È il Rosberg delle prime volte. Dopo gli “scalpi” filati di Monza, Spa e Singapore, terre vergini dove non aveva mai vinto prima, Nico ha piantato bandiera anche a Suzuka, tempio motoristico per antonomasia di melodrammi iridati e scontri fratricidi.
Non è ancora tempo di stappare lo champagne, ma l’onda lunga della seconda metà del mondiale ci ha riproposto il Rosberg tetragono dell’avvio, focalizzato sull’obiettivo e finalmente pronto a prendersi quella maiuscola prima volta che ancora manca al suo carniere. Il tanto sospirato titolo piloti dista solo quattro round e pare che l’altra metà del ring sia lì lì per gettare la spugna, barcollante, sfibrata da un corpo a corpo lungo un triennio dal quale era sempre uscita a pugni alzati.
Forse stavolta è la volta buona, perché forte è il sentore che basti l’ultima spallata. Al netto di guasti meccanici o di un crollo nervoso eclatante, Rosberg, la resilienza incarnata, il lavoro che sfida il talento e si fa largo con l’inesorabile, dignitosissima tigna che gli è propria, vede la vetta della “cima” Hamilton. Azzardando un parallelo romanzato, manca ora quel rush finale che permise a Hunt di sfilare il titolo all'odiato Lauda proprio in un drammatico GP del Giappone di 40 anni fa. Corsi e ricorsi storici, di duelli da cineteca, di “nemesi” in pista e fuori.
Certo, Fuji ’76 fu una “roulette” secca, l’ultimo atto di un èpos che premiò l’inglese giunto in svantaggio di 3 punti e infine campione sul filo di lana coraggioso e fortunato, complice il ritiro dell’austriaco in rosso al secondo giro di una corsa annegata nel diluvio.
Oggi lo status quo dell’antieroe Rosberg è opposto ma con un identico comune denominatore. Diversamente da Hunt, Nico è in una posizione di forza assoluta e ha tutto da perdere ma, al pari dello sregolato inglese (che in nulla ricorda se non nell’aspetto gentile), in questo epilogo diluito in quattro atti anziché uno sarà chiamato a conservare nervi freddi e piede caldo, a scacciare il “braccino” ora che il traguardo va riempiendogli gli occhi e che ha strappato i fili del destino dalle mani del rivale. Staccato di 33 punti, infatti, a Hamilton non basterà più vincere le restanti gare per confermarsi campione se Nico saprà (come minimo) finirgli sempre alle spalle.
Un vantaggio reso capitale dalla supremazia Mercedes (al terzo Costruttori di fila, complimenti!) sulla concorrenza e perciò suscettibile, paradossalmente, di tramutarsi per il tedesco nella schiacciante pressione dell’obbligo unita all'ansia della prima volta; un potenziale macigno per chi negli ultimi tre anni ha sognato, rincorso, sfiorato le stelle dannandosi l’anima senza però riuscire a raggiungerle. Vedremo se Nico saprà tener botta.
Serve, per l’appunto, la forza dell’inesorabilità, quella spregiudicatezza di huntiana memoria per non tremare di fronte alla gloria, il coraggio di andare fino in fondo, di resistere e persistere malgrado le vertigini. Ne sei capace, Nico?