Nella tradizione cinese esistono 4 animali sacri, il Drago è universalmente considerato il più importante e significativo. Viene venerato e onorato dall’inizio dei tempi per la potenza della sua iconografia e per i valori di cui è portatore. Per quanto ne sappiamo noi, possiamo dirvi che una di queste creature leggendarie esiste realmente ed è italiana. Il suo nome è Roberta Vinci.

Il Drago, adottato ufficialmente dall’imperatore cinese come proprio emblema, assunse col Confucianesimo il valore di figura leggendaria: negli scritti si tramanda che questo animale abbia il potere di mostrarsi a proprio piacimento, pertanto la sua comparsa è fugace, in una frazione di secondo e soltanto parziale, non lo si coglie mai nella sua interezza. Signore del cielo e della pioggia, il drago è noto per la sua longevità – si dice che sia in grado di vivere per millenni, alcuni sostengono che sia addirittura immortale– per la sua nobiltà e per la sua saggezza. Molto presente anche nelle mitologie mediterranee, in quella greca si narra che la nascita della città di Tebe fosse strettamente correlata ad un drago e che notoriamente gli oracoli si servissero di loro come tramite per rivelare all’uomo le loro perle di saggezza e le loro divinazioni.

Per quanto ne sappiamo noi, possiamo dirvi che una di queste creature leggendarie esiste ed è italiana: è nata a Taranto ed ha 30 anni – si potrebbe definire una sorta di neonata in quest’ottica visto è ancora agli albori della sua “esistenza millenaria”. Roberta Vinci è un Drago. Fin da giovanissima nel circuito Juniores ottiene splendidi risultati, conquista i titoli di Campionessa Nazionale U12 vincendo la Coppa Lambertenghi, Campionessa Nazionale U12 a squadre con il Circolo Tennis Taranto, Campionessa Italiana e Europea U14 di singolare e doppio e Campionessa del mondo nel torneo di categoria a squadre con le connazionali Maria Elena Camerin e Flavia Pennetta. Nel 1999 approda nel circuito maggiore e dopo soli 2 anni di attività con la compagna Sandrine Testud raggiunge le semifinali del Roland Garros e dello US Open. In singolare è l’unica tennista italiana di sempre ad aver conquistato un titolo su tutte le superfici – compresa terra battuta indoor ed esclusa la terra blu di Madrid 2012, se proprio i pignoli del caso volessero interagire. Ne vanta 8 in totale da aggiungere ai 19 di doppio, tra i quali Internazionali BNL d’Italia, Mutua Open Madrid, Roland Garros, US Open e Australian Open. Sul petto della sua tuta azzurra sono cucite ben 4 stelle (2006, 2009, 2010, 2013) di cui l’ultima conquista solo poche settimane fa contro la Russia nella finale mondiale di Federation Cup disputata a Cagliari.

E’ d’obbligo riportare però che il Drago non viene ben visto da tutti, anzi: se è vero che nella stragrande maggioranza delle culture orientali questo animale è ammirato come una figura benevola, portatore di protezione e di doni, dall’altra parte è altrettanto vero che nella cultura occidentale – complici le molteplici leggende risalenti soprattutto al periodo mediovale e alla simbologia di influenza fortemente cristiana (NdR. San Giorgio e il drago) ed ai nostri giorni il filone Fantasy – esso è percepito come un essere maligno, contrapposto all’uomo e al suo quieto vivere. E proprio come nei miti che si tramandano nell’occidente Roberta Vinci non è esattamente il tipo di tennista che il pubblico tende a supportare “serenamente”.. Molti la elogiano, ne riconoscono le qualità e le peculiarità rispetto alla media delle giocatrici, la rispettano per il tipo di tennis che porta in campo che definiscono uno specchio sulla generazione precedente ma non credono né in questo né in lei. Abituati a leggere riferimenti giornalistici italiani nei quali si sostiene che in fondo il doppio non è mai contato e mai conterà nella qualifica del palmarès di qualsiasi tennista (NdR. riferimenti di cui onestamente non vediamo né obiettività né pertinenza con Roberta peraltro), le si appunta di essere gracile, minuta, che la sua agilità non compensa questa mancanza per competere e impensierire realmente delle avversarie che rispetto a lei sembrano almeno di 1-2 categorie di lotta più pesanti; ci si inchina alla pulizia e all’estetica del suo rovescio in slice ma chiunque è pronto a precisare che non c’è più spazio per colpi del genere in un tennis odierno dove la potenza la fa da padrona; si applaude il suo gioco a rete, considerato dalle stesse colleghe uno tra i migliori, se non il migliore, del circuito ma, ancora, si commenta con un “Va bene per il doppio, non di certo per il singolare!“..

Grande ingiustizia si è fatta e si continua a fare a Roberta Vinci, questa tennista, questo Drago che, come abbiamo già detto, essendo ancora “in fasce” a quanto pare, ha già festeggiato solo nel 2013 una vittoria in singolare (NdR. il Katowice Open) e 3 in doppio – tra cui lo Slam australiano – terzo turno a Roma e ottavi di finale a Roland Garros – prima volta in carriera. Le sopra citate vittorie annuali, unite a quelle già conseguite nella stagione precedente, le permetteranno di portarsi ad un solo scalino dalla Top10 della WTA. Grazie a loro Roberta infatti è arrivata ad essere la n.11 del mondo e questo costituisce il suo miglior score e ranking di sempre. Considerando l’evoluzione che il gioco del tennis ha manifestatamente subìto nel corso degli ultimi 15 anni e considerando che il suo gioco invece non è tecnicamente cambiato – a grandi linee – dal 1999 possiamo serenamente affermare, visti i risultati, che il tennis di Roberta non solo non è datato e innocuo ma che anzi le consente proprio ora di togliersi alcune delle migliori soddisfazioni. Anno dopo anno a Roberta Vinci basta continuare ad essere se’ stessa per migliorare. Non serve nient’altro. Anno dopo anno questo Drago dagli occhi smeraldo cresce interiormente, portando in campo insieme al borsone tutta la saggezza acquisita durante il cammino.

La nostra Roberta occupa attualmente la 14° posizione del ranking mondiale ma ci sono buonissime speranze per agguantare la Top10 già nel primo mese: la tarantina infatti difende solo 281pt, compreso Melbourne. Ma c’è di più: i gradi che la separano dall’obiettivo non sono 4 ma 3 perché a soli 2 punti da lei c’è la ritirata Marion Bartoli. Da considerare in lizza per la competizione invece, oltre a Caroline Wozniacki, sono 2 temibilissime giocatrici quali Sloane Stephens e Simona Halep, che però avranno rispettivamente le loro gatte da pelare: la prima difenderà negli stessi tornei ben 1150pt dei quali una semifinale d’oro all’Australian Open, la seconda difende ancora meno punti di Roberta - solo 65 – ma dovrà avere il sangue freddo e l’esperienza per partire subito al massimo.

Per concludere ci sia quindi consentito di smentire una citazione tratta da un intramontabile capolavoro della letteratura del XX secolo:

“La saggezza non è comunicabile. La scienza si può comunicare, ma la saggezza no. Si può trovarla, viverla, si possono fare miracoli con essa, ma spiegarla e insegnarla non si può.
Hermann Hesse, Siddharta, 1922

E’ nostra fortuna invece poter ammirare la saggezza comunicataci tramite una racchetta fatta vibrare sui campi da tennis di tutto il mondo. Lei, Roberta Vinci, ce la mostra ogni partita, e per i giovani che saranno così fortunati da ricevere questa eredità, forse un giorno, fra tanti, tantissimi anni ancora, ce la insegnerà.