Fresco di titolo nel mondo delle cronoscalate, Domenico Scola è solo l'ultimo erede della famiglia Scola, che da sempre ha segnato il mondo delle gare in salita. Calabrese di nascita, Domenico Scola ha esordito nel 2010 nel CIVM e da quel momento si è ritagliato uno spazio sempre più grande tra i protagonisti della categoria, fino a diventarne re nel 2017 al termine di una cavalcata trionfale, che lo ha visto lottare dalle Alpi alle salite dell'Appennino Siculo, dove si è laureato Campione italiano. Finita la stagione, però, il driver calabrese ha sorpreso tutti i seguaci del CIVM, annunciando il suo ritiro a soli 26 anni. Una scelta coraggiosa, che noi di Vavel abbiamo provato a capire attraverso le parole di Domenico, che si è concesso a noi per un'intervista esclusiva, sulla sua carriera e sui suoi progetti futuri.
Ciao Domenico, grazie per la disponibilità e benvenuti con noi!
Grazie e un saluto a tutti voi!
Partiamo dagli inizi, come e quando hai iniziato a correre?
Ho iniziato a correre a 7 anni con i kart e ho proseguito fino ai 19 anni lì. In seguito, lasciato il kart, ho iniziato subito nelle gare in salita e il kart l'ho usato solo per qualche allenamento. Quando ho preso parte alle prime gare sono salito subito a bordo dei prototipi, con il PA21.
Tu sei l'ultimo driver della famiglia Scola, che hanno segnato a lungo le cronoscalate. Quanto è importante avere una famiglia che ha le corse nel sangue, come è successo a te?
Sicuramente tanto, perché ho imparato subito tutti i trucchi e i segreti delle gare sparse in Italia. Mi hanno aiutato, perché non sono andato a scoprire tutti i circuiti e tutti i loro segreti e questa è stata una marcia in più, un vantaggio rispetto agli altri. A me hanno insegnato tanto, perché sapere che in una curva serve una marcia e che un'altra curva si imposta in un certo modo, ti aiuta rispetto a chi non ha nessuno.
Nel dettaglio, quanto è stato importante tuo nonno, grande campione e protagonista delle gare in salita nello scorso secolo?
Sicuramente è stato fondamentale, è stato uno stimolo quello di cercare di imitarlo, di riprendere le sue orme. Come dicevo è stato importante per la preparazione delle gare, ma anche il solo fatto di essere motivato da uno come lui era importante, perché mi dava una grande carica e cercava di tirare fuori il meglio di me. Quindi, è stato fondamentale, senza alcun dubbio
Com'è stato il tuo percorso di maturazione? Hai spinto a tutta dagli esordi o la tua crescita è stata graduale?
Beh, non è che all'inizio sei il migliore o vai al massimo. È stato un periodo in cui l'importante era imparare, in cui capire quale era il tuo limite, come osare nella maniera giusta, perché in salita è tutto da scoprire e hai poco tempo. Proprio per questo i limiti li impari di anno in anno e quindi si migliora di anno in anno e poi si arriva ad una certa maturità, perché prendi più confidenza, ma solo con gli anni. Non è come in pista, che in mezz'ora di sessione impari il circuito, in salita per stare mezz'ora su strada, devi correre per alcuni anni, perché in un weekend fai più o meno 4 giri e al primo tentativo non puoi di certo andare al meglio.
Cosa cambia, secondo te, tra le gare in salita e le corse in circuito?
Sono due cose diverse tra di loro, cambia anche il metodo, l'approccio e la tecnica. In salita devi imparare il tracciato, capire quali sono le marce migliori e ognuno ha il suo modo di guidare. In pista le traiettorie sono più o meno quelle e poi cambia il modo di guidare, in salita devi dare tutto in quell'unico giro, sono diverse.
Com'è stato vincere il titolo, soprattutto dal punto di vista emotivo?
Il titolo era atteso, soprattutto nel finale di stagione, perché mancavano pochi punti. Infatti, già da metà campionato era nell'aria, dunque, quando è così te lo aspetti, mentre un titolo inaspettato, vinto all'ultimo, ti fa provare emozioni diverse. Anche la festa, per dire, quando lo vinci all'ultimo, non ti aspetti nulla ed è tutta una sorpresa, reagisci in maniera diversa. Ovviamente per quanto sembrasse vicino, c'era sempre la possibilità di perderlo per un errore, dunque c'era sempre il bisogno di spingere, ma senza commettere errori. Alla fine, è comunque una bella soddisfazione.
Quando hai iniziato il campionato 2017 pensavi già al titolo o a crescere ulteriormente?
No, il mio obiettivo è sempre stato quello di vincere, sin dal primo giorno, anche perché di partecipare me ne faccio poco, io voglio vincere. Di partecipare soltanto, se ne parlerà un giorno che avrò una certa età, se c'arriverò. Il mio sogno è stato sempre quello di vincere, dunque ho mantenuto questo target durante tutta la mia carriera. Quest'anno ho iniziato con qualche difficoltà, a causa di alcuni piccoli problemi - il più fastidioso al propulsore, ma siamo riusciti a risolvere - ma nel finale di campionato siamo migliorati e abbiamo vinto.
