto in qualche squadra turca: secondo Jean Claude Mbvoumin, fondatore dell’associazione di beneficenza Foot solidaire, sono circa 15mila i giovani africani che ogni anno emigrano inseguendo queste false promesse.

Il fotografo Jason Andrew ha raccontato le storie di queste persone, disposte a pagare fino a 5.000 dollari pur di intraprendere il viaggio, nel suo progetto “Black diamonds”: tutti finiscono abbandonati per strada, a doversela cavare in uno Stato che non conoscono e finendo per fare i lavori più disparati, finendo facilmente in mano ad altri sfruttatori. I più fortunati riescono a tornare in Africa, in un viaggio a ritroso su quei piedi che dovevano calcare i manti erbosi degli stadi. Invece calpestano la terra arida e amara come l'inganno.

Altri finiscono in Asia, nel Laos: il Champasak Unitedha fatto arrivare 23 ragazzini dalla Liberia con la promessa di farli allenare in un’accademia di calcio - ha scritto nel luglio dell'anno scorso Internazionale, riportando un'inchiesta della BBC - Hanno fatto firmare loro un contratto che includeva stipendio, vitto e alloggio, ma una volta arrivati la situazione era molto diversa: nessuna paga, materassi buttati a terra negli spogliatoi dello stadio, igiene e pasti scarsi”. Dietro a tutto ciò ci sarebbe il giocatore liberiano Alex Karmo, ex Presidente della squadra, di cui tanti giovani si sono fidati.

In un'intervista al Tribune De Genevè per commentare quest'ultima scoperta, Mbvoumin ha dichiarato: “All'inizio del nostro lavoro, quindici anni fa, avevamo a che fare con individui corrotti reclutati nel continente africano, casi relativamente isolati. Ora è un sistema istituzionalizzato di reclutamento dei bambini, con la proliferazione di accademie calcistiche di lavoro senza alcun controllo, anche grandi club sono coinvolti in questo traffico. (…) Oggi, l'Asia, il Medio Oriente ed Europa dell'Est stanno diventando importanti paesi di reclutamento molto giovani talenti, rendendo la situazione ancora più diffusa”.

Sul fenomeno, raccontando le migrazioni in partenza sia dal Sud America che dall'Africa, ha scritto anche il giornalista cileno Juan Pablo Meneses, nel suo ultimo libro “Niños Futbolistas”, fatto tradurre in Italia dall'Associazione Italiana Calciatori ed edito da Goal Book: “In questo viaggio – ha scritto Stefano Scacchi su Repubblica - Meneses incontra personaggi molto noti nel mondo del calcio, su tutti Guillermo Coppola, lo storico agente di Maradona. (...) Sullo sfondo i grandi club europei che allungano i loro tentacoli oltre Atlantico con un network sempre più ramificato di scuole calcio utili a setacciare talenti.

Le regole della FIFA in materia di tesseramento, e ancora di più di spostamento da un Paese all'altro, di calciatori minorenni sono rigide: “Sin dal settembre 2001 – ha scritto Arnaldo Levato su Gianlucadimarzio.com - la tutela dei minori ha rappresentato uno dei caposaldi del “Regolamento sullo status e sui trasferimenti dei calciatori” che è stata inserita tra i principi fondamentali dell’accordo stipulato nel marzo del 2001 tra FIFA/UEFA e la Commissione Europea”.

Di regola, secondo l'art.19, il trasferimento sarebbe permesso solo ai calciatori maggiorenni, con delle eccezioni: in caso di trasferimento tra due società delle quali almeno una è affiliata ad una Federazione non appartenente all’Unione Europea, è necessario che la famiglia dello stesso si trasferisca nella Nazione della società acquirente e per motivi che siano indipendenti dal calcio; in caso di trasferimenti all'interno del territorio della Comunità europea Union (EU) o Spazio economico europeo (SEE) il trasferimento del calciatore ancora minorenne è consentito se lo stesso ha un’età compresa tra i sedici ed i diciotto anni, con l'obbligo per la società di destinazione a garantire al ragazzo un'adeguata formazione sportiva e scolastica.

C'è poi l'ipotesi in cui il calciatore, ancora minorenne, abbia la residenza ad una distanza inferiore a 50 chilometri dal confine nazionale e la distanza tra la residenza del calciatore e la sede della società non superi i 100 chilometri: allora l'atleta dovrà continuare ad abitare nel proprio domicilio e le due Federazioni interessate dovranno dare il loro esplicito consenso. “Il mancato rispetto – continua Levato - delle regole per il tesseramento dei minori è costato al Barcellona la chiusura delle operazioni di mercato fino al gennaio del 2016 e una multa di 374 mila euro”.

Ciò che si nasconde dietro a tutto ciò è solo una delle numerose declinazioni della tratta di esseri umani: adolescenze stroncate con favole destinate a svelarsi nel proprio marciume, vite segnate per sempre anche se riusciranno a tornare a casa. Perché cosa le aspetterà dopo? Potranno ancora sognare? A che scopo? Il loro posto sarà rimpiazzato da qualche altro sventurato ragazzino, che fa la fame in qualche periferia degradata soppravvivendo grazie anche al pallone: quando gli toglieranno anche questo, insieme a tutti i soldi che poteva mai avere, che senso ha sperare in un domani migliore?

Le immagini spettacolari dei vari Ronaldinho, Eto'o e tantissimi altri sono solo la punta dell'iceberg: sotto di loro brasiliani, argentini, nigeriani, ivoriani tentano il salto, armati di ali di cera. Sarebbe il caso che li ricordassimo più spesso, quando commentiamo la notizia dell'ultimo fenomeno non ancora maggiorenne, acquistato per una cifra folle da un top club europeo: “uno su mille ce la fa” cantava Morandi e il problema sono proprio gli altri 999. Dimenticati su una panchina delle nostre città, senza nemmeno più il pallone tra i piedi.

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About the author
Timothy Dissegna
Scienze Internazionali Diplomatiche a Gorizia, arbitro di calcio, inguaribile grafomane convertito al digitale. Vivo in Friuli, amo il calcio e raccontarlo, guardando i complessi meccanismi che uniscono sport e società.