La prestazione dell'Italia del Basket contro la Spagna è ancora presente negli occhi di tutti quanti, tifosi e non. Ieri sera si è consumata una delle partite meglio giocate, sia dal punto di vista squisitamente tecnico ed ancor più di quello mentale, della Nazionale della palla a spicchi. Una squadra finalmente convincente e decisamente appagante ha dapprima confermato il valore del roster a disposizione di Pianigiani e poi dimostrato sul parquet di Berlino di potersela giocare alla pari, e forse anche qualcosa in più, con una delle squadre più forti del lotto. Dopo la vittoria contro Gasol e soci, tuttavia, il cammino ad EuroBasket per gli azzurri è tutt'altro che concluso ed al contempo presenta molteplici insidie, a partire da quest'oggi contro la Germania padrona di casa. Giusto festeggiare per una prestazione finalmente solida, fatta non solo dai 105 punti in attacco (stratosferici), ma anche da grinta, da voglia di lottare su qualsiasi pallone, soprattutto dalla difesa di squadra (finalmente). Testa e corpo, tuttavia, devono essere subito resettati verso il nuovo impegno, con la consapevolezza di non aver raggiunto ancora alcun traguardo degno di nota.

"La differenza tra la vittoria e la sconfitta, la fanno sempre i dettagli". Gli stessi dettagli che l'Italia, ieri sera, finalmente ha smesso di trascurare. Il motivo principale, di primo acchitto, sembra elementare ed è fornito dal blasone e dalla caratura dei rivali: l'ambizione personale di giocare al cospetto dei più grandi esalta i protagonisti, li fa sentire invincibili ed invulnerabili quando le cose iniziano a girare per il verso giusto. E' facile giocare contro una squadra che presenta quattro giocatori che giocano, o che hanno calcato, i parquet Nba, ma è altrettanto vero che tutto si rivolta, clamorosamente contro, quando al cospetto ti ritrovi l'Islanda di turno. L'Italia vista ieri sera è, in maniera del tutto ovvia, il risvolto della medaglia che tutti vorremmo vedere, ma che non sempre riesce ad esprimere emotivamente il proprio potenziale. Non è una questione tecnica, ma solo ed esclusivamente di testa (conseguentemente di concentrazione). La stessa che ti permette di esaltarti quando entra un tiro (e poi due, tre, quattro...), è esattamente quella che ti affonda quando tutto sembra andar male. Ora è fondamentale tenere la stessa ben salda sul collo e guardare avanti, verso i prossimi obiettivi.

Che l'Italia sbagli le partite importanti è davvero difficile: lo ha dimostrato negli anni, contro qualsivoglia avversario. Ci battiamo, come leoni; giochiamo ad armi pari contro le migliori squadre d'Europa e, forse, non solo quelle. L'Italia è da sempre, per antonomasia, questa. Per indole, per genesi e Dna. Laddove non arriva il talento di un singolo, che in serate come quella contro gli iberici può essere messo a servizio della squadra e presentare sul piatto della bilancia un prodotto estasiante, dovrebbe però arrivare la capacità esterna di gestione del gruppo e della squadra contro le cosiddette piccole. La difficoltà di una squadra fatta di solo talento e di poca organizzazione come l'Italia (non è una critica, ma un dato di fatto), penalizza gli azzurri quando non sono "connessi" nella gara. Contro la Turchia ci siamo entrati a tratti, contro l'Islanda nemmeno per un solo minuto: a cavare il ragno dal buco ci hanno pensato i cosiddetti gregari, quelli che hanno fame di vittoria sempre e che non hanno bisogno della competizione per esaltarsi. Ieri sera la concentrazione ha permesso non solo di limare al minimo gli errori tecnici, ma di nascondere quelle lacune tecniche che la Nazionale ha ancora tutt'oggi e di fare del prodotto finale un qualcosa di clamorosamente bello.

L'Italia del Basket, versione 2015, è questa e lo sarà durante tutta la competizione nel bene come nel male (ed aggiungerei vivaddio!). Le capacità individuali dei componenti del roster che hanno contribuito in parti uguali al successo contro la Spagna, sono le stesse che possono affondare la barca da un momento all'altro: la dimostrazione concreta di tale assunto è la differenza tra il primo ed il secondo tempo di Marco Belinelli, la trasformazione emotiva e di presenza di Bargnani da un momento all'altro, la capacità di diventare un gregario decisivo di Gentile anche non essendo la prima soluzione offensiva.

In questo elenco manca, volutamente, chi gestisce i fili dall'alto di un quoziente intellettivo cestistico fuori dal comune: il miglior giocatore dell'Europeo di Basket 2015 è sempre lì, silenzioso, in attesa di piazzare la zampata, di leggere le situazioni e sfruttarle a suo piacimento. Gallinari è il leader di questa squadra, tecnico ma forse non emotivo.

Laddove pecchiamo in una guida, però, potrebbe arrivare un gruppo davvero unito e compatto. Un gruppo che può portarci davvero lontano. Forse a Lilla, chissà...