E' la Cinderella del torneo, Loyola-Chicago si è presentata al nastro di partenza del Torneo come la 'vittima sacrificale' di college ben più blasonati, ed invece, ce la ritroviamo ancora qui, pronta a dare battaglia nelle Final Four di San Antonio. Conosciamo più a fondo la bella realtà dei Ramblers, i quali si sono spinti così in alto già in un'altra occasione, nel 1963, quando riuscirono addirittura a trionfare, ovviamente sempre contro ogni pronostico.

LA STAGIONE - Poche le battute a vuoto in regular season. Nella Missouri Valley, Loyola-Chicago ha lasciato le briciole agli avversari, riuscendo a vincere ben 32 partite su 38 disputate. Qualcosa lo si era già intravisto a cavallo tra il 2017 ed il 2018, menzioniamo la brillante vittoria che i Ramblers hanno conquistato in casa dei Florida Gators, avversario ben più quotato. Sono in striscia vincente da ben 14 partite, e non conoscono l'amaro sapore di una sconfitta addirittura dal 1 febbraio.

LA MARCH MADNESS DEI RAMBLERS - Un lungo percorso, e non potrebbe essere altrimenti per una squadra giunta alle Final Four. In successione, Miami, Tennessee, Nevada e Kansas State le squadre estromesse dal tabellone dagli spietati Ramblers. Una dopo l'altra, sono crollate tutte ai piedi della Cinderella Loyola, in gare tutte equilibratissime tranne quella delle Elight Eight, dove la squadra di coach Porter Moser ha dominato in lungo ed in largo i Wildcats. I primi tre turni potrebbero tranquillamente essere racchiusi in una pellicola, dalle quali fare un film. Gare bellissime, tirate, decise da Loyola nei secondi finali, propio come vuole, da tradizione, la March Madness, il torneo più pazzo al mondo. Donte Ingram (vs Miami), Clayton Custer (vs Tennessee) e Marques Townes (vs Nevada) i 'tagliagola', i protagonisti dei canestri risolutivi.

Fonte: Loyola-Chicago Twitter
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LA RINASCITA DI COACH PORTER MOSER - La sua seconda vita (e che vita) professionale è in atto. Si è gettato ufficialmente alle spalle la brutta parentesi di Illinois State, culminata con un allontanamento che avrebbe potuto minarne definitivamente la carriera, ed invece Moser, carattere duro, al timone di Loyola-Chicago da cinque anni, ha suggellato con questa splendida cavalcata la sua rinascita. D'altronde, 'chi la dura la vince'. Ha saputo plasmare a sua immagine e somiglianza una squadra che ormai lo segue in tutto e per tutto, gioca insieme da anni ed esegue benissimo ogni fondamentale del gioco, ha saputo crescere assieme negli anni ed ora ne raccoglie i meritati dividendi.

IL GRUPPO VERO PUNTO DI FORZA - Loyola-Chicago ha un solo punto di forza, ed è il gruppo. Nel roster non ci sono stelline in procinto di dichiararsi eleggibili al prossimo Draft, ma tutti buoni giocatori, ognuno dei quali in grado di apportare il giusto equilibrio su entrambi i lati del campo. L'attacco dei Ramblers è molto paziente, in grado di coinvolgere tutti e 5 i giocatori impegnati di volta in volta sul parquet. Sempre alla ricerca dell'uomo libero, del miglior tiro da prendere. La difesa, poi, è molto aggressiva, sia sul portatore di palla avversario, che sul perimetro. Sono appena 63.5 i punti subiti in media in questo Torneo. Se proprio dobbiamo citare il cuore pulsante della squadra, facciamo il nome di Clayton Custer, lui è l'indiziato a portar palla ed iniziare tutti i giochi offensivi della 'Cenerentola'. E' anche un buon assist-man, poichè è accompagnato da una buona visione di gioco. Ben Richardson e Marques Towns rappresentano un'ottima coppia di esterni, dotati di buon gioco sia con la palla in mano che non (Richardson e Custer sono amici per la pelle, si conoscono dai tempi dell’asilo e hanno praticamente sempre giocato insieme, altra bella storia). Donte Ingram è invece il senior della squadra, una point forward molto versatile dotata di buon atletismo. Oltre ad avere in dote una media di 11.3 punti di media, è anche il miglior rimbalzista, con 6.3 carambole acciuffate ad allacciata di scarpe. Sotto canestro ha la residenza Cameron Krutwig, matricola capace di ritagliarsi grande spazio grazie al suo sacrificio ed al saper essere efficace sia in attacco che in difesa, seppur non lo accompagni un fisico propriamente da atleta. Sembra di rivedere in lui i centroni Nba degli anni '80. Dalla panchina escono in due o massimo tre, circoletto rosso intorno al nome di Aundre Jackson, capace di segnare tanti punti seppur sia impiegato meno di 20' a partita. Tutti ingrdienti che mixati nel modo giusto, con parsimonia da coach Moser, hanno reso realtà la vittoria del 'South Regional' e l'approdo tra le 'magnifiche 4'.

Fonte: Loyola-Chicago Twitter
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IL TALISMANO - Jean Dolores-Schmidt, un nome a noi tutti sconosciuto fino a tre settimane fa. E' la cappellana della squadra da quasi un quarto di secolo, una suora 98enne che lavora come consulente spirituale della squadra. Con le vittorie della sua Loyola, è salita alla ribalta, e la 'nonnina' è finita sulle prime pagine sportive americane. Non si perde neanche una gara dei suoi Ramblers, e non perde occasione di caricare a suo modo con preghiere e rituali religiosi i ragazzi prima di ogni singola esibizione. Alla CNN, a chi gli ha chiesto se si sentisse ormai una celebrità nazionale, gli ha così risposto: "No, non diciamo sciocchezze, io mi sento una celebrità internazionale". Mettiamo il dito sul fuoco che 'Sister Jean' finirà nella sigla di "One Shining Moment” del Torneo 2018.

Fonte: Loyola-Chicago Twitter
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