Onore a Marion Bartoli, onore alla nuova regina dei Championships. E' la francese, dominatrice assoluta in una finale mai in discussione, la campionessa di questa pazza edizione di Wimbledon. Tutti si aspettavano una finale fra Maria Sharapova e Serena Williams, loro che hanno monoplizzato le attenzioni degli addetti ai lavori a causa di un dualismo divenuto via via sempre più aspro in campo e fuori. Era forte l'attesa per la resa dei conti finale fra le due, e invece eccoti arrivare all'appuntamento finale Marion Bartoli e Sabine Lisicki. In realtà sembra esserci arrivata solo la francese, perchè la tedesca, prigioniera di una tensione che blocca ogni suo movimento peggio di una camicia di forza, non entra mai in partita. Il servizio, di solito la sua arma vincente, quella con cui ha smontato pezzo per pezzo le velleità tennistiche di big come Williams e Radwnaska, diventa per lei una zavorra. E se ogni turno di servizio è per lei una via crucis, non meglio le va in risposta: Marion è un martello, implacabile nel colpire senza pietà una Lisicki alla deriva. E più Sabine sbanda, più la Bartoli acquisisce energia e sicurezza: il 6-1, 6-4 è la fotografia perfetta del match di oggi.

Dramma Lisicki, festa francese - Quello che rende il tennis uno sport così affascinante e al contempo così crudele è la solitudine. E quando si è soli, soli con sè stessi e con i propri pensieri, può accadere di finirne vittima. E così è stato per Sabine Lisicki, che per tutta la partita ha dovuto lottare con la tensione e con l'affastellarsi di mille pensieri: quel maledetto infortunio nel 2010 che quasi poneva fine alla sua carriera di tennista, i sacrifici per tornare competitiva, le battaglie estenuanti con Williams e Radwnaska, l'idea che in cima a quella enorme montagna chiamata Finale ci potesse essere tanto il Piatto della gloria, quanto il baratro della sconfitta. Ci ha provato Sabine a scalarla, ma sulla sua strada ha trovato non solo un'avversaria in stato di grazia assoluto, ma anche forze oscure che si sono impossessate della sua mente zavorrandole oltremodo il pesante fardello che portava in spalla. 
Uno strazio per lei la partita, tanto che a un certo a punto è scoppiata in lacrime, strappando il sincero applauso del Centre Court che ha provato a rianimarla. Niente da fare. "Mi sono lasciata sopraffare dai miei nervi" dirà a fine partita un'affranta Sabine Lisicki "Spero tanto di avere un'altra possibilità". "Ti assicuro che avrai un'altra possibilità" le fa eco un'incredula Marion Bartoli, che corona finalmente il sogno di quando era una bambina.
Eppure la partita per la tedesca era iniziata nel migliore dei modi, perchè la Bartoli parte ad handicap con tre doppi falli nel suo game di servizio. Inevitabile il break della tedesca, che da lì però si spegne e si auto-disinnesca, di fatto spianando la strada alla sua avversaria: 6 game consecutivi per la francese, un servizio disastroso e una fase di risposta in cui Marion è sempre stata padrona dello scambio, aiutata da una prima che quando entra fa danni. Un'agonia di mezz'ora per Sabine, conclusasi con il colpo dei 6-1 con cui la francese si regala il primo set. Nella seconda frazione la musica non cambia, perlomeno fino al 5-2 Bartoli. Perchè è qui che la francese, che forse sta cominciando a realizzare la portata dell'impresa a cui è molto vicina, palesa i suoi primi momenti di debolezza: Lisicki salva un paio di match point e poi strappa il servizio per il 5-3, e sul game successivo finalmente azzecca le prime di servizio e mantiene il suo turno a 15. E' solo un fuoco di paglia però, perchè alla seconda occasione Marion non perdona e fredda l'avversaria con un ace che vale il game, il set, il match e l'intera posta in palio: il Venus Rosewater Dish è ora ben stretto fra le sue mani. Il suo sogno di bambina è finalmente realtà.
Chapeau Marion!