Ai piedi, o meglio nelle mani, di Bogdan Bogdanovic. La Serbia di Sasha Djordjevic, orfana tra gli altri di pedine del calibro di Nikola Kalinic, Nemanja Bjelica e soprattutto di Milos Teodosic e Nikola Jokic - quattro quinti del quintetto titolare - si affida all'abbacinante talento della guardia ex Fenerbahce, trasferitosi in estate oltre oceano, nella NBA, dove ad attenderlo c'è la canotta dei Sacramento Kings. Per pensare all'avventura statunitense, tuttavia, ci sarà tempo, perché adesso le attenzioni e le forze del sette serbo sono tutte rivolte al quarto di finale di domani sera che la sua Serbia disputerà contro l'Italia di Ettore Messina. Sfida che vede i balcanici notevolmente favoriti, ma la gara appare tutt'altro che chiusa e già decisa. Anzi. 

La Serbia che si presenta al terz'ultimo atto di EuroBasket 2017 non è affatto la scintillante versione vista nelle edizioni precedenti, soprattutto in Francia a Lille ed in particolar modo a Rio, ai Giochi Olimpici, dove l'argento conquistato è stato il coronamento di un percorso di fisiologica crescita culminato con il miglior risultato di sempre nella manifestazione a cinque cerchi. Detto questo e voltata pagina verso il futuro, la squadra di Djordjevic ha dovuto fare enormemente di necessità virtù, affidandosi come detto all'estro di Bogdanovic ed ai centimetri di Boban Marjanovic, ai quali si uniscono giocatori con esperienza europea - Kuzmic e Macvan su tutti - ed una buona serie di talenti, chi in erba chi meno, che riescono con clamorosa solidità a tenere il campo e mantenere altissima la soglia di concentrazione e qualità della rosa. Aspetto che, non sempre, soprattutto nei momenti di maggiore difficoltà all'interno delle partite, ha pagato i dividendi sperati: spesso, infatti, la mancanza di un leader tecnico e carismatico come Teodosic si è sentita enormemente, con il solo Bogdanovic che nei momenti di fisiologico appannamento ha spesso forzato e perso qualche pallone di troppo facendo calare drasticamente percentuali ed energia della squadra. 

Tuttavia, non è tutto oro quel che luccica e nonostante il primato ottenuto nel girone di Istanbul, il bilancio della squadra di Djordjevic non è così positivo. La sconfitta contro la Russia ha lasciato intravedere qualche crepa nel sistema dell'ex playmaker dell'Olimpia Milano, difensivo ed altresì offensivo. La palla staziona spesso fronte a canestro con troppa insistenza nelle mani del fulcro del gioco serbo, Bogdanovic chiaramente (19 punti di media con il doppio dei tiri presi rispetto al secondo dei compagni), che dal palleggio - arma non propriamente la migliore del suo bagaglio - crea vantaggio in uno contro uno o sugli sviluppi del pick&roll con Marjanovic o chi per lui. Quasi tutti i giochi serbi prevedono queste due soluzioni, usate anche in estrema ratio quando l'azione non viene eseguita come si vorrebbe ed i vantaggi non vengono ottenuti o concretizzati. In tal senso, gli esterni ed il quattro atipico a disposizione di Djordjevic - Macvan per 25 minuti di partita mediamente - sono estremamente efficaci nel trarre vantaggio e mantenerlo sia grazie al tiro dalla distanza che in penetrazione.

Sarà fondamentale per l'Italia guardare a vista anche i vari Lucic, Jovic, Guduric e Milosavljevic, abili nel seguire e nello sfruttare al meglio le iniziative del Deus ex Machina con la maglia numero sette. L'alternativa alle invenzioni dell'ex Fener, è rappresentata quasi esclusivamente dai giochi per il post basso, nel quale sia Kuzmic che chiaramente Marjanovic, approfittano spesso al meglio della loro altezza e della loro stazza, in primis per prendere posizione, successivamente per trarne beneficio e finalizzare in prima persona o scaricare sul perimetro per i compagni meglio smarcati. Centimetri, quelli dei lunghi serbi, che inevitabilmente faranno pendere l'ago della bilancia dalla parte di Djordjevic per quanto riguarda l'aspetto fondamentale dei rimbalzi: ad Atene, al torneo dell'Acropoli, Melli e soci se la cavarono più che discretamente, ma quella sfida fa storia a sé. Insomma, rebus difficile da risolvere quello dell'attacco serbo, ma non impossibile: la Russia ha dimostrato - complice anche la forza di Mozgov e la fisicità dei suoi interpreti - che forzando Bogdanovic ad un numero maggiore di palleggi, fermando la palla ripetutamente, l'efficacia dell'attacco serbo perde esponenzialmente di colpi. 

Non solo. Qualche problema di troppo, di mentalità ed applicazione più che tecnico, per la Serbia anche spalle a canestro, i quali spesso sono sfociati in un atteggiamento blando e svogliato che ha rischiato di compromettere le vittorie contro Lettonia ed Ungheria. Difficile tuttavia aspettarsi una Serbia rilassata in un quarto di finale di un Europeo, ma è un aspetto comunque da tenere in considerazione e che spesso ha condizionato l'esito delle sfide dei balcanici. Muovere la palla velocemente, ribaltare il lato con efficacia e sfruttare la relativa mobilità degli esterni in difesa potrebbero essere il must e le chiavi di volta giuste per scardinare il fortino avversario, il quale nel caso in cui dovesse resistere potrebbe sfruttare l'inerzia per galvanizzarsi ed esaltarsi in transizione, aspetto che l'Italia dovrà essere brava a togliere e frustrare sul nascere onde evitare di alzare vertiginosamente il numero di possessi della sfida. 

La tavola è apparecchiata. La sensazione è che, sebbene sia una sfida chiaramente ostica per l'Italia, quest'ultima non rappresenti un ostacolo insormontabile. Poche ore e lo scopriremo, alla Sinan Erdem Arena sarà la volta dell'Italia di Ettore Messina. Lo spauracchio Bogdanovic è pronto a mettere a ferro e fuoco la difesa azzurra. Ci riuscirà?