Kei Nishikori è nella storia. Un giapponese in semifinale agli Us Open mancava dal 1918, da Zenzo Shimidzu. Fa soprattutto la sua storia personale Nishikori, che raggiunge la prima semifinale major in carriera, dopo aver disputato il secondo quarto di finale dopo Melbourne 2012 contro Murray. Wawrinka si arrende dopo una maratona in cinque set, oltre 4 ore di gioco. 3-6, 7-5, 7-6, 6-7, 6-4 a favore del giapponese. Regalano spettacolo Wawrinka e Nishikori, combattono fino all’ultimo punto, rincorrono la pallina fino all’ultimo metro. Regalano un bel tennis, rischioso, ricco di vincenti, contropiede. Regalano soprattutto un tie break da antologia nel terzo set. Regalano un po’ di emozione a questo Us Open, che ne ha bisogno. Uno svizzero ed un giapponese, non propriamente due prodotti del gotha del tennis. Ma con il giusto talento per incantare Flushing Meadows. Il nipponico non ha mai raggiunto una semifinale Slam, mentre Stan the Man sta cercando una dimensione. Terzo(quarto o quinto) incomodo, o uno dei Big Five che corre sempre per la vittoria.

Parte forte l’elvetico, sembra voler chiudere la pratica in poco tempo. Frastornato Kei, che non trova controindicazioni alle palle pesanti di Wawrinka. Il primo set è di Stan, ma la reazione di Kei non si fa poi troppo attendere.Il giapponese sfrutta le amnesie dello svizzero, come un pesantissimo doppio fallo sul set point, e rientra nel match. L’allenatore Chang si nasconde sotto un cappellino nero, gridato da una pizzeria,  esattamente come sono pizze i vincenti che spara Nishikori. Non si risparmia, tira a tutto braccio. Ed entra in fiducia, Wawrinka soffre la sua crescita. Nel terzo set, i due danno anima ad uno dei tie break più belli ed entusiasmanti degli anni recenti. Corsa, vincenti, dritti e rovesci di qualità rara. E se lo porta a casa il giapponese, con il punteggio di 9-7. Assolutamente equilibrato, il match come il tie break. E Wawrinka dimostra che nulla è concluso, e si continua a battere il dito sulla tempia. E’ la testa che conta, è la testa che lo riporta a galla. E’ la testa che lo fa prevalere nel tie break del quarto set, che gli regala un’altra possibilità. La stessa testa che lo tradisce al quinto, sul 5-4, con un doppio fallo clamoroso, sanguinoso, che apre la strada a due match point del giapponese. Chang salta sulla sedia. Dopo 4 ore 19 con Raonic, dopo 4 ore e 15 con Wawrinka. Nishikori vola in semifinale con pieno merito. Wawrinka esce di scena dando l’impressione di non aver dato tutto, smarrendo la sicurezza sul più bello. L’ultimo semifinalista a Flushing Meadows fu nel 1918, l’ultimo in uno Slam nel 1933. Non serve dire che ha già fatto la storia, a 24 anni. Da under dog, è arrivato al punto più alto della carriera. E pensare che non era nelle migliori condizioni.

Ora per lui la prova del fuoco, contro il vincente tra Murray e Djokovic, per non saper di che morte morire. Intanto la semifinale è sua, ed è già un successo. Kei sembra un tennista insensibile alle cose di questo mondo, soffre, fatica e a tratti sembra quasi che sorrida. Si estranea, non avverte la pressione, gioca il match point come se fosse un  punto qualsiasi del Challenger di Bolzano (non me ne vogliano, ma siamo a Flushing). Nishikori ha rischiato in ogni giocata e merita la finale. Perché il rischio paga. Quello che probabilmente è mancato a Wawrinka, che si è adagiato sulla sua superiorità tecnica credendo di poterla spuntare in qualche modo.