Archiviata positivamente, con la qualificazione agli ottavi di finale, la prima fase a gironi di EuroBasket 2017, per l'Italia di Ettore Messina è già tempo di primi bilanci e di svariate riflessioni. Inevitabile non partire dal computo dei successi, che supera di una lunghezza quello delle sconfitte. Tre vittorie ottenute all'interno del viaggio allo Yad-Eliyahu che è apparso molto simile ad una serie molto ravvicinata di montagne russe, costellate da picchi di bel gioco e clamorosa solidità alternati a dei cali di concentrazione che hanno rischiato di compromettere la partecipazione degli azzurri alla prossima fase finale dell'Europeo che si terrà ad Istanbul. Vuoti di memoria che adesso, arrivati alla fase ad eliminazione diretta, potrebbero costare carissimi a Belinelli e compagni. 

Eppure l'avventura azzurra era iniziata nel migliore dei modi, con una prestazione di intensità, solidità e personalità marcate contro i padroni di casa di Israele. Dopo un pre-Europeo tutt'altro che esaltante l'approccio mentale e difensivo prima ancora che tecnico e tattico ha sorpreso positivamente tutti. Il lavoro di sacrificio ed abnegazione difensivo, uniti ad una spiccata umiltà da parte di tutti gli interpreti del gruppo ha fatto si che contro i padroni di casa venisse sfoderata una prestazione a dir poco perfetta, culminata con un più venti netto e perentorio. Il buongiorno, tuttavia, stavolta non si è visto dal mattino, perché se nella prima gara l'Italia era risultata praticamente perfetta, con il passare dei giorni e dei rivali, qualche falla nel sistema si è iniziata a vedere, di natura prettamente tecnica più che mentale. I pick&roll di Pustovyi e della sua Ucraina hanno messo in imbarazzo e non poco la retroguardia azzurra, incapace anche nelle giornate successive a trovare contromisure adatte a questo tipo di giocata offensiva dei rivali. Ciò nonostante è arrivata la seconda vittoria del girone, ottenuta in rimonta con maturità e cinismo. 

Alle vittorie ed alle altissime percentuali di tiro avute nelle prime due gare, frutto di un lavoro di squadra certosino e di una circolazione di palla sempre efficace, conseguenza naturale dell'entusiasmo scaturito da un'ottima difesa, hanno fatto da contraltare le due sconfitte di fila contro Lituania e Germania, le quali tuttavia hanno lasciato strascichi diametralmente opposti nell'animo della truppa italiana. Se quella contro i lituani doveva rappresentare un banco di prova per testare le proprie velleità contro una squadra di primissimo livello - e lo ha confermato - quella alla Germania è stata invece la curva più bassa dell'Europeo nostrano. Contro i nordici gli azzurri hanno comunque trovato le giuste contromisure e la giusta lucidità per lavorare ai fianchi la difesa lituana, scardinandola spesso e volentieri e riuscendo a chiudere al crepuscolo della gara con un passivo limitato; di tutt'altra pasta invece la prestazione contro Schroder e soci, abili nello spegnere sul nascere i roventi spiriti azzurri, irretiti dalla difesa sui blocchi della squadra di Fleming e da un'intensità selvaggia che ne ha limitato le potenzialità offensive. La prima serata storta ha rischiato di minare le certezze e di mettere a serissimo rischio mentale le basi solide del castello costruito da Messina in questo mese, ma per fortuna la reazione è stata ancora una volta d'orgoglio e maturità. 

La sfida di ieri alla Georgia, di hitchcockiana risoluzione, ha messo in luce pregi e difetti di una squadra che alterna anche in una singola gara momenti di ottimo basket a picchi opposti di ordinaria follia che, come in questo caso, hanno rischiato di consegnare all'Italia l'accoppiamento con la Slovenia come quarta forza del girone. Invece alle porte c'è la sfida contro la Finlandia di Lauri Markkanen, che gli azzurri hanno già affrontato e superato due volte in amichevole questa estate. Tra le note positive chiaramente i leader emotivi e carismatici del gruppo, Marco Belinelli e Gigi Datome, ai quali si uniscono lo spirito di sacrificio e le qualità individuali di Daniel Hackett, Nicolò Melli e Pietro Aradori, capaci di mettere il proprio marchio su ogni vittoria azzurra. Tante anche le sorprese positive, come l'apporto dalla panchina di Paul Biligha e soprattutto di Ariel Filloy, fondamentale a gara in corso per cambiare ritmo ed intensità alla gara, ma anche per aumentare il potenziale azzurro faccia a canestro. Panchina che, come in queste cinque gare, rappresenterà un altro ago della bilancia di fondamentale importanza ad Istanbul. 

Quella di sabato sarà chiaramente gara a sé, con gli azzurri chiamati a fare tesoro di quelle due gare per provare a trarne beneficio sia tecnicamente che tatticamente. Era un'altra Finlandia, sia chiaro, ma era soprattutto un'altra Italia, la cui applicazione ed umiltà, trovate nel corso del cammino israeliano, potrebbero fare la differenza tra l'accesso ai quarti di finale e l'eliminazione.