Un colpo, un lampo nella notte torinese, una grande luce pronta ad abbagliare quell'oscurità che da tempo annebbiava ed impediva ad un campionato di essere tale. Gusto per l’ignoto, batticuore e finali indecisi erano diventati mercanzia da apporre sulla mansarda, come se fossero ospiti indesiderati di una casa in cui ogni cosa era già al suo posto. Matematica ed ordine, concetti assimilati fin troppo negli ultimi anni fino a far diventare gli spettatori obesi di certezze, di finali piatti e di giornate scontate come un capo d’abbigliamento a gennaio.
Quest’anno no: batticuori, emozioni e finali indecisi sono stati riciclati e fatti scendere da quella mansarda per riproporci un finale di campionato che in Italia non si vedeva da anni, forse non lo si è mai visto in modo cosi ampio. 360, i minuti che mancano alla conclusione di questo film, quattro le curve alla conclusione di questo Gran Premio costellato da sorpassi e strategie, di affondi mancati e di momenti decisivi. Strappi che potevano essere e non sono stati, lancinanti e a volte incostanti ma pur sempre emozionanti a modo loro. Quattro turni alla parola fine ed un solo verdetto già ufficializzato con il meraviglioso fallimento del Benevento, Strega sfortunata ma amata da tutti.
Dall'alto al basso passando per la terra di mezzo c’è tutto ancora in gioco, tutto nelle mani di un destino che accomuna e divide, che pone le basi per un thriller come la vittoria del Napoli in casa della Juventus. Un solo punto di distanza, un piccolissimo passo verso l’iride per l’una e il settimo mattone d’oro per l’altra. Cosi diverse e cosi uguali, come lo erano Juventus e Milan nell'ultima vera lotta che il campionato italiano ricordi. Sono passati 7 anni, 7 anni di ipotesi frantumate a gennaio, di lotte rare soltanto per posizioni intermedie. Quest’anno no perché, oltre alla lotta Scudetto, c’è quella per la Champions con Roma che si sdoppia e la Milano nerazzurra che sogna i fasti di un tempo a piccoli passi, tra crepe e balli argentini.
C’è la lotta alla sorella Europa League, una danza a quattro capeggiata dall'Atalanta e a cui fanno seguito Milan, Fiorentina e Sampdoria. Dalle lotte per andare a quella per restare, come eterni bimbi in un luna-park, lotta che coinvolge almeno sei squadre a cominciare dalle aspiranti suicide Cagliari e Udinese fino al Verona speranzoso passano per l’altra faccia di Verona, il Chievo, e il duetto di Spal e Crotone.
Pepe, tanto pepe su questo tracciato che si è gommato, con quelle ultime curve che possono portare al traguardo o fuoristrada. Quattro curve per guardare oltre, per risalire la china cercando di colmare quel dislivello che al momento c’è con Spagna ed Inghilterra. Quattro curve per restituire alla Serie A una certa dose di imprevedibilità, per riavvicinare gli spettatori negli stadi e per lasciar sognare nonostante tutto, sia essa un’eccezione o l’alba di un cambiamento. Un “Day after Tommorow” rivisitato in chiave calcistica e sognante.