Domenica scorsa è andata in scena un’altra tappa di quello che possiamo tranquillamente considerare il campionato più interessante ed equilibrato degli ultimi 10 anni. La vittoria è andata a Lewis Hamilton, a conclusione di un week-end di gara che per l’inglese ha significato molto, anche solo per aver conquistato la 68esima pole position in carriera pareggiando il record di Michael Schumacher.

Una pole che, ragionando a posteriori della gara, è risultata essere l’ago che ha fatto pendere la bilancia nella direzione dell’inglese, che domenica ha fatto un altro mestiere in coppia con il suo diretto rivale, insieme dall’inizio alla fine, con gli ultimi 10 giri ad un ritmo da qualifica in cui il minimo errore sarebbe potuto costare carissimo.

Nel compiere l’analisi della gara, faremo riferimento a due aspetti che possiamo trarre da quanto visto tra le curve di Spa – Francorchamps. Il primo avrà come punto di partenza il confronto diretto tra Sebastian Vettel e Lewis Hamilton, in particolare andando ad evidenziare il motivo della differente velocità di punta sul rettilineo del Kemmel, che ha pregiudicato uno spunto migliore per il tedesco della Ferrari nei due tentativi di sorpasso ai danni dell’inglese della Mercedes. Il secondo invece riguarderà più nello specifico l’analisi dei passi gara, con attenzione alla configurazione aerodinamica che ha inciso anche sulla diversità dei tempi fatti registrare sabato in qualifica.

Cominciamo con il confronto diretto tra i due contendenti al titolo, che seppur con “poco casino” ci hanno regalato una gara sul filo del rasoio sino all’ultimo metro. Come abbiamo più volte scritto durante quest’anno, la Mercedes e la Ferrari nascono con filosofie progettuali differenti, ognuna delle quali predilige alcune caratteristiche velocistiche e viceversa. Se a Brackley hanno impostato una vettura con il famoso “passo lungo”, con un assetto meno estremo e quindi sfruttando il maggior corpo vettura per creare carico aerodinamico, a Maranello hanno optato per un passo più corto, impostando la vettura con un assetto più rake, ovvero più “picchiato”. In pratica quello che la Mercedes genera in termini di downforce per il maggior corpo vettura, la Ferrari lo crea attraverso un posteriore “più alto” riuscendo quindi a creare delle forze negative maggiori in quell’area.

Questo tipo di configurazione della SF70H consente, come dimostrato nelle gare di quest’anno, un comportamento più gentile sugli penumatici, soprattutto quelli più morbidi che hanno una finestra di funzionamento più bassa. Di contro invece, questa impostazione offre una maggior resistenza all’avanzamento, dunque sui lunghi rettilinei questo è uno svantaggio, come dimostrato dalle velocità espresse allo speed trap in fondo al Kemmel. Dunque alla Ferrari servirebbe qualche cavallo extra da parte della power unit, ed anche una gestione diversa per i consumi, per poter compensare questo lieve gap in termini di velocità pura. A questo aggiungiamo anche che per la ripresa del campionato dopo la pausa estiva, la scuderia anglo – tedesca ha fatto esordire in Belgio un upgrade di circa 5 cavalli che, sommato a quanto detto finora, fa capire la differenza di velocità in rettilineo che abbiamo potuto notare domenica.

Ma il motivo di questa differenza non è scaturita soltanto dalle diverse configurazioni aerodinamiche, ma anche da una diversa gestione della mappatura della power unit tra la SF70H e la W08. Entrando più nel dettaglio ed analizzando i due fotogrammi poco sopra del tentativo di sorpasso da parte di Vettel nei confronti di Hamilton, possiamo notare che quando il tedesco della Ferrari era nella scia dell’inglese, ha raggiunto la velocità di 331 km/h. Non appena Vettel è uscito dalla scia la velocità è diminuita attestandosi a 315 km/h. Di questi 15 km/h di differenza, in parte attribuibili alla differente configurazione aerodinamica come spiegato sopra, vi è una componente caratterizzata da una mancanza di potenza derivata da una diversa gestione della parte ibrida tra i due piloti. Infatti, in quelle fasi concitate, Hamilton andava a switchare sulla mappatura più spinta garantendo alla W08 energia ibrida fino al termine del rettilineo, al contrario della Power Unit Ferrari che ha “tagliato” energia (e quindi velocità) circa 300 m prima, quindi nella fase finale del lungo rettilineo in cui sarebbe stato necessario lo spunto “vincente”.

A questo aspetto aggiungiamo un altro grafico interessante

Da questa immagine possiamo notare come nel “solo” primo intermedio, ovvero quello del rettilineo del Kemmel, la Ferrari abbia pagato in termini di velocità rispetto ai diretti concorrenti, a differenza degli altri due settori in cui invece la SF70H si è dimostrata la migliore. Questo farebbe pensare ad una precisa impostazione della power unit rivolta più alla motricità che alla velocità di punta, che rendeva la vettura di Maranello la più veloce (in km/h) nel secondo e terzo settore. Quindi alla differente configurazione aerodinamica va aggiunta questa scelta in controtendenza con la concorrenza che ha contribuito a quella differenza complessiva di 15 km/h in fondo al rettilineo principale che non ha aiutato Vettel nello spunto finale per sopravanzare Hamilton. Intendiamoci, per quanto già scritto in questo articolo, probabilmente il sorpasso è venuto meno anche per delle logiche di guida “del momento” ma questo deficit sopra esposto non ha certamente aiutato il tedesco nel suo intento.

Detto questo, passiamo all’analisi dei passi gara, così da uscire dal caso specifico del tentativo di sorpasso e per vedere sul ritmo chi ha avuto la meglio. Partiamo con l’analisi del primo stint, durato 12 e 14 giri rispettivamente per Vettel e Hamilton, con l’inglese che ha accorciato la prima porzione di gara per via di un surriscaldamento delle posteriori, cosa successa già in altre occasioni con le mescole più morbide del lotto Pirelli. Nonostante questo, come si può notare dall’immagine sopra, il passo di Hamilton è risultato di circa un decimo migliore rispetto a quello di Vettel, al quale ha dovuto però “pagare” due giri con la mescola più prestazionale.

Interessante notare quanto accaduto dopo il primo pit stop. Entrambi i piloti hanno montato le soft, quindi la mescola più dura del week-end. Nel corso dell’anno abbiamo più volte sottolineato come la Mercedes, ed Hamilton in particolare, si siano trovati decisamente meglio sulle coperture “gialle”. Nel secondo stint di domenica scorsa invece, sembra che sia venuta meno questa “prerogativa” della stella a tre punte. Come si può notare dal grafico, in quella porzione di gara è stato più performante Vettel di circa un decimo. Il motivo di questo è da ricercare nel fatto che in Mercedes siano riusciti a trovare un buon compromesso di assetto per potersi garantire almeno 10 giri sulle gomme ultrasoft con tempi interessanti, che però non era perfettamente adatto per le gomme soft. Come se non bastasse, poco prima dell’intervento della safety car si stavano cominciando a vedere dei primi segni di blistering sulle posteriori della Mercedes numero 44, tanto che al muretto box la possibilità di una ulteriore sosta era tra le papabili ancor prima dell’intervento effettivo della vettura di sicurezza per i detriti lasciati ad Eau Rouge dalle due Force India.

L’ultima parte di gara, da un punto di vista del ritmo, ha visto Hamilton più veloce di circa un decimo, pur montando gomme soft rispetto alle ultrasoft di Vettel. L’inglese si è trovato a combattere con il surriscaldamento degli pneumatici posteriori, per quanto detto prima, ma è riuscito a difendersi sul rettilineo mentre soffriva leggermente nel misto in cui la SF70H, un po' per la gomma più prestazionale ed un po' per la differente configurazione aerodinamica e motoristica, aveva un certo vantaggio velocistico.

Quello che possiamo notare in maniera più o meno generalizzata su tutti e tre gli stint è che sia Hamilton che Vettel hanno avuto un passo gara decisamente migliore dei rispettivi compagni di squadra. Questo week-end consegna una W08 con ancora un pelo di margine di vantaggio da un punto di vista motoristico, mentre la Ferrari è sembrata decisamente più forte rispetto alla debacle d’oltremanica.

Capitolo Red Bull - Dal Belgio la scuderia anglo – austriaca esce con due facce. Quella positiva di Ricciardo che con una vettura non troppo competitiva è comunque riuscito a conquistare il gradino più basso del podio, sfruttando nel migliore dei modi la ripartenza dopo la Safety Car dove è riuscito ad infilare Bottas. Male invece Verstappen, il quale al giro 8 è stato costretto a parcheggiare la sua per un problema ad un sensore difettoso su un cilindro della power unit Renault, registrando l’ennesimo ritiro per problemi di affidabilità.

Questo è quanto ci consegna il Gran Premio del Belgio, ed ora tutti pronti per il Gran Premio d’Italia.