3-0 y a Wembley. "Marca" titola così a tutta pagina oggi. Al Santiago Bernabeu l'imperativo è crederci, anche se i 90 minuti dell'andata hanno restituito un quadro lontano anni luce dall'ottimismo pallonaro iberico. In due giorni la Spagna è chiamata a due rimonte impossibili, a cominciare da Real Madrid-Borussia Dortmund di stasera. E l'impressione, nonostante il risultato dell'andata al Westfalenstadion sia il più favorevole - se così si può definire un 4-1 - è che a mettere di più sul piatto siano proprio i blancos.

Il sogno di una nuova era targata Mourinho potrebbe finire stasera, con in bacheca un campionato, una coppa ed una supercoppa di Spagna. Non un magro bottino, ma le due eliminazioni in semifinale in altrettante partecipazioni alla Champions League pesano come un macigno sull'ego del portoghese e sul palmarès degli uomini in camiseta blanca. Il terzo ko ad un passo dalla finale potrebbe sancire l'addio tra il binomio stellare Special One-(ex) galacticos.

Il Real in Champions: dal titolo del 2002 al progressivo declino

Una remuntada dalle proporzioni così massicce il Real l'ha ottenuta solo una volta nella propria storia. Era il 1985, il trofeo era l'allora coppa Uefa e l'avversario un Anderlecht ben più temibile di quello attuale, ma lontano anni luce dalla solidità e concretezza del Borussia targato Jürgen Klopp. Al Real Moudrid servono gol pesanti e veloci, ma la partita d'andata è una ferita ancora lungi dal rimarginarsi. Le incertezze difensive, l'incapacità di Pepe di tenere testa ad un debordante Lewandowski, il gol arrivato solo su un retropassaggio suicida di Hummels, l'incapacità di fare gioco nella zona nevralgica della partita: troppi i fattori che gli spagnoli dovranno ribaltare, senza concedere nulla all'avversario. Il mismatch qualitativo nella zona mediana, sulla carta a favore del Real, è stato soffocato dal pressing asfissiante imposto da Klopp, nonché dalla tecnicamente basilare ma velocissima circolazione di palla operata da Bender, Gungodan e Gotze. Il cigno blancos è finito nella gabbia, incapace di sbattere le ali e spiccare il volo.

Mourinho dovrà fare a meno di Marcelo e Arbeloa e proverà a giocare di nuovo la carta Essien sulla destra, scelta vincente contro il Galatasaray. Pepe, dopo essere stato annichilito da Lewandowski all'andata, finirà in panchina e ad affiancare Sergio Ramos ci sarà Varane, con Coentrao largo a sinistra. Nulla o quasi dovrebbe cambiare da metà campo in su: Khedira e Xabi Alonso davanti alla difesa, il trio Ronaldo-Ozil-Di Maria (in campo dal primo minuto, a differenza dell'andata quando, per il ritorno in Spagna dovuto alla nascita del figlio, all'argentino furono concessi poco più di 20 minuti a risultato già acquisito) alle spalle di Higuain. La speranza sembra essere affidata più al cuore che ai piedi. Troppo netta la differenza di ritmo e concentrazione mostrata nei primi 90 minuti da poter essere giustificata con una serata storta dei madrileni. La bolgia del Santiago Bernabeu dovrà fare la differenza più dei propri uomini. Testa bassa, un gol nella prima mezz'ora e poi scatenare l'inferno. Per una volta, a quel paese i ricami d'autore.

«Nella maggior parte dei club i successi sono merito di tutti e gli insuccessi sono colpa dell'allenatore. Certe volte il calcio è ingiusto con una squadra - ha chiosato Mourinho in conferenza stampa - ma a Dortmund non è andata così e il Borussia ha meritato la vittoria. Abbiamo giocato male ed è difficile credere che lo rifaremo ancora. Voglio che i miei giocatori mostrino la loro forza mentale. Dovranno divertirsi in campo, ma dovremo giocarcela minuto dopo minuto e gol dopo gol fino all'ultimo respiro».
Il possibile addio dello Special One a fine stagione, mai esplicitamente toccato ma da molti addirittura auspicato in caso di eliminazione - dopo un'annata di forti tensioni all'interno dello spogliatoio - passa attraverso il personalismo dell'ultima dichiarazione: «Se non vincerò la Champions League, per me non cambierà nulla. Ci sono molti tecnici che non ci sono mai riusciti, perciò devo ringraziare Dio per avermi concesso due trionfi». Mourinho scaccia le ombre dalla propria figura, non dal progetto Real. Stasera al Bernabeu gli occhi saranno puntati tutti su di lui. Novanta minuti per entrare nella leggenda o per diventare l'ennesima meteora di passaggio, da uno scudetto e poco più prima dell'addio. E lo Special One rimarrà solo un ricordo. Amato o odiato, ma probabilmente più vivo di quello degli Special Eleven che scenderanno in campo stasera.
PROBABILI FORMAZIONI