L'ultima immagine della notte di Coppa riporta all'antichità, quando nei giochi di guerra, il combattente, vincitore, mostrava, nudo, la propria forza. Neymar Jr si toglie la maglietta e sotto la curva, espone il fisico, statuario. Il simbolo della grandezza. Il brasiliano, in contropiede, a recupero ultimato, segna il gol numero tre, infilando con una rasoiata Buffon, punendo l'assalto bianconero.
In questo ricordo, c'è la forza della Juve, perché fino al triplice fischio la squadra di Allegri riesce a tenere aperta la porta della vittoria. Non una cosa prevedibile al via. Invece, per determinati frangenti, c'è partita. Il Barcellona è superiore, perché gioca al calcio come nessuna squadra al Mondo. L'inizio dei due tempi è emblematico. Palla a terra, movimenti sincronizzati, spauracchi che si presentano, con preoccupante facilità, al cospetto di un Buffon formato Mundial.
Colpita a freddo, evidentemente in imbarazzo, la Juve ha la forza di reagire, sfruttando l'aiuto del Barcellona, che si ferma e si guarda. Il Barca arretra e si affida a un palleggio stantio, che puzza di vecchio. I bianconeri intuiscono che se salta la prima linea del pressing catalano, si può fare male, perché ci sono spazi in cui affondare. Manca un pizzico di tranquillità, di cinismo.
Il pari arriva, da un'idea di Marchisio, da un tap in di Morata. Luis Enrique si alza subito per incoraggiare i suoi, intuisce il pericolo. Pogba cade in area, episodio dubbio e svolta alla partita, perché la Juve perde le coordinate dei reparti e subisce la furia di Messi. 45 minuti in naftalina, poi un secondo tempo elettrico. Accelerazione, conclusione velenosa, Buffon così così, Suarez un falco. Il secondo montante fa male. Il finale è di nervi, un assalto senza giuste idee.
L'uomo verde, con la cresta, gonfia il petto, è giovane, vince il Barcellona di Neymar, è giusto così, hanno vinto i più forti, ma è bello vedere i vinti onorare una finale, giocarsela, anche partendo dai blocchi in ritardo.