A Wimbledon si comincia intorno a mezzogiorno. Sul Centre Court nel primo pomeriggio. E comincia qui il vero torneo. Qui si esibisce il campione dell'anno precedente, ad inaugurare la nuova corsa. Calca il nuovo prato inglese, studiato per permettere maggiori scambi da fondo campo, Roger Federer, per la quindicesima volta. Contro di lui Hanescu, ma all'ingresso pochi se ne accorgono, tanta è l'attenzione e la curiosità per il sette volte campione. Tutti aspettano risposte. Conoscono il malevolo sorteggio, con, eccezion fatta per Djokovic, tutti i big nella parte bassa, e si interrogano sulle reali chance del campione di Basilea. Ottavo titolo o commiato di fine carriera? Si sa le mezze misure non esistono, nonostante Roger abbia fornito già una parziale risposta ad Halle, dove, al debutto sull'erba, ha ritrovato il successo, sconfiggendo Haas in semifinale e poi Youzhny, dopo una stagione sul rosso negativa.

 

Si assomigliano probabilmente solo per età anagrafica Federer e Hanescu. Certamente non per talento tennistico. Il primo set dura poco. Ventiquattro minuti. Un break, al secondo gioco, per veleggiare veloci verso il 6-3 finale. Due punti concessi sul proprio servizio. Oltre il 90% di prime. Il normale rispetto che si deve al nuovo manto, quasi più preoccupante dell'impotente avversario. Lo svizzero controlla la corsa, prende le misure, si adatta. Lascia qua e là sprazzi di classe, principalmente di dritto, come consuetudine della casa.

 

Il copione del secondo set è un remake di quanto già visto in apertura. Stavolta i break sono due. Uno dopo l'altro. Segnati da una serie di dritti in controbalzo, conditi da un meraviglioso cross per il 3-0. C'è quasi un “oh” di meraviglia quando l'ex n.1 perde tre punti nel quarto gioco sulla propria battuta. Un attimo di disattenzione, in un incontro destinato a essere poco più di un allenamento. Nel suo bianco elegante, con la grazia, racchetta alla mano, che gli è consona, Federer riprende il controllo della partita e chiude 6-2.

 

Nessuna ansia per Roger. L'elvetico va di fretta. Vuol risparmiare energie, fondamentali quando si farà sul serio, concedere riposo alla vecchia schiena, che qui lo scorso anno lo mise in crisi, contro Malisse, prima del trionfo finale. Hanescu gioca un pessimo gioco d'apertura del terzo set e cede immediatamente le armi. Finisce così una non-partita, dominata dal padrone di casa, dal custode del prato più affascinante. Le accelerazioni di dritto del terzo gioco ricordano il vecchio Federer, capace di vincere qui già dieci anni fa. Quel dritto, nei mesi scorsi, spesso fuori misura e falloso, sembra d'incanto aver recuperato incisività a contatto con l'amato verde. 6-0 il finale. Il sorriso sul volto dell'uomo dei record ispira fiducia. Da vincente o meno non è dato sapersi, ma Roger è qui per provarci. Per riscrivere la storia del torneo, per diventare l'unico a issarsi otto volte sopra i Championships.