Il canovaccio sta ormai diventando ripetitivo. Un'Italia che parte forte, con alte percentuali soprattutto da tre punti, che soffoca l'attacco avversario con la sua difesa, e poi resiste nel secondo tempo a un fisiologico calo nella metà campo offensiva. E' quanto visto e rivisto in questa edizione 2017 di EuroBasket, passata per gli azzurri dalla fase a gironi di Tel Aviv a quella ad eliminazione diretta di Istanbul. Il cambio di scenario non ha modificato però gli equilibri tecnici della squadra del commissario tecnico Ettore Messina, che ha mostrato la stessa fame e voglia di vincere delle partite del Gruppo B. 

Contro la Finlandia dello spauracchio Lauri Markkanen, messo in campo a singhiozzo dall'enigmatico coach Henrik Dettman, l'Italia ha iniziato alla grande sui due lati del campo. Solito movimento di uomini e palla, per costruire un buon tiro, puntualmente mandato a bersaglio prima da Marco Belinelli e poi da Gigi Datome. In difesa organizzazione eccelsa, per distacco la migliore di questa rassegna continentale, sia con un lungo di ruolo come Marco Cusin che con un giocatore di maggiore atletismo come Paul Biligha. Rotazioni continue, scivolamenti individuali perfetti, uno contro uno retti alla grande (eccezionali Melli e Hackett), hanno fatto ben presto capire alla Finlandia che il tempo degli show casalinghi di Helsinki era finito. Limitato Petteri Koponen, altra freccia acuminata dei finnici, scoccata solo nel terzo quarto, gli avversari azzurri sono stati travolti già nel primo periodo, quasi sorpresi di fronte a un'organizzazione difensiva mai fronteggiata nel corso del torneo. E, come spesso capita quando sei frastornato e privo dei tuoi abituali punti di riferimento, ecco subire anche in difesa (non il punto di forza della squadra di Dettman): una Finlandia sballottata a destra e a manca aveva infatti concesso agli azzurri ventisette punti ancora prima del suono della sirena del primo quarto, scavandosi un baratro da cui non sarebbe più riuscita a riemergere. Merito soprattutto di Marco Belinelli, ripetutamente a bersaglio dall'arco, ma favoloso non solo come tiratore, bensì anche come passatore. La capacità del nuovo giocatore dell'Atlanta Hawks di creare qualcosa dal palleggio resta fondamentale per un attacco troppo spesso asfittico come quello italiano, sempre pronto a incappare in lunghi momenti di carestia, come accaduto nel secondo tempo. Il resto lo hanno fatto un chirurgico Datome, specializzatosi anche in stoppate da urlo in difesa, un Niccolò Melli molto più coinvolto e perfetto su Markkanen, e un Daniel Hackett di lotta e di governo, che dalla difesa ha trovato il coraggio per attaccare.

Primi venti minuti troppo belli per essere veri, secondo qualcuno. E' invece nel DNA di questa nazionale avere alti e bassi, picchi clamorosi di rendimento alternati a interi minuti di immobilismo offensivo. Ciò che è accaduto anche ieri, nella seconda frazione, con l'Italia a segnare con il contagocce e la Finlandia a non riuscire ad approfittarne per rientrare, ancora una volta sbattuta contro il muro della difesa azzurra. E' il movimento di uomini e palla la chiave dell'attacco italiano: produce enormi dividendi quando la squadra è fresca e vola sulle ali dell'entusiasmo (in quel caso anche i tiri più improbabili vanno a bersaglio), fa enormi danni quando si ferma. Sì, perchè una volta che le energie vengono a mancare, gli avversari riescono a prenderti le misure, l'Italia cade in momenti di totale annebbiamento, in cui i ventiquattro secondi non vengono usati, come d'abitudine, per trovare un buon tiro, ma piuttosto per portare la palla dal'altra parte del campo, aspettando che qualcuno, nella maggior parte dei casi Belinelli o Datome, levi le castagne dal fuoco della nazionale. Tutto inutile, con i down offensivi azzurri che vengono interrotti ancora da qualche grande giocata in difesa, come una palla rubata (vedi Hackett ieri), una stoppata, oppure un rimbalzo in attacco (come quello afferrato da Biligha allo scadere del terzo quarto). E' un'Italia operaia quella che approda ai quarti di Istanbul, a riposo fino a mercoledì, nell'attesa di conoscere - oggi - il prossimo avversario, che dovrebbe rispondere al nome della Serbia, impegnata contro la non irresistibile Ungheria. Neanche contro i balcanici nulla sarebbe precluso, nella consapevolezza però che partire forte diventa imprescindibile per questa nazionale, mentre essere subito costretti a inseguire potrebbe esporre tutti i limiti di un gruppo in cui il talento non abbonda, a differenza della voglia di vincere.