Paulo Dybala torna a fare quello che sa fare meglio: trascinare la Juventus dove vuole, guidando la giostra di Allegri con maestria, regolando la velocità per non lasciare indietro nessuno. I tre gol allo Young Boys sono la parola fine a un incubo durato un mese, dal quale l'argentino è uscito gradualmente, aprendo gli occhi nella serata dello Stadium e trovandosi davanti un pallone che finalmente è tornato a sorridergli. E non era facile, non lo era per niente: l'inizio sottotono e le prime panchine, una concorrenza che con l'arrivo di Ronaldo e l'esplosione di Bernardeschi si fa ancora più serrata, un peso sempre più gravoso sulla schiena di un ragazzo che fa ancora fatica a liberarsi della pressione. Qualcuno getta nel mucchio l'idea che Dybala non serva più alla Juve, e forse sotto sotto inizia a pensarlo anche lui. Le malelingue alzano il tono nel gioco al massacro del tiro al bersaglio contro chi non è al meglio per potersi difendere: qualcuno parla addirittura di cessione, perché in questi casi si gioca a chi la spara più grossa.
Quando le esclusioni diventano più di una e le apparizioni in campo non sono esaltanti, la pioggia di critiche che sommerge l'argentino rischia di soffocarlo del tutto. La squadra però gli resta vicino, il mister pure. Allegri in queste situazioni è maestro: lo aspetta e lo invoca, la panchina e un modo per proteggerlo, i 90' di Frosinone un modo per responsabilizzarlo. Davanti al muro giallo dello Stirpe la joya non brilla, lotta ma ci sbatte contro, accenna la brillantezza perduta ma non la sfodera. Ma Allegri ormai ha capito, è solo questione di tempo: col Bologna è di nuovo titolare, il gol scaccia i fantasmi di un'inizio di stagione mai così difficile e toglie tanta ansia da prestazione. Dybala sa aspettare, sa capire, e soprattutto ha imparato a isolarsi quando tutti parlano troppo. Contro il Napoli l'argentino è sostanza, si sacrifica, crea spazi, non è ancora devastante ma c'è con la testa, e quando la testa è accesa il resto prima o poi arriva.
E arriva proprio al momento giusto, come un film che non può altro che volgere al suo logico finale: nella notte di Champions l'assenza di Ronaldo sposta gli occhi di tutta europa su di lui, e lui risponde presente, stavolta per davvero. La luce è sempre accesa, ad illuminare uno Stadium che per troppo tempo aveva lasciato al buio: Dybala è ovunque, non c'è zona del campo dove non arrivi. Difende e contrattacca, imposta e finalizza. Il primo gol è una magia da joya dei bei tempi, gli altri due sono opportunismo da attaccante vero: tripletta, pallone portato a casa, sorriso stampato in faccia.
Ma limitare quanto fatto dall'argentino ieri sera al tabellino ne sminuirebbe il valore, perché dopo un mese di sofferenza Dybala sembra finalmente libero. Mentalmente è solido, e a giudicare dalle botte che ha preso senza battere ciglio, lo anche fisicamente: per fermarlo, lo Young Boys non trova altro modo che non sia il fallo sistematico, ma lui c'è sempre, cade e si rialza come se nulla fosse successo. Ronaldo in tribuna osserva e gradisce, «devo affinare l'intesa con lui» dice Dybala, e a Torino non si aspetta altro.