Un anno. È bastato solamente un anno a Leonardo Bonucci per capire che senza il bianconero addosso non si sentiva a suo agio. Forse anche meno, perché la famiglia del difensore era già tornata a vivere a Torino a gennaio, lasciando a Milano il giocatore che per vedere moglie e figli faceva la spola fra il capoluogo lombardo e quello piemontese. Ecco dunque che è nata l’idea di un ritorno, da buon figliol prodigo, nel posto in cui è diventato grande e dal quale non si sarebbe mai dovuto allontanare. Per accontentare questa richiesta però, la Juventus ha dovuto sacrificare sull’altare due suoi elementi, fondamentali per motivi diametralmente opposti.
Il primo è Gonzalo Higuaìn, autore di 55 goal nelle 105 presenze in bianconero, da quando è stato prelevato dal Napoli per la cifra più alta mai spesa in Serie A – nell’epoca ante Cristiano Ronaldo -: il più utilizzato da Massimiliano Allegri nelle ultime due stagioni, il Pipita si è rivelato decisivo in diverse partite chiave, come per esempio la doppietta in casa del Monaco nella semifinale d’andata nella Champions League 2016-17, o la testata che è valsa la rimonta Scudetto contro l’Inter a fine aprile, in quello stadio che da quest’anno sarà casa sua, senza dimenticare le tante reti alla sua ex squadra che hanno fatto godere i tifosi bianconeri; con l’arrivo di CR7 però l’argentino era diventato immediatamente il primo indiziato a dover lasciare la Juventus, per questioni sia tattiche che economiche. Meno accettabile dal punto di vista dei supporter è l’addio a Mattia Caldara, acquistato dall’Atalanta un anno e mezzo fa e lasciato a Bergamo per crescere, prima di essere presentato allo Stadium e nel giro di due settimane ceduto al Milan. Il difensore bergamasco viene indicato come uno dei migliori prospetti non solo per quanto riguarda l’Italia nel reparto difensivo e perciò si poteva pensare a lui come futuro pilastro della retroguardia bianconera, non più di primo pelo – fra i 37 anni di Barzagli, i quasi 34 di Chiellini ed i 31 di Benatia. Sui social è scattata la campagna #Caldaranonsitocca, ignorata però dalla dirigenza juventina che ha chiuso l’operazione, con buona pace di tutti quanti.
È inevitabile che, a contratti firmati, ci si ritrovi ad analizzare l’intero affare e provare a predire chi ci ha guadagnato. Dal punto di vista economico certamente le casse della Juventus ringraziano, perché la cessione di Caldara, valutato 40 milioni, porta nel bilancio una plusvalenza da 22 milioni di euro, mentre l’addio di Higuaìn permette alla società di risparmiare 30 milioni lordi di ingaggio nei prossimi due anni, oltre all’introito del cartellino che, tra prestito oneroso e cessione definitiva – scontata o quasi – sarà di 54 milioni, la cifra giusta per non segnare una minusvalenza; di contro, arriva un giocatore di assoluto affidamento, che conosce l’ambiente e che è motivato a dare tutto per la causa, tanto da ridursi il pesante ingaggio percepito al Milan e che non comporta alcuna uscita cash. È lecito pensare inoltre che questa trattativa non coinvolga solamente i due club calcistici, ma anche a più ampio respiro chi c’è dietro, ossia Exor da una parte ed il fondo Elliott dall’altra, magari nell’ottica di stringere un patto che miri a strategie finanziarie di altro tipo – anche perché, secondo le ultime voci, i colloqui per riportare Bonucci alla Juve sarebbero iniziati prima che la nuova proprietà americana si insediasse in via Aldo Rossi, con il ds juventino Paratici ad intavolare i discorsi con emissari statunitensi quando ancora a gestire il mercato milanista erano gli uomini di fiducia dei cinesi Fassone e Mirabelli.
Dal punto di vista tecnico-tattico, Bonucci arriva con l’intento di costruire – o meglio, ricostruire – la difesa quasi impenetrabile degli anni scorsi, quella capace di subire solamente 3 goal nella Champions League 2016-17, prima di crollare nella gara più importante, a Cardiff contro il Real Madrid, con l’unico obiettivo di alzare quella maledetta coppa nel cielo di Madrid il primo giugno 2019. Nelle idee di Allegri il difensore ricoprirà il ruolo di regista di riserva per supportare Pjanic nell'impostazione, con la personalità da leader, l’esperienza e l’affinità con il gruppo difensivo – orfano di Gigi Buffon - come plus dell’operazione, perché Caldara, abituato alla difesa a 3 di Gasperini in un ambiente meno ambizioso come quello atalantino, avrebbe avuto bisogno certamente di tempo per entrare nei meccanismi oliati della difesa juventina, anche se privarsi di un elemento sul quale poter puntare per i prossimi anni è certamente discutibile, al di là dei risultati che verranno poi effettivamente raggiunti. Perché la risposta in merito a chi ci guadagna, poi, la darà come sempre il campo.