Vinto il titolo, è arrivato l'annuncio shock del ritiro. Hai giustificato questa scelta, inizialmente, parlando della poca sicurezza nelle salite. Solo questo ti ha portato a prendere questa decisione?
In realtà non ho lasciato per paura del rischio, anche perché noi che scegliamo di fare i piloti, specie nelle gare in salita, siamo amanti del rischio, e poi il pericolo è in tutto il motorsport. Il problema è che noi rischiamo, ma non abbiamo nessun ritorno reale, quindi è inutile farlo così a vuoto, senza nessun ritorno di immagine, nessun vantaggio lavorativo o qualsiasi altra cosa che mi soddisfi realmente. Avevo come obiettivo quello di vincere il titolo e ho voluto raggiungerlo a tutti i costi, perché una volta iniziato, a me interessava mettere questo tassello. Raggiunto l'obiettivo ho deciso di lasciare, perché non ho più stimoli nei confronti di una disciplina che un domani non mi offrirà nulla. Arrivato al titolo sei sempre lì, puoi vincerlo anche 20 volte, ma resti lì. Io, in futuro, vorrei continuare a correre e le cronoscalate non garantiscono chissà cosa in ottica futura ed è uno sport poco seguito, se non dagli appassionati storici di un tempo ed ha un pubblico abbastanza ristretto, in pochi ti capiscono ed è frustrante. Non hai nessuna entrata, nessuna visibilità, nulla eppure rischi più di un pilota di F1, dunque perché farlo. Un conto è farlo per hobby, ma non credo che un ragazzo ambizioso intraprenda una disciplina costosa solo per hobby. Io sono così, penso di essere ambizioso e chi sta lì solo per gioco, non ha ambizioni.
Abbandonato il CIVM, quali potrebbero essere i tuoi obiettivi per il futuro?
Ora stiamo vedendo per la prossima stagione, stiamo cercando un campionato valido, non al top, perché non ho esperienza in pista e voglio fare un anno di purgatorio, resettare e iniziare tutto daccapo. Quindi vorrei un campionato che abbia una buona visibilità, che abbia un buon montepremi, con un buon parco auto e che mi permetta di imparare, poi si vedrà. Uno ci prova, se riesce è bene, sennò pensa ad altro. L'idea è questa, ma è tutto da valutare, perché non abbiamo ancora una situazione chiara.
Invece, per quanto riguarda la sicurezza, pensi si possa far qualcosa per rendere le cronoscalate più sicure?
Mah, guarda... sport sicuro non lo sarà mai, lo è sempre stato e mai lo sarà, sia che tu vada a 200 che a 260, lo puoi migliorare, ma sempre rischioso è. Alla fine siamo amanti del rischio, ad alcune cose non ci badiamo, ma se poi ti fermi a pensare, ti fa riflettere. Per il ritorno di immagine, beh, bisognerebbe magari aumentare il montepremi, ridurre i costi, magari con un monomarca, così si migliorerebbero le spese e non con l'eliminazione di una gara. Se tu piazzi un montepremi importante, anche le case costruttrici iniziano ad interessarsi. Spesso vieni considerato un pilota di serie B, quando in realtà ci vuole un bel coraggio e non solo...
Come funziona la preparazione di un pilota che corre in salita?
A livello fisico non devi essere appesantito, bisogna avere un allenamento buono, essere reattivo, lucido e concentrato, perché il minimo errore si paga.
Cosa consiglieresti ad un ragazzo che vuole iniziare a correre nelle gare in salita?
C'è chi vuole correre per fare carriera e chi lo fa per correre e passare il tempo. Chi vuole farci una carriera, a meno che non abbia sponsor importanti, forse è meglio che punti ad altro, che magari gli permetta anche un guadagno maggiore. Se sei un ragazzo e vuoi correre per passione, non c'è nulla di male a correre in salita, perché è un bell'ambiente, si sta bene, è molto familiare, si mangia un panino insieme e si scende in strada, ma ci si diverte comunque.
Una peculiarità delle cronaoscalate è il rapporto tra piloti e tifosi. Te, come pilota cosa ci puoi dire a riguardo?
Il rapporto tra tifosi e piloti è bellissimo, perché c'è un vero contatto di persona, si sta insieme, si mangia anche insieme. Questa è una delle cose positive che hanno le gare in salita.
Invece, tra voi piloti come sono i rapporti?
Di base, tra di noi, siamo tutti amici e si tratta di brave persone, padri di famiglia, persone tranquille. Ovviamente, c'è anche la pecora nera, che davanti ti è amico e dietro... ma quello è ovunque. Alla fine, però, siamo tutti amici, un bell'ambiente.
Grazie Domenico e in bocca al lupo per il futuro!
Grazie a voi e crepi il lupo!