Continua il viaggio di Vavel Italia tra i protagonisti dell'imminente March Madness 2018, il torneo finale dell'NCAA dove le più grandi stelle del college basketball si sfidano per vincere il prestigioso titolo e scalare posizione al draft NBA. Come risaputo, il prossimo draft è davvero ricco a livello di talento, soprattutto tra i lunghi. Abbiamo già parlato di Mohamed Bamba e di Wendell Carter Jr, ora tocca al compagno di quest'ultimo: Marvin Bagley III.
"He's just unique", ha parlato così di lui Coach K, lo storico allenatore di Duke. Un'investitura del genere non è cosa da poco, soprattutto se arriva da chi di talenti se ne intende e ne sgrezzati molti, ma è pienamente meritata. Il ragazzone di Temple, Arizona, sta distruggendo ogni qualsivoglia record stabilito nella storia dei Blue Devils abbinando alla sua stazza fisica una qualità impressionante. La storia di Bagley è ormai nota agli appassionati e di lui si parla da quando aveva quattordici anni, cinque anni fa, e frequentava la high school. Già allora i talent scout dei college lo notarono e addirittura Northern Arizona ed Arizona State gli offrirono una borsa di studio - quattordici anni, ricordiamolo - per inserirlo nella propria squadra e provare a fare il salto di qualità. Il ragazzo è quindi uno che con i riflettori e le pressioni ci sa fare, tanto che proprio alle high school rilasciava questa dichiarazione: "Non mi interessa dell'hype attorno a me. Quando entro in campo mi concentro sul fare sempre del mio meglio. Non mi interessano le cose fuori dal parquet, quelle arriveranno con il tempo". Idee chiare.
Tanto chiare che le sta rispettando in pieno nel suo anno da Freshman a Durham. Il numero 35 ha vinto il premio di Rookie of the Year dell'ACC e anche il premio di MVP dell'ACC, entrambi meritatissimi a suon di prestazioni mostruose. Una su tutte? Quella del 30 dicembre contro Florida State: 32 punti, 21 rimbalzi. Quinto nella storia a saper realizzare un 20+20 in stagione, l'unico a fare un 30+20. Bagley domina ed impressiona dall'alto dei suoi 211 centimetri, ma buona parte del merito di questo dominio va a suo padre che lo ha costretto a sviluppare delle skill offensive da manuale facendolo girovagare per varie scuole, poiché ovviamente superava tutti i coetanei per altezza ed i coach lo piazzavano fermo sotto canestro limitandone la crescita. Il ragazzo dell'Arizona ha tecnica, palleggio, atletismo, elevazione e la mano dominante, la sinistra, vellutata.
Le percentuali con cui va al ferro sono micidiali (75%) e non risentono della posizione di partenza, che sia dal gomito o dall'arco o spalle al canestro e le capacità di palleggio lo rendono in grado di condurre perfettamente un contropiede. In transizione non si può fermare. Un giocatore perfetto, direte voi, ma i difetti li hanno tutti e quelli di Bagley non sono nemmeno troppo nascosti.
Il classe '99 ha seri problemi dalla lunetta, tira con il 62%, e dalla media, dove il suo jumper funziona, ma non ancora a ritmi ottimi, così come dall'arco, dove raramente prova qualche conclusione. Il grande problema, però, è in difesa. Il nativo di Temple risulta essere ancora un po' troppo leggero per contenere l'impatto dei lunghi avversari in post basso e l'apertura alare, 215 centimetri, non lo aiuta di certo a difendere il ferro. Altro problema in difesa sono le letture che effettua. Troppo spesso si fa trovare fuori posizione e va in difficoltà sui cambi, lasciando spazio all'avversario che può andare alla conclusione quasi indisturbato. La sua crescita in NBA passerà molto da questi aspetti, soprattutto dalla metà campo difensiva, e migliorare lo aiuterà anche a far capire meglio agli scout dove poterlo utilizzare: ovvero se da 5 o da 4, meglio quest'ultima opzione. Bagley, comunque, non scenderà al dì sotto della top five, a meno di cataclismi in questo pazzo, pazzo Marzo.