"Desideriamo chiarire la nostra posizione rispetto alla vicenda che ha coinvolto Daniel Hackett. Non vogliamo essere giudici di nessuno. Siamo in primo luogo persone e poi atleti professionisti che della propria passione hanno avuto la fortuna e il merito di fare il proprio mestiere, conservando ed alimentando l’amore per la Maglia della Nazionale. Dopo aver sentito diverse versioni dell’accaduto, abbiamo atteso l’epilogo della vicenda per raccontare, noi che lo sappiamo, come sono andati realmente i fatti. Tutto ciò solo ed esclusivamente per difendere e tutelare chi, ogni anno, decide di spendere con passione la propria estate al servizio della Maglia Azzurra. Venire in Nazionale significa rispettare certe regole; tra queste comunicare a tempo debito e attraverso lo staff medico del club, le proprie condizioni fisiche; presentarsi al raduno della Nazionale e lasciare che lo staff medico Azzurro possa fare le proprie valutazioni. Daniel non lo ha fatto. Sarebbe stato sufficiente attendere un paio di giorni e a quel punto sarebbe stato trattato come succede sempre ad ogni atleta convocato in Azzurro: se viene accertato che le condizioni fisiche non permettono di rimanere all’interno della Nazionale il giocatore viene autorizzato a tornare a casa. Poi ci sono le regole non scritte tra giocatori e Daniel le ha violate. Tra compagni di squadra c’è un codice di rispetto che lui ha infranto. Chiediamo e pretendiamo rispetto da parte di tutti come lo riconosciamo a tutti. Se non si parte da questo presupposto è difficile costruire percorsi virtuosi e durevoli nel tempo, ma solo tragitti impervi e poco chiari. Teniamo a sottolineare che in Nazionale nessuno è mai stato costretto a giocare contro la propria volontà, e le condizioni mediche e fisiche di ognuno sono state sempre valutate attentamente dallo staff tecnico e sanitario e ogni volta sono stati studiati percorsi terapeutici e di recupero consoni alle esigenze di ogni atleta. Mantenere sempre un comportamento corretto è il segnale del profondo rispetto che proviamo nei confronti della Maglia Azzurra, dei compagni e di tutti i professionisti che lavorano intorno alla Nazionale. Ci auguriamo che Daniel possa imparare dai propri errori e che in futuro non capitino più episodi analoghi che nuocerebbero alla coesione del gruppo. La stessa coesione che storicamente è sempre stata la pietra angolare dei successi Azzurri."
Il basket italiano è nuovamente scosso dal cosiddetto "Caso Hackett". A spazzare via il vento del perdono arriva una lettera, durissima, firmata da tutti e 16 i componenti del gruppo Italia. Scende in campo la Nazionale in persona, non attraverso i potenti di turno, non con una voce dall'alto, ma attraverso il pensiero di chi la pallacanestro la respira, di chi ogni giorno sul parquet versa lacrime e sudore. Una sberla morale a Daniel, abbandonato dai compagni, ben oltre la squalifica di sei mesi inflittagli per aver lasciato senza giusta causa il ritiro di Trieste.
Gli azzurri, al termine delle sfide di Sarajevo e Skopje, alzano la voce, difendendo chi in Nazionale lavora e combatte. Le scuse di Hackett non scalfiscono la severità del gruppo. Non basta l'accordo quasi raggiunto per la permanenza a Milano, con riduzione dell'ingaggio. Il tempo non ha contribuito a lenire le ferite. La spaccatura è totale, difficilmente il rapporto può essere ricostruito. Non basterà il lavoro di Pianigiani per riportare Hackett a vestire la maglia azzurra. Toccherà al play/guardia confrontarsi con i compagni che oggi non sentono il ventiseienne parte del Team.
Un contributo potrebbe arrivare da Alessandro Gentile, che con Daniel divide l'esperienza all'Olimpia. I due hanno già discusso dell'accaduto e l'allarme, almeno tra loro, è rientrato.
Il segnale è chiaro. Il rispetto naviga oltre il talento, sorvola doti individuali di qualsiasi portata e valore. La coesione, l'unità di intenti prescinde le qualità individuali. Daniel Hackett si è spinto oltre, a tal punto da stravolgere un ambiente che vive sulla forza di un complesso. L'inconsistenza di un elemento può minare un progetto. L'Italia ha lanciato un segnale, tocca ad Hackett rispondere.