PerVettel: il nome che tutti avevano dato a Sebastian Vettel ai tempi della Red Bull, quando niente e nessuno riusciva a fermare la sua cavalcata trionfale. Un robot perfetto, simile, in molti aspetti, al suo mentore Michael Schumacher, inattaccabile e imbattibile, capace di dominare 4 mondiali di fila e di lottare con le inarrestabili Brawn Gp nel 2009. Dopo un 2014 orribile, in cui era stata la stessa Red Bull a metterlo spalle al muro, il tedesco era riuscito a realizzare finalmente il suo sogno: vestire di Rosso, lo stesso Rosso che ha consegnato Schumacher alla leggenda.
Un inizio da sogno, con un podio all'esordio e il successo già alla seconda gara, dominata, in Malesia, davanti alle due Frecce d'Argento, incapaci di reggere il passo del tedesco, che tornò subito PerVettel. Altre due vittorie - senza storia - e un terzo posto a fine stagione, facevano sembrare il tedesco già maturo per il salto definitivo nel 2016, quel salto che avrebbe dovuto permettergli di lottare per la corona iridata. E invece, tra rotture, "Honestly" e "fu** Charlie", la stagione 2016 è stata anche peggiore di quella 2014, con Vettel che ha pensato subito al 2017, più forte e provato dopo una stagione dura e complicata.
E proprio ad inizio 2017 è tornato l'automa Sebastian, irresistibile a Melbourne, sfortunato ma velocissimo in Cina - dove solo la SC ed Hamilton son riusciti a scippargli il successo - deciso e cattivo in Bahrein, ma anche al rientro in Europa, tra Montmelò e Montecarlo, prima del Canada, ancora vorace e feroce nella rimonta dal fondo dopo il contatto alla prima curva. E poi Baku e lì PerVettel ha tirato fuori tutto il suo animo latino, poco calcolatore e istintivo, che gli ha consigliato di rispondere alle provocazioni di Hamilton nella maniera più sbagliata possibile, con una ruotata inutile e pericolosa, che ha avuto come risultato quella di fargli perdere il GP e di fargli subire il processo dai media ed "esperti" del settore di mezzo mondo.
Il tedesco non ha mollato e così, tornato in Europa, ha provato a reagire, mettendo a tacere tutti in Ungheria, GP vinto dopo 45 giri con lo sterzo piegato. Quello che è successo dopo la pausa, e soprattutto dopo Monza, lo sappiamo tutti, tra rotture, incidenti assurdi e beffe clamorose e con queste premesse si è arrivati in Messico ed è qui che è uscito fuori il Vettel double-face: perfetto in qualifica e nella rimonta, latino e impulsivo allo start.
Il Vettel dall'animo latino è anche quello che festeggia come un matto la pole n.50, ma che nel dopo-gara si dispera e si rattrista come un pugile che è stato appena steso al tappeto. Ma in Messico c'è anche il Vettel perfetto, calcolatore inarrestabile dei 4 mondiali, ed è quello che è uscito dai box al secondo giro, che da ultimo e quasi doppiato, ha provato a riprendersi quel titolo che sfortuna e incidenti gli han portato via.
Ma questo Vettel, dalla doppia faccia, capace di ammaliare con le sue imprese (Ungheria, Messico, pole di Singapore e non solo), ma al contempo autore di strafalcioni e cadute come Baku, è un campione battibile, che tutti possono sconfiggere mirando al carattere. Quando invece esce fuori PerVettel, campione, forte di una vettura super e imbattibile, sia in pista che mentalmente, ecco che la Ferrari può contare su un fuoriclasse che potrebbe regalarle tante gioie.
A Maranello di questo ne sono consapevoli tutti, a partire dal presidente Marchionne, che non ha potuto far altro che tessere le lodi del suo fuoriclasse: "Sebastian è stato ed è un driver fenomenale, ma se non sapessi che è tedesco, direi che ha un atteggiamento molto simile a un ragazzo del sud, perché è molto emotivo. Spero che abbia imparato a contenere le sue emozioni. E' un campione del mondo e ne è consapevole. L’importante è che la Ferrari riesca a dargli un’auto per riportarlo al titolo".
Dunque, se PerVettel riuscirà a sconfiggere il Mr Hyde che è in lui, l'appuntamento potrebbe essere rimandato solo di un anno, al 2018.