Il paragone tra i due maggiori campionati motociclistici mondiali viene sempre evitato, sotto intento la diversità delle moto e quindi dei piloti. Ebbene sì, sono due sport differenti.
Nella settimana dopo i fischi sentiti a Misano Adriatico durante il round Sammarinese della MotoGP, è inevitabile riflettere sulla cultura sportiva del nostro Paese, che fa arrabbiare chi questo sport lo pratica o comunque lo ama veramente.
Tante testate hanno evitato di sottolineare i "buu" e i fischi, altri mass media li hanno enfatizzati. Perché si è arrivati a questo punto? La risposta non esiste ma si possono fare considerazioni a riguardo.
La creazione di questi "animali" da circuito è da attribuire in gran parte alla manipolazione della gente tramite elogi esagerati ed esasperati da parte di alcuni giornalisti troppo faziosi che hanno trasformato i piloti in divi, in personaggi a volte che hanno del miracoloso. E' giusto considerare i piloti come eroi, sono ragazzi che ogni qualvolta abbassano la visiera mettono in gioco la propria vita, ma allo stesso tempo è sbagliato considerare che ad essere un eroe sia solo un pilota, ovviamente quello che tifiamo spudoratamente.
L'ambiente della MotoGP alimenta tutto questo, paddock riservatissimi, piloti inarrivabili, blindati. Questo sport deve essere capito "dall'interno".
Il Motorsport visto in tv non rende l'idea della velocità, dei pericoli, delle innumerevoli variabili che un pilota ad ogni curva incontra. Sul piccolo schermo sembra un gioco, dei burattini buttati in pista senza apparente logica. In realtà è esattamente l'opposto.
Ogni pilota di ogni campionato è un ragazzo come chiunque che dà del "tu" alla morte, ci convive ogni volta che sale in sella alla moto, sfiorando velocità a volte impensabili. E' importante ricordare sempre il lato umano del pilota, a maggior ragione in un campionato mondiale come quello della MotoGP, che ha un impatto mediatico incredibile. E' forse quest'ultimo che ha rovinato questo bellissimo sport.
Per capire ed innamorarsi del motociclismo bisogna passare, anche se non per forza, dalla Superbike. Un campionato da molti sconosciuto perché non trattato dai media in maniera ampia. Eppure è anche da queste categorie che si vede chi ama ciò che fa. E' soprattutto da qui che si apprezza il modo di convivere tra "tifoserie". Si rispetta l'avversario e così avviene anche tra i tifosi. Tutti i piloti in Sbk dentro alla pista sembrano dei leoni; tanti contatti, duri a volte, ma fuori dalla pista tutti amici, così come i rispettivi supporters sugli spalti.
Perché non trasportare questo modello anche in MotoGP? Risposta facile: i piloti non sono resi accessibili. Il giovedì di gara di ogni round sbk, tutti i piloti incontrano il pubblico, rendendosi disponibili con tutti e mostrando davvero il carattere umano di ognuno di loro. Due chiacchiere, un sorriso, nulla più. Piccoli gesti ma intensi che fanno apprezzare questo campionato. Nessuno che ti impone chi tifare, nessuno che ti dice FISCHIA quell'altro. La semplicità è la cosa migliore e, forse, sarebbe bello riportarla anche dove è venuta a mancare. I ragazzi del motomondiale, seppur umani al pari dei loro colleghi delle derivate di serie, sono indubbiamente più pressati, non solo dall'agonismo, ma dai riflettori che vengono loro puntati contro. La pressione dei media, aggiunta a quella di un tifo diventato quasi malsano, indubbiamente non aiuta i piloti ad aprirsi, per quanto carini e disponibili vogliano essere.
La MotoGP deve cambiare, ma a questo tocca ad ognuno di noi, liberi di scegliere se seguire il gruppo come pecoroni strumentalizzati oppure aprire gli occhi e ragionare con la propria testa.
Ho deciso volutamente di sacrificare il GP di Misano per farmi 1400 km per andare a Magny Cours e gustarmi l'immenso spettacolo del mondiale Superbike.