Dustin Brown è la mosca bianca, anzi mulatta del tennis mondiale.
Giamaicano con passaporto tedesco, trent’anni compiuti e numero 102 della classifica Atp. Due titoli minori e una carriera costruita nei Challenger di mezzo mondo, la periferia del tennis girata in lungo e in largo col camper donatogli dalla madre.
E’ una pertica Dustin, coi suoi due metri scarsi (si fa per dire) e il fisico dinoccolato che fa sembrare braccia e gambe ancor più lunghe. Il faccione del padre tatuato sul fianco, la lunga coda rasta che sventola sulla schiena e un’attitudine marcatamente naif verso il tennis e la vita.
Un cavallo pazzo della racchetta, originale e imprevedibile, che si diverte a mescolare le carte di un tranquillo secondo turno ai Championships.
Dall’altra parte della rete oggi c’è Rafa Nadal, una leggenda vivente e due volte campione sui prati di Wimbledon. Già affrontato e battuto un anno fa, sull’erba amica di Halle. “Il terreno è lo stesso, lui non è al meglio, si può fare!”, si dirà Dustin mentre inforca il tunnel che porta al Centrale, cuffie in testa e sguardo attento.
La sorpresa, ammettono gli addetti ai lavori, è possibile ma al meglio dei cinque set il pragmatismo e la maggiore abitudine al proscenio del campione emergeranno, il pronostico sarà rispettato.
La storia ha voluto diversamente. Lo sfidante si è preso il palcoscenico fluttuando sull’erba sacra del tennis a colpi di genio. Ace, risposte fulminanti, chop di dritto, cross strettissimi, lob, smorzate, attacchi in controtempo, volée e demi-volée accarezzate con talento superiore: mai una soluzione ordinaria, mai un punto uguale all’altro. Un gioco figlio solo apparentemente del caos.
Nadal è un pugile suonato, tenta di scuotersi e imporre i suoi schemi, a sprazzi vi riesce. Dustin gioca d’anticipo, ne spezza il ritmo, lo porta sul suo terreno: quello dell’improvvisazione pensata, la tattica della non tattica.
Oggi il mattatore è lui, non può tremare nel finale, l’ultimo ace vale solo il terzo turno dove lo aspetta un Troicki qualsiasi. Ma intanto oggi si fa la storia.