El Tricolor, in breve El Tri, un nome che deriva dall'orgoglio di avere tre colori, verde, bianco, e rosso. Il Messico ed i mondiali, una storia d'amore lunga 15 edizioni, con il migliore piazzamento raccolto nelle due edizioni di casa - quarti di finale sia nel 1970 che nel 1986. La nazionale nordamericana, però, è diventata ufficialmente grande negli anni '90, quando ha iniziato a collezionare partecipazioni mondiali in serie - sempre qualificata dal 1994, questa sarà la settima edizione consecutiva - ed a fare la voce grossa in patria, soprattutto nella Gold Cup dove si contano ad oggi 10 successi. Da segnalare anche una vittoria della Confederation Cup datata 1999, ed un secondo posto alla Copa America. Aldilà delle nude statistiche, però, il Messico sbarca in Russia con un obiettivo concreto: non fare il compitino. Raggiungere i quarti di finale deve essere un obbligo; difficile poi timbrare un nuovo record andando a scalzare una big per raggiungere le semifinali. Ma nulla è scritto.
► Il percorso
Essendo prima, 15° in quello FIFA, nel ranking CONCACAF - organo amministrativo calcistico del Nord america, Centro america e Caraibi - il Messico ha bypassato le prime tre fasi di qualificazioni balzando direttamente alla quarta, dove le 12 squadre presenti vengono divise in tre gruppi, con le prime due di ogni raggruppamento che si guadagnano l'accesso alla quinta e decisiva fase. Inserita nel C insieme ad Honduras, Canada ed El Salvador, grazie a 5 vittorie ed un pareggio, 16 punti totali, i nordamericani si sono piazzati primi. Ultima fase che li ha visti ancora brillare; nelle 10 partite giocate, 6 vittorie, 3 pareggi ed una sola sconfitta. Qualificazione al mondiale archiviata senza alcun patema.
►La rosa
Capitanato da Juan Carlos Osorio - colombiano classe 1961, ex centrocampista - il Messico è una squadra decisamente camaleontica, capace di poter rendere con più moduli e più uomini. Il più importante è sicuramente Javier Hernandez, centravanti in forza al West Ham. Con gli Hammers non sta trovando spazio - Moyes non lo ritiene adatto per il suo modulo - ma è sempre decisivo quando viene chiamato in causa. El Chicharito - 47 gol in 91 presenze, miglior marcatore della storia messicana - è certamente la stella, ma non il solo giocatore d'esperienza: pensiamo al navigato Guardado - termometro del centrocampo del Real Betis - al portiere Ochoa - messosi in mostra nel mondiale 2014, ora allo Standard Liegi - ed ai tenori difensivi Layun e Moreno, il quale ha assaggiato, senza fortuna, il campionato nostrano con indosso la maglia della Roma. Attenzione anche ai sempre pericolosi fratelli dos Santos, due ex stelle della cantera del Barcellona mai esplose per davvero; in nazionale, però, il loro contributo è sempre stato valido. A loro vengono miscelati giovani di prospettiva; su tutti Lozano, 22enne in forza al PSV già nell'occhio del ciclone di molte big europee. Come anticipato poc'anzi, stilare l'11 tipo del Messico è impresa ardua, poiché sono stati diversi i moduli - ed interpreti - sciorinati da Osorio nell'ultimo anno e mezzo. Dal 5-3-2, al 3-5-2 passando per il classico 4-4-2 e per l'avanguardista 4-3-3. Quest'ultimo, con tutta probabilità, dovrebbe essere il modulo di partenza con cui affronteranno la rappresentazione.
► Russia 2018
Inserito nel Gruppo F con Germania e Svezia, il Tri deve puntare al secondo posto, utile per continuare la competizione. Insidiare la compagine teutonica sembra utopia, ma il Messico deve prevalere su Corea del Sud e Svezia, squadra comunque tutt'altro che facile da affrontare; l'Italia lo sa bene.