La chiosa, come al solito, spetta a Vettel: “È stato il massimo (possibile)”, commenta a caldo Seb, soddisfatto del terzo posto nel GP di casa e altrettanto impotente di fronte allo strapotere Mercedes. Parafrasando il capolavoro di De Sica, nessun miracolo a Milano (Monza è dietro l’angolo): le Frecce d’argento hanno imposto la legge del più forte, se possibile ancor più implacabile sui rettifili di Monza, lasciando alla Rossa l’ultimo pezzetto di podio.
Di questi tempi, grasso che cola. La Ferrari ha infatti centrato l’unico obiettivo realisticamente a portata: battere le Red Bull e rifarsi sotto nelle classifiche iridate. Tanto le si chiedeva alla vigilia, tanto è arrivato grazie a una gara dignitosa, seppur lontana anni luce dai rivali della Stella, capaci di girare nell’ultimo stint sugli stessi tempi delle rosse pur con due mescole di svantaggio (medie contro supersoft): un altro pianeta.
A nulla è valso anche il diversivo delle due soste, una strategia più aggressiva pensata per mettere pressione ai rivali, a cominciare dal via. Ma oggi neanche la dormita di Hamilton al semaforo avrebbe potuto mandare in fumo la doppietta teutonica (la 4° in stagione), tale e tanta era la superiorità delle W07 Hybrid.
L’inglese, doppiata la prima chicane in 6° piazza, non ha sudato granché per completare la rimonta, bevendosi Ricciardo e Bottas nell’arco di 10 giri e attendendo l’ineluttabile stop delle Rosse poche tornate dopo. Finita lì, perché Rosberg era già all’orizzonte. A Nico è bastato uno scatto accettabile per passare alla cassa, intascare la 21° vittoria in carriera e riportarsi a -2 dal compagno di team.
Bene per il Mondiale, non per la gara, che ha dispensato poche emozioni, molti sbadigli ed un solo momento frizzante: il podio. Protagonista assoluto il pubblico di Monza, “il migliore al mondo” secondo i tre lassù, e Rosberg, capopopolo d’eccezione al grido di “popopopo” che ha trascinato la grande marea rossa in un coro da stadio senza eccezioni stonate. Almeno stavolta ha trionfato lo sport.