Continua il nostro viaggio che vi porta a conoscere i possibili principali protagonisti della fase finale del Torneo Ncaa, la March Madness 2018. Vavel Italia, a questo giro, si concentra su Trae Young, punta di diamante degli Oklahoma Sooners, di professione playmaker. L’impatto in NCAA avuto da Young è stato tanto travolgente quanto inaspettato. In una stagione che vedeva ai nastri di partenza un’ottima classe di freshman - ne citiamo solo un paio, Marvin Bagley e DeAndre Ayton - il ragazzo di Lubbock (Texas) si è messo in mostra, facendosi conoscere per le sue grandi abilità offensive, skills di alto livello più facili da trovare in un giocatore professionista che non in uno al primo anno di college, insomma, alle prime armi.
Young è quel tipo di giocatore al quale non puoi concedere mezzo millimetro di spazio, un briciolo di libertà, perchè ti punisce. Sa creare dal palleggio, ed ha anche un'ottima visione di gioco, cosa che ne rende anche un buon passatore. Quando c'è stato da cambiare ritmo, Oklahoma si è sempre affidata a lui, le sue 'trenate' hanno fatto male agli avversari, perlomeno fino alla fine di gennaio, periodo nel quale ha iniziato ad eclissarsi, come tra l'altro tutto il resto dei Sooners.
Nelle prime 21 partite della regular season, infatti, Young ha viaggiato su cifre sbalorditive: 30.3 ppg 9.5 assist, 45.2% dal campo, 40.9% da 3 (da menzionare, doverosamente, la magnifica prestazione con la quale da solo o quasi affossò Oregon, 43 punti e 7 assist alla quinta stagionale ed i 48 ed 8 assist nel derby contro Oklahoma State), mentre nelle successive dieci, il numero 11 di Oklahoma è stato messo al guinzaglio, ed il suo rendimento è calato di botto: 21.2 ppg, 7.1 assist, 35.0% dal campo, 25.5% da 3. Vi chiederete quale sia il vero Trae Young, noi non ci sbilanciamo più di tanto, ma volendo trovare una risposta, lo ipotizziamo nel mezzo. Ha tanti punti nelle mani, un range di tiro molto esteso, spesso però ne abusa, quando al posto di concludere a canestro potrebbe coinvolgere maggiormente i suoi compagni. Durante il suo 'magic moment', Bill Simmons, controverso guru della prosa sportiva americana, ha addirittura affermato che il classe 1998 in questione sarebbe il prodotto finale di ciò che uscirebbe se Steve Nash e Steph Curry si accoppiassero e facessero un figlio. E' stata la facilità con cui ha macinato attacco nella prima fase della RS che ci ha lasciato sconvolti. Padronanza assoluta dei fondamentali offensivi, attacca il ferro a meraviglia, guadagnandosi falli e grappoli di tiri liberi.
Dovrà lavorare sul fisico, ancora troppo esile per pensare di tenere botta al piano di sopra tra i pro. Supera a fatica il metro e ottanta. Ha braccia magrissime. Carica il tiro dal petto. E' non è un mostro di atletismo. Anche la difesa non è il suo forte, tende a comunicare poco con il resto della squadra, estraneandosi in alcune fasi del gioco, specie quando c'è da stringere i denti e chiudere i rubinetti avversari nei momenti clutch delle contese. Palla in mano, come detto, è davvero un bel vedere, anche se troppo spesso preferisce la giocata spettacolare e finisce per commettere qualche turnover di troppo. Da migliorare, invece, il suo modo di giocare a palla lontana.
Ad inizio stagione, da tutti era considerato come un prospetto da secondo giro al Draft, poi con Oklahoma in grande spolvero a cavallo tra la fine del 2017 e l'inizio del 2018, alcuni mock Draft lo hanno innalzato fino ad una possibile top 3. Ad oggi, con i Sooners che hanno dovuto far ricorso alla Selection Sunday per trovare posto nel tabellone della March Madness, il nativo di Lubbock si attesta intorno alla settima-ottava scelta, quindi fuori dalla Top Five. Considerando che il freshman non era proiettato neanche per essere uno dei migliori 15 secondo testate specializzate come ESPN (numero 23 nel loro ranking), Rivals (16) e 247sports (23), la stagione di Trae va considerata più che positiva. Oklahoma si aggrapperà a lui, nelle prossime settimane, sperando che il college possa 'ballare' il più possibile alla fase finale del Torneo 2018.