No Valentino, non così, non era il caso né l’ora di stendersi. Il momentum chiedeva altro, una corsa agguerrita e assieme attendista, attaccare sì ma con giudizio. Per un Marquez palesemente fuori dai radar, “rocket man” in terra di astronauti, restavano solide chance di giocarsi il podio con gli altri, a cominciare dal compagno di squadra. 

Quel Lorenzo più terrestre del solito, scottato dalla caduta nel warm up e forse distratto dagli orizzonti rosso Ducati, ora più enormi che mai. Valentino avrebbe dovuto marcarlo a uomo e testarne la tenuta nervosa in attesa del rush finale, gestendo le gomme e lasciando sfogare gli altri, semmai. 

Badare a sopravvivere”, citando la chiosa del sempre lucido Dovi, che sopravvissuto non è agli strike consecutivi di Iannone e Pedrosa; l’istantanea esatta di questo primo assaggio di Mondiale, e di quanto si renderà necessario per non salutare anzitempo i sogni di gloria. 

Lo abbiamo capito: queste Michelin non perdonano ed è un attimo ritrovarsi per terra. Lo ha capito Marquez, che da cicala si è fatto formica (atomica), imparando a dosarsi e ad osare con maggior gradualità, su terreni a sé più affini: 3° in Qatar, 1° in Argentina (2 vittorie su tre partecipazioni), 1° in Texas (4 su 4), dove potrebbe correre anche bendato.

Non lo ha capito Valentino, chiamato a fare di necessità virtù compensando il minor guizzo rispetto ai due spagnoli con una maggiore sagacia tattica. Puntando a galleggiare quando serve e ad aggredire ogni circostanza favorevole, inclusi pioggia, ritiri o cali di forma dei diretti rivali. Come nel 2015. Come nel recente Gp di Argentina, beneficiario fortunoso (ma pronto) della carambola ducatista. Un esercizio di attendismo e perseveranza che non concede margine di errore.

Invece, complice una buchetta texana e la frizione malferma, la sensazione è che il primo a cedere in questa velenosa guerra di logoramento sia stato proprio lui. Vittima di un’inquietudine tangibile nelle parole e nei fatti, minato nell’animo da una pur comprensibile smania di rivalsa, dall’amara percezione dello scippo. 

La strada è ancora lunga e Vale deve anzitutto ritrovare serenità, tornare a divertirsi in sella, vera premessa alle sue straordinarie imprese. E ingrediente essenziale per non cedere alla pressione della rimonta. Questo non era, non è tempo di attizzare il fuoco ma di far legna, ammucchiare podi e punti come provviste ed attendere che la stagione evolva, per affacciarsi alla seconda metà con le carte in regola a piazzare l’unghiata. Per il momento, basta stare lontano dai guai.

Questione, appunto, di sopravvivenza.