Calcio e comunismo nella Nazionale dei due Continenti

Debuttò già negli anni '20 ma la squadra dell'Unione Sovietica partecipò alle competizioni internazionali solo dopo la morte di Stalin. Da allora fu tra le protagoniste del calcio mondiale, fino alla sua divisione.

Calcio e comunismo nella Nazionale dei due Continenti
La Nazionale dell'URSS in festa dopo la vittoria dell'Europeo nel 1960
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Di Timothy Dissegna

Calcio e comunismo: dal 1917 fino all'ultimo decennio del XX secolo, le due cose andavano a braccetto nell'Europa Orientale. Certo, lo sport non fu una delle preoccupazioni principali di Lenin all'indomani della Rivoluzione d'Ottobre e bisognerà aspettare il secondo dopoguerra per vedere la nazionale sovietica giocare nelle varie competizioni internazionali. Ma il ruolo che questa ebbe nel mondo del football non è comunque da dimenticare.

Il suo esordio è datato 18 settembre 1923, con la vittoria per 4-2 in casa dell'Estonia: all'epoca la squadra rappresentava infatti solo la Repubblica Socialista Federativa Sovietica Russa, per cui tutte le altre repubbliche satelliti possedevano una loro Nazionale. L'accorpamento avvenne un'anno dopo, con il debutto a Mosca contro la Turchia (proprio un'avversaria a caso…), il 16 novembre: finirà 3-0 per i comunisti.

Poi scoppiò la Seconda Guerra Mondiale e la chiamata alle armi prevalse a quella allo stadio. Si ritornò a giocare al Mondiale in Svezia del 1958: fino ad allora l'URSS si era tenuta lontana da una competizione a cui partecipavano Paesi capitalisti, soprattutto se tenuta in Paesi retti da governi orientati molto a destra, come il Brasile del '50 se non addirittura l'Italia del '34. Dopo la morte di Stalin nel '53 si capì bene che si poteva usare lo sport come metafora della “gloriosa nazione socialista”, a fini propagandistici (come tanti altri Stati occidentali, peraltro).

Non fu un'edizione particolarmente sensazionale per “l'Armata Rossa”: nei gironi si ritrovò faccia a faccia con il Brasile del giovanissimo Pelè, perdendo 2-0. Arrivata ai quarti, venne eliminata dalla Svezia, sempre per 2-0. Di quell'anno rimarrà anche lo smacco della sconfitta più pesante della sua storia, con un sonoro 5-0 rifilato dall'Inghilterra a Londra: un'onta difficile da dimenticare, ma in fin dei conti un incidente di percorso.

Perché da quelle ceneri emersero giocatori destinati a lasciare la loro impronta nel football: tra questi, c'era anche uno dei più grandi portieri di tutti i tempi, il "ragno nero" Lev Jašin, l'unico finora a vincere il Pallone d'oro. E pensare che aveva iniziato a lavorare a 12 anni nell'industria pesante, durante la guerra: nel 1960 arriverà sul tetto d'Europa con tutti gli altri compagni, nella prima edizione in assoluto dell'Europeo, vincendo in finale controi “compagni” jugoslavi. Arriverà poi seconda nel torneo per altre tre volte ('64, '72 e '88), non riuscendo mai a ripetersi.

I governi dell'URSS si succedettero, così come i grandi nomi all'interno della Nazionale, fino ad arrivare all'inizio degli anni '90: un anno prima era caduto il Muro di Berlino, ma il Paese comunista resisteva ancora, o quasi. Nel 1991, l'Unione Sovietica iniziò a sgretolarsi sempre più velocemente, tant'è che a inizio novembre la Nazionale giocò la sua ultima partita, contro Cipro. Ottenuto l'accesso a Euro92, vi partecipò la Nazionale di calcio della Comunità degli Stati Indipendenti (CSI), composta dalle ex repubbliche sovietiche tranne Lituania, Estonia e Lettonia, che avevano già dichiarato la loro indipendenza, e la Georgia.

Già prima di quell'anno, comunque, diversi Stati avevano optato per creare delle proprie rappresentative: Georgia e Lituania nel 1990; Estonia e Lettonia nel '91; Armenia, Azerbaigian, Bielorussia, Kazakistan, Kirghizistan, Moldavia, Tagikistan, Turkmenistan, Ucraina, Uzbekistan e la stessa Russia nel '92. Quest'ultima Nazionale è l'unica riconosciuta dalla FIFA come erede sportiva dell'URSS.

L'edizione dell'Europeo del 1992 fu, oltre per la presenza della CSI, un'edizione fortemente caraterizzata dai terremoti politici che stavano colpendo tutto il Vecchio Continente: la Jugoslavia era stata esclusa dalla competizione a seguito della guerra civile scoppiata recentemente e, al suo posto, venne ripescata la Danimarca, futura vincitrice a sorpresa su una Germania per la prima volta unita, anche nel calcio. Il cammino dell'ex formazione sovietica fu breve, terminando già ai gironi con due miseri punti.

È interessante notare, infine, che ben 5 squadre che formarono la CSI non erano né sono tutt'ora associate all'UEFA: il Kazakistan (fino al 2002), Kirghizistan, Tagikistan, Turkmenistan e Uzbekistan fanno riferimento infatti all'AFC, la federazione calcistica asiatica. Fu quindi una squadra transcontinentale nel vero senso della parola, oggi in larga parte dispersa tra i vari Staterelli sparsi dal Caucaso fino allo stretto di Bering, con un passato glorioso e un futuro ancora tutto da definire. 

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About the author
Timothy Dissegna
Scienze Internazionali Diplomatiche a Gorizia, arbitro di calcio, inguaribile grafomane convertito al digitale. Vivo in Friuli, amo il calcio e raccontarlo, guardando i complessi meccanismi che uniscono sport e società.