Lewis Hamilton, ieri sera, è stato ospite di Fabio Fazio a "Che tempo che fa". Il quattro volte campione del mondo ha rilasciato un'interessante intervista con tanti argomenti trattati, a cominciare dal suo futuro: "Sarà il mio ultimo anno in Mercedes? Attualmente c’è un anno in più di contratto, ma qui stiamo parlando del futuro. La Mercedes mi ha preso quando avevo 13 anni, per cui è difficile immaginarmi in un altro posto. Ci sarà sicuramente un nuovo contratto". Il 2017 è stato l'anno del quarto titolo Mondiale: "È incredibile -  spiega Lewis - soprattutto questa stagione: c’è stato un grandissimo lavoro di squadra. Ormai sono in Formula 1 da dieci anni e da 20 corro per la Mercedes".

Dalla Formula 1 ai sogni dell'Hamilton bambino: "Ho iniziato a veder correre Senna quando avevo solo 5 anni insieme a mio papà. Ayrton era il mio preferito: avevo i suoi libri, poster dappertutto sul muro, tornavo da scuola e guardavo i suoi video. Il mio sogno da piccolo era essere o Superman o Senna: sognavo di arrivare in Formula 1 e come lui vincere qualche campionato". Su Valentino Rossi: "Non mi piace guidare, mi piace solo andare veloce in pista, di solito mi portano in giro, però ho la moto. Vivo a Monaco dove mi piace tantissimo andare in moto. Quando vado in giro mi sento un po’ come Valentino Rossi, beh non proprio come lui. Sono amico di Valentino, è davvero quello che mi piace più di tutti".

Dalla TV guidare un Formula 1 sembra facile ma dal vivo, ovviamente, è tutta un'altra cosa come spiega Hamilton: "Se guardate la telecamera sopra di noi, guidare una Formula 1 sembra facilissimo. In realtà subiamo delle forze, soprattutto laterale e longitudinale, sono forze che ti uccidono. E’ come essere un fantino: devo pesare non più di 68 kg, quindi devo tenermi in linea, un kg in più rispetto a quello che dovrei essere significa a livello di gara perdere un secondo e 8 decimi, quindi devo fare un sacco di cardio, dieta e anche il collo è importantissimo, devo stare attento perché subisce lo stress più forte. Per allenarlo normalmente devo mettere un casco di piombo da 10 kg, mi siedo su una tavola e faccio una serie di ripetizioni in palestra per cercare di rafforzarlo". 

Poi c'è spazio per la famiglia: "Sono stato davvero fortunato, grazie alla mia famiglia che si è data da fare. Non eravamo una famiglia ricca: sono cresciuto in un monolocale con mio padre che ha dovuto fare quattro lavori contemporaneamente per mantenermi i primi anni delle gare: andava a vendere case, ad aggiustare le macchine che distribuivano le bevande, poi lavorava per le ferrovie inglesi, riparava i computer per riuscire a fare dei soldi. La McLaren mi ha fatto un contratto quando avevo 13 anni, da quel momento c’è stata una grande differenza altrimenti non ce l’avrei fatta: costa troppo. Anche quando sono in gara oggi mi porto dentro la fatica che abbiamo fatto in famiglia. Il mio primo go-kart era di quinta mano, gareggiavo contro gente che era messe molto meglio di me. Riuscire ad arrivare dall'ultima posizione alla pole position era la cosa che volevo fare: questo mi ha dato carattere, mi ha dato forza, è stata la fame che ha provocato in me la grinta".

Sul pranzo con la Regina: "È stato veramente figo. Mi hanno chiamato mentre ero in Brasile per l’ultima gara del 2009 e mi dicono: la Regina la invita a colazione, io non ci credevo ma poi sono andato in Inghilterra per andare a pranzo. Lei è la nonna più simpatica che ci sia, è davvero una nonnetta fantastica. Ho mangiato, se non mangi è maleducazione. La Regina non ha mangiato tantissimo, ma parlava molto, abbiamo parlato di cani, di cibo, di musica e di quello che fa nel fine settimana: una conversazione fantastica. La Regina fa un sacco di cose nel fine settimana: porta a spasso i cani, va a fare passeggiate, guarda la televisione, infatti abbiamo parlato di alcuni film, ma guarda anche gli spettacoli televisivi. Aggiungo che suo marito guarda anche le nostre gare e anche lei. È stata una delle cose più fantastiche della mia vita, un grande onore". Infine l'incontro con Mandela: "Incontrare Nelson Mandela è stato come incontrare un re, un essere umano meraviglioso, sempre sorridente". Io il primo pilota di colore? Prima c’eravamo solo mio padre e io alle gare ora ci sono anche bimbi asiatici, messicani, di colore, chiunque oggi può amare questo sport. Mi piace pensare di aver dato un contributo a tutto questo".