La domenica d'oro per le due ruote italiane in terra texana che ha visto trionfare in Moto3 Fenati ed in Moto2 Morbidelli e che, complice la caduta di Vinales, ha portato Valentino Rossi a diventare il leader della classifica generale, contiene tuttavia una macchia ben visibile. E' decisamente mancata all'appello la Ducati per fare festa, apparsa notevolmente in difficoltà ad Austin nonostante le premesse fossero buone alla luce del fatto che storicamente la Desmosedici si era sempre ben comportata su questa pista. Diciamo ciò perchè, al di là della qualifica in cui Marquez e Vinales hanno semplicemente fatto un altro mestiere rispetto a tutti gli altri, la gara è stata avara di alti, riservando invece una quantità notevole di bassi.
Tralasciando le difficoltà di Jorge Lorenzo, che sta impiegando più tempo del previsto ad adattare il proprio stile di guida alla Desmosedici, è stato un weekend negativo anche per Andrea Dovizioso, solo sesto al traguardo, ma ciò che preoccupa maggiormente sono i 14 secondi incassati dal pilota di Forlì nei confronti di uno strepitoso Marquez: vero è che lo spagnolo ha rifilato 3 secondi a Rossi, ma il distacco rimane comunque ampio, ben più grande di quanto la GP17 aveva riportato in precedenza. Prendiamo ad esame Dovizioso perchè al momento è lui il pilota di punta di borgo Panigale in MotoGP, perchè in Qatar aveva lottato alla pari con Vinales per la vittoria, mentre in Argentina purtroppo è stato centrato dalla moto di Espargaro, dovendo concludere la sua gara anzitempo. Le parole di Dovi con cui lascia Austin denotano amarezza ed anche la mancanza all'interno della Ducati di un piano concreto di sviluppi per risolvere i problemi della moto, che sono da anni più o meno gli stessi: dice che “non c’è un piano ben preciso e questo è l’aspetto più importante. Adesso è arrivato il momento di metterci a tavolino e parlare del futuro, perché dal momento che siamo un team ufficiale non possiamo permetterci simili prestazioni”. Vuole però andare avanti con uno spirito basato sul duro lavoro come unico mezzo per risolvere i problemi, aggiungendo che "non voglio definirlo disastro questo momento, perchè devo essere sereno nelle mie dichiarazioni, dato che non ha senso sparare a zero ed arrabbiarsi. Di sicuro sono il primo a sapere quali siano i limiti e serve lavorare".
Le aree in cui la Ducati deve apportare correttivi efficaci per essere al top sono il telaio, perchè ancora la guidabilità non è ottimale nelle curve a raggio stretto, e dovrà riuscire a migliorare anche l'impatto sul fisico del pilota, essendo la Desmosedici una moto ancora troppo dispendiosa di energie per chi la guida rispetto alla concorrenza. Di questi limiti se ne è accorto anche Lorenzo, che a fine gara ha rilasciato dichiarazioni ben chiare: quando gli viene chiesto se si ail telaio il prblema più grande, afferma che "la Yamaha è sempre stata ossessionata col telaio, in Ducati invece si è lavorato più sulla potenza motore e l’elettronica negli ultimi dieci anni. Di sicuro dobbiamo lavorare per trovare telai differenti, cercando di girare meglio la moto in curva”. Passa poi a parlare della sua gara: "di sicuro migliorerò gara dopo gara. Ad Austin pensavo di essere più vicino a Marc in gara, anche se all’inizio ero a oltre due secondi sul passo gara. Alla fine ne ho accusati soltanto diciassette. Di certo ho avvertito altre sensazioni rispetto alle prime due corse”. Il tempo per recuperare terreno c'è, essendo solo passate tre gare dall'inizio del mondiale, a patto che si inizi da subito a portare novità, perchè, come ha detto Dovizioso, la Ducati è di colpo tornato alla situazione del 2015, dopo i progressi del 2016.