Con il torneo NCAA ai blocchi di partenza, continua il percorso di VAVEL Italia attraverso i prospetti più interessanti di questa stagione di college basketball, come sempre strizzando l’occhio anche al futuro Draft NBA. A tal proposito, infatti, impossibile ignorare la prepotentissima candidatura di Michael Porter Jr.

A suo modo figlio d’arte (papà Michael Sr. è assistant coach), Porter nasce nel 1998 a Columbia, Missouri, dove compie tutto il percorso scolastico sino all’High School, iscrivendosi alla cattolica Father Tolton. Dopo una partentesi a Seattle, per giocare con la Nathan Hale (tra l’altro allenato da Brandon Roy), nella primavera del 2017 MPJ era in cima alle liste di qualsiasi scout universitario degli Stati Uniti. Inizialmente, tra le mille offerte pervenutegli, Porter Jr. aveva scelto l’università di Washington, dove il padre ricopriva il ruolo da assistant coach.  Il licenziamento dell’allenatore Lorenzo Romar ha però portato Michael Sr. a spostarsi a casa, nella University of Missouri, e di conseguenza anche il baby-talento di famiglia ha deciso di cambiare rotta, riunendosi tra l’altro anche con il fratello minore Jontay.

La stagione 2017/18 non è stata però delle più fortunate: nella prima metà di partita dell’esordio stagionale, contro Iowa State, Porter Jr. si è fermato per un problema alla schiena, poi rivelatosi più complicato del previsto: operazione di microdiscectomia necessaria per un’ernia e stagione sostanzialmente compromessa. Il rientro in campo è arrivato solo lo scorso 8 marzo, per l’ultima gara di regular season persa dai suoi Tigers contro Georgia, in cui ha piazzato 12 punti ed 8 rimbalzi. Non avendo riscontri oggettivi per questa stagione, basta guardare le medie dell’ultimo anno in High School per avere uno spaccato delle possibilità di questo ragazzo: trentasette punti e quattordici rimbalzi di media (di media!) a partita, con il 52% abbondante dal campo, un clamoroso 23/33 complessivo dall’arco – seppur in 26 gare – ed il 93% di liberi trasformati. Ovviamente, con numeri del genere, impossibile non fare incetta di premi: tre diversi onori come giocatore dell’anno 2017 (USA Today, Gatorade, Naismith Prep) e la palma di MVP del McDonalds All-American. Ora, in quella che sicuramente sarà la sua prima ed ultima esperienza di College Basketball, ha il compito di portare più avanti possibile nella March Madness la sua Missouri, che arriva da testa di serie numero 8 ad Ovest ed affronterà Florida State (9) all’esordio, rischiando poi però di scontrarsi subito con la numero 1 di Xavier.

Porter Jr. è il prototipo dell’esterno moderno: la capacità fisiche sono spaventose, con una muscolatura quasi perfetta distribuita in 96 kg su 208 centimetri, ma ancora più incredibile è l’uso che il talento di Missouri riesce a farne. Il suo attacco, difatti, non sembra avere punti deboli: la capacità di guidare la transizione è da playmaker puro, le scelte di tiro estremamente oculate, ma soprattutto la mano è educatissima, sia nel portare a spasso la palla che nel centrare il canestro. Dall’arco, dalla media, in penetrazione: Porter è capace di segnare ovunque ed in qualsiasi situazione. La sua abilità nell'arrivare come un treno a schiacciare, sia in transizione che a difesa schierata, spinge costantemente gli avversari a difenderlo a debita distanza: di conseguenza, l’ex-Hale ha sviluppato un temibilissimo tiro perimetrale, anche da distanza NBA, tanto dal palleggio quando sugli scarichi. Per rapidità e controllo del corpo, Porter Jr. rischia di impattare la lega professionistica migliore del mondo come un tuono, senza contare il fatto che gli amanti dello Slam Dunk Contest potranno già iniziare a leccarsi i baffi guardando gli infiniti mixtape delle sue incredibili schiacciate su YouTube.

Anche difensivamente, l’esplosività di Porter si fa sentire: incredibile la capacità di arrivare, pur una volta battuto in palleggio, ad inchiodare la stoppata contro la penetrazione avversaria, oltre all’ottimo uso delle leve per la difesa tanto perimetrale quanto del pitturato lo rende un avversario temibile.
Andando a voler trovare qualche difetto, il nativo di Columbia può migliorare ancora tanto la sua, comunque buona, capacità di passatore, soprattutto dal punto di vista delle scelte quando è lui a guidare la transizione, ma in NBA avrà sicuramente tutto il tempo necessario per far fiorire anche questo aspetto del suo gioco. Un occhio di riguardo dovrà essere rivolto anche alle condizioni della sua schiena, reduce da un tipo di infortunio che non di rado lascia strascichi, acciacchi e problemi a lungo termine: molto sulle sue condizioni ci verrà detto dall’imminente torneo NCAA.

Sbilanciandosi il giusto e parlando di suoi quasi coetanei, in Porter Jr. sembra esserci un po’ di Ben Simmons, un po’ di Tatum ed un po’ di Wiggins: un mix potenzialmente mortifero, che, non a caso, lo fa schizzare in cima a tutti i Mock Drafts nonostante i soli 21 minuti giocati in stagione.  La sua chiamata tra le prime 3 del primo giro non sembra in discussione: tanti gli occhi addosso, da quelli di Sacramento a quelli di Orlando, passando per Atlanta e Dallas. Con il nuovo sistema della lottery, tanto dipenderà dall’ordine di chiamata, ma in un draft così ricco le previsioni rischiano di essere mandate all’aria da qualsiasi minimo colpo di scena. Inutile comunque ipotizzare l’inserimento in questo o in quel quintetto, con questo o quel gioco: MPJ è il classico giocatore su cui puntare per costruire una legacy duratura, soprattutto se circondato da altri talenti importanti in prospettiva (come ad esempio Bogdanovic ai Kings, Gordon ad Orlando o Schroder agli Hawks) e in un ambiente con poca pressione come quello di una franchigia senza ambizioni di alta classifica nel futuro imminente. Per dirla come si usa oltreoceano, potremmo essere davvero di fronte a The Next Big Thing del basket mondiale.