Lewis Hamilton meriterebbe il massimo dei voti non solo per come ha corso a Montecarlo dal giovedì alla domenica, ma anche per l’aplomb e l’autocontrollo mantenuti dopo il traguardo, quando poteva scendere dalla macchina, mandare tutti a quel paese a andarsene lontano.
Hamilton ha preferito rispondere al fatale orrore del suo muretto con gesti precisi e simbolici, in modo da far sbollire la rabbia ed evitare scenate. Il giro di rientro è stato una marcia funebre, con una sosta al Portier davanti al mare aperto, con la voglia – chissà - di sfogare tutta la rabbia raggiungendo la Corsica a bracciate, ma è un dato di fatto che Luigino ad andare in zona podio ci ha messo un’eternità, la stessa tempistica impiegata per scendere a mo’ di zombie dalla vettura, con lo sguardo basso e la mano in fronte.
Eppure, da campione ormai consacrato, Hamilton ha “incassato” il colpo con stile, stringendo le mani a Rosberg e Vettel e rispettando lo stucchevole cerimoniale di Monaco con il podio-tributo alla famiglia reale. Il terzo posto dell’inglese racchiude l’essenza di questo GP di Montecarlo, soporifero ai limiti dell’indisponente fino allo slancio di inesperienza di un Max Verstappen senza mezze misure. L’olandesino poteva farsi anche male, e il suo schianto ha ravvivato un GP morto e sepolto, con una safety car che ha mandato in corto circuito gli strateghi della Mercedes.
Hamilton in quel momento ha la gara meritatamente in pugno, con un vantaggio abissale su Nico Rosberg. Stoccarda vuole strafare, legge male la corsa, teme fantasmi che non esistono e regala – di fatto è stato così – la terza vittoria consecutiva nel Principato all’incredulo Nico, che si ritrova su un piatto d’argento Storia (un tris a Montecarlo è roba per pochi eletti) e campionato riaperto.
Ancora una volta Wolff e soci dimostrano di non saper gestire i due “galletti”. In due anni di dominio hanno fatto più pasticci che altro con i piloti, quando servirebbe semplicemente fare le cose in modo semplice, con una vettura che va come un’astronave. Rosberg, dal canto suo, prende e porta a casa, libero di andare al consueto gala serale in smoking a festeggiare con i suoi amici importanti.
Sorrisi a trentadue denti anche in casa Ferrari, dove in pochi giri si sono visti “promossi” ad una piazza d’onore insperata, quando tutto faceva pensare alla dolce condanna dell’ennesimo terzo posto. Vettel è stato lesto e caparbio a non mollare di un centimetro per tutta la gara, a crederci sempre e comunque, regalandosi la possibilità di uscire davanti ad Hamilton dopo l’infausta sosta di troppo dell’anglo-caraibico. Nota dolende del Cavallino è il fine settimana "in sordina" di Kimi Raikkonen. Il finlandese soffre troppo in qualifica, resta bloccato nel traffico, non trova lo spunto e parte sesto. In gara riesce ad avere in un primo momento la meglio su Ricciardo, ma negli ultimi giri l'australiano lo supera di prepotenza, toccandolo anche, al Mirabeau e Kimi affoga in un mare di rimpanti. Sveglia in qualifica, su.
In ogni caso bravo Sebastian, e brava Ferrari a portarsi a casa il sesto podio in sei appuntamenti e confermarsi – ormai su ogni tipo di tracciato – seconda forza solitaria di un mondiale comunque “povero”. Povero perché la Williams che dovrebbe essere l’alternativa alle prime due tradisce le sue difficoltà aerodinamiche, dimostrando ancora una volta di essere una monoposto tutta “di motore”. Resuscita la Red Bull con un Daniil Kvyat finalmente in palla, capace di bruciare allo start il compagno Daniel Ricciardo e di fregare di “undercut” Kimi Raikkonen. Ricciardo dà spettacolo nelle ultime tornate con gomme supersoft, bracca Hamilton ma il sorpasso è impossibile, e allora la squadra gli fa addirittura restituire la posizione al compagno Kvyat (che gli aveva dato strada). Insomma la Red Bull gioca con le posizioni dei suoi piloti e può “festeggiare” un doppio (bel) piazzamento difficilmente ripetibile su altri circuiti.
Un GP che è stato noia mortale per 64 giri e adrenalina pura per una decina di tornate, rivelando ancora una volta quanto questo circuito sia poco adatto all’attuale F1 e al contempo completamente aleatorio. Sportivamente è assurdo vedere un solo vero sorpasso (Verstappen su Maldonado) in ottanta giri, come è assurdo che Hamilton non possa recuperare in pista dopo l’errore dei box. Un GP così quanto serve alla Formula 1? Tolte le modelle, i ricconi e gli yacth, cosa resta di Monaco?
Nelle more della vostra risposta a quest'ultimo quesito, vi segnalo le grandi prove di altri quattro piloti: Sergio Perez si esalta sin dalle qualifiche e non si schioda da un signor settimo posto per l’attuale Force India; Jenson Button porta a punti quel catorcio di McLaren MP4-30; Felipe Nasr costruisce una gara certosina risalendo (complice un ottimo start) fino al nono posto che è ossigeno puro per la Sauber. E per ultimo ma non ultimo complimenti a Carlos Sainz, dalla pit-lane alla zona punti con la Toro Rosso